Al Centro Sud l'accordo di programma quadro 2024 sul pomodoro da industria sembra ancora lontano, anche se fino a metà febbraio appariva quasi a portata di mano, come peraltro documentato da AgroNotizie®. E dopo oltre due mesi di stallo dalla Cia Puglia parte un accorato appello per sbloccare l'accordo, quando ormai si è vicini al momento del trapianto delle piantine.

 

Intanto i numeri dell'export del pomodoro trasformato, cui è destinato oltre il 60% della produzione parlano di un balzo in avanti. Secondo Anicav, nel 2023 le esportazioni di tutti i derivati del pomodoro hanno registrato una netta crescita in valore, con un significativo aumento del 16% rispetto all'anno precedente, per un totale di circa 3 miliardi di euro. Segno che il settore è in relativa buona salute e non c'è più tempo da perdere.

 

L'appello della Cia

Per Angelo Miano, presidente provinciale di Cia - Agricoltori Italiani di Capitanata "Sul pomodoro da industria, al Centro Sud occorre superare questa fase di stallo nelle trattative e trovare quanto prima un accordo sul valore che la parte industriale deve riconoscere ai produttori. Un'intesa che garantisca la giusta redditività agli agricoltori, tenendo ben presenti i parametri economici dei costi di produzione che, come certificato da uno studio del Crea, al Sud sono purtroppo molto più alti rispetto al Nord".

 

Il presidente di Cia Foggia inoltre sottolinea: "Per decidere di trapiantare, è giusto e necessario che i produttori abbiano un minimo di certezze, visto che devono già accollarsi per intero i rischi rappresentati da siccità, eventi climatici estremi e dalle crescenti difficoltà nel trovare manodopera".

 

Il rischio è rappresentato dall'incertezza: molti potrebbero decidere di non investire in pomodoro, a fronte di una richiesta formulata dalla controparte industriale nel febbraio scorso di poter disporre nella campagna 2024 di 26 milioni di quintali di prodotto da conferire solo al Sud.

 

Non a caso Gennaro Sicolo, presidente di Cia Puglia e vicepresidente nazionale di Cia - Agricoltori Italiani dice: "Occorrono unità d'intenti e buon senso". E aggiunge: "Da questo punto di vista, molto importante è l'atteggiamento delle industrie conserviere. Se sono disposte a riconoscere ai produttori un prezzo equo, allora sarà possibile scongiurare il rischio di un calo delle superfici coltivate e di una minore produttività, che non gioverebbero a nessuno e danneggerebbero l'intera filiera".

 

Lo svantaggio del Sud

Il prezzo equo evocato da Sicolo dovrà essere tale da generare un ricavo per l'agricoltore superiore ai costi di produzione e lo studio del Crea citato da Miano, presentato a novembre 2023 e ripreso da AgroNotizie®, ha messo in evidenza come in effetti alcuni costi siano più elevati al Sud, rispetto al Nord.

 

Un elemento non compensato dal fatto che in media, nel bacino Sud, la resa agricola sia significativamente migliore rispetto al bacino Nord: 878 quintali ad ettaro del Sud contro i 696 quintali ad ettaro del Nord. Relativamente alla ripartizione dei costi di produzione il quadro è abbastanza omogeneo e le varie voci hanno più o meno lo stesso peso nel conto finale. La maggiore incidenza è relativa al costo del lavoro (27% al Nord e 29% al Sud), al costo lavoro macchine (14% al Nord e 17% al Sud) e all'acquisto di sementi (14% al Nord e 15% al Sud).

 

Ma desta particolare attenzione la notevole differenza che si registra su determinate voci di costo, molto più alte al Sud che al Nord. Nel Distretto Sud, infatti, il costo di acquisto di sementi e piantine segna un +48% rispetto al Nord mentre i costi di acquisto e utilizzo di agrofarmaci per la difesa delle colture registrano un +59%. Da evidenziare il costo delle risorse idriche superiore addirittura del 71%. Al Sud più elevati anche i costi delle macchine (+68%) per il maggior ricorso al contoterzismo, così come il costo del lavoro (+58%) legato al maggiore fabbisogno di personale per la tipologia di raccolta.

 

Un 2023 da 68mila e 500 ettari

La superficie investita a pomodoro da industria nel 2023 ammontava a circa 68.500 ettari con un incremento rispetto al 2022 del 5%, sia al Nord Italia sia al Centro Sud. Eventi climatici estremi e, in generale, un clima non favorevole hanno determinato un calo della resa produttiva per ettaro sia rispetto al 2022 sia rispetto al dato medio dell'ultimo triennio.

 

La flessione della resa è stata più severa nel bacino produttivo del Nord Italia rispetto al bacino Centro Sud e la campagna di trasformazione si è chiusa al Nord con un calo dei quantitativi conferiti alle industrie del 3% su base annua e al Centro Sud con un incremento dello 0,5%. Nell'ultimo anno, c'è stata un'accelerazione della dinamica di aumento dei prezzi in tutte le fasi della filiera. La fase agricola ha dovuto fare i conti con l'aumento dei prezzi dei fattori di produzione, in particolare concimi e prodotti energetici.

 

Questi sono i numeri sul tavolo, ora tocca ad Anicav e al mondo delle Op fare i conti e trovare la quadra per l'accordo di programma quadro 2024.