Ad aprile 2022 l'autore segnalava la possibilità che la Spagna battesse sul tempo l'Italia nello spiegamento massiccio del biometano (1). Il punto di domanda nel titolo non era retorico. Ad oggi nulla è cambiato in Spagna né in Italia, nonostante gli abnormi prezzi del gas naturale ed il protrarsi della guerra in Ucraina. Il fatto è che, in Spagna come in Italia, lo Stato pretende che siano gli investitori a rischiare il proprio capitale per risolvere i problemi che la miopia e la noncuranza della classe politica hanno permesso di crescere fino al punto attuale. E lo fa nello stesso modo del villano che tenta di smuovere il suo asino reggendo una carotina in una mano ed un pesante bastone nell'altra. Potendo scegliere, perfino un asino preferirebbe andare a brucare l'erba altrove piuttosto che rischiare di avvicinarsi alla carotina.

 

Abbiamo segnalato i motivi per i quali il nuovo Decreto Biometano rischia di disincentivare, o quanto meno introdurre distorsioni nel mercato degli impianti di digestione anaerobica. In questo articolo esploreremo una alternativa non ancora considerata dal Green Deal e men che meno dalla politica nostrana.

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Come siamo arrivati alla presente situazione?

Troviamo la risposta nel pensiero di Albert Einstein: "Non possiamo risolvere i nostri problemi impiegando gli stessi criteri con cui li abbiamo creati".

 

Dalla crisi petrolifera del 1973 la politica tenta di risolvere il problema della dipendenza dai combustibili fossili applicando lo stesso criterio che l'ha creato: il modello di economia lineare del Ventesimo Secolo. La necessità primaria di industrie e famiglie è la produzione di calore. Nel secolo scorso si è imposto un modello lineare di estrazione, trasporto e consumo, con due figure nettamente differenziate: le utility che costituiscono un oligopolio - controllato in parte dagli Stati - ed i consumatori obbligati a servirsi di esse. Il fatto che la merce fosse metano si deve solo all'abbondanza e semplicità di utilizzo di tale vettore. Il motivo per il quale tale modello perdura ancora oggi si deve al fatto che si adatta benissimo sia alle ideologie ultraliberali che a quelle ultrastataliste: a entrambi i loro fautori piacciono i monopoli.

 

Esiste una soluzione?

Certo, ma bisogna prima focalizzare correttamente il problema.

 

"It isn't that they cannot find the solution. It is that they cannot see the problem" (Non è che non possono trovare una soluzione. È che non possono vedere il problema), Gilbert Keith Chesterton.

 

Analizzando la storia dello sviluppo del biometano in Italia si ha l'impressione che i vari governi succedutisi dal 2009 non abbiano voluto vedere i problemi o, peggio ancora, non abbiano l'intenzione di risolverli, perché le cause dell'inefficiente sfruttamento degli scarti agricoli e delle deiezioni zootecniche sono ben evidenti e le abbiamo denunciate più volte:

  • posizione antiscientifica dei "partiti del no" nei confronti delle bioenergie (2, 3, 4);
  • regole cervellotiche ed inintelligibili, vizi di logica (5, 6);
  • sovrapposizione di enti competenti, che finiscono nelle interpretazioni più astruse della normativa (7, 8) e, nel migliore dei casi, rallentano i progetti;
  • fake news e allarmismo diffusi dai mass media (9);
  • e, soprattutto, la presuntuosità di una classe politica - italiana ed europea - che ritiene di poter risolvere problemi estremamente complessi a suon di decreti e consenso popolare, malgrado la scienza indichi chiaramente la soluzione (10, 11).

 

Il metodo cartesiano per risolvere un grosso problema è dividerlo in piccoli problemi, da risolvere individualmente. Probabilmente una fabbrica di piastrelle o mattoni, un cementificio o una fonderia non potranno mai fare a meno dai vettori energetici fossili per una semplice questione di densità energetica. Però possiamo tentare di risolvere il problema delle piccole utenze, in particolare quello delle piccole aziende agricole e delle famiglie che le coltivano.

 

Dobbiamo focalizzare quale sia il vero problema da risolvere. La necessità primaria delle famiglie e delle piccole aziende è il calore. Soddisfare detta necessità con gas naturale è solo una delle possibilità. Certamente comoda, economica ed efficiente in un dato periodo storico, ormai passato. Nulla vieta però di sostituire alcuni milioni di Sm3 di metano importato semplicemente con biogas grezzo consumato in loco. Per produrre calore a bassa o alta temperatura a partire dal biogas non servono grandi impianti. Se ogni piccolo consumatore avesse il suo piccolo impianto, e sufficiente biomassa per alimentarlo, le "bombe ambientali" tanto millantate dai gruppi ecologisti antibiogas non potrebbero esistere: sarebbero rimpiazzate da una miriade di piccolissimi serbatoi non troppo diversi dalle cisterne di gasolio o Gpl che vediamo già nelle periferie e nelle zone rurali, e certamente meno pericolosi e inquinanti in caso di rottura accidentale.

 

Per produrre calore dal biogas non servono i costosi sistemi di upgrading, quindi si risparmiano anche gli ancora più costosi sistemi di conteggio della quantità e qualità del biometano prodotto. Non c'è bisogno nemmeno dei compressori né delle reti di trasporto del gas, perché questo viene consumato sul posto. Bastano le normali caldaie, a gas naturale o Gpl, convenientemente regolate per un gas con diverse caratteristiche fisico chimiche (Indice di Wobbe, 12) ed un semplicissimo sistema di pulizia del biogas. "Roba da Terzo Mondo" diranno alcuni.

 

Lasciamo da parte i residui di razzismo coloniale europeo e impariamo dal Terzo Mondo:

  • In India ci sono circa 4.940.000 impianti di biogas di piccolissima taglia che garantiscono l'indipendenza energetica di altrettante famiglie rurali.
  • In Cina la "biogassificazione" delle fattorie iniziò nel 1958, arrivando a 41.680.000 mini impianti ai nostri giorni, che servono all'incirca il 25% delle famiglie rurali cinesi. L'obiettivo del Governo cinese è arrivare al 50% nel prossimo decennio. L'indotto di tale politica è un centinaio di industrie che producono mini generatori elettrici, fornelli, stufe e generatori di acqua calda sanitaria a biogas.

 

Benché i mini impianti di biogas non siano espressamente vietati in Italia, il vuoto normativo ed i pregiudizi culturali rendono pressoché impossibile costruirli senza incappare in ostacoli burocratici o legali. Poiché non si trovano in commercio apparecchi utilizzatori appositamente progettati per biogas, bisogna manomettere quelli per gas naturale, ma nessun tecnico termoidraulico si assumerebbe la responsabilità. Il miglior incentivo che potrebbe dare il Governo è semplicemente procedere come fecero Cina e India oltre settanta anni fa: pubblicare una norma tecnica chiara, corredata di disegni standard per una facile costruzione o prefabbricazione, e fornire assistenza ad enti locali ed aziende edili per diffondere velocemente il modello. Eventualmente, lo Stato potrebbe offrire un incentivo fiscale sull'utilizzo diretto del biogas per l'autoconsumo del produttore e perfino incentivare le piccole reti energetiche gestite da gruppi di vicini. Meglio ancora: basterebbe solo che lo Stato rinunciasse alle accise sugli idrocarburi nel caso dei piccoli impianti di biogas ad uso puramente termico, in modo che non sarebbe più necessario installare alcun sistema di analisi e conteggio del gas prodotto, che costa di più dell'impianto stesso.

 

Vediamo quale sarebbe il potenziale di questa ipotetica politica, facilmente attuabile in tempi brevi e che non si ripercuoterebbe sulle bollette dei consumatori. Secondo l'ultimo censimento Istat in Italia ci sono 1.133.023 aziende agricole. Di queste: 240.980 hanno meno di 1 ettaro, 209.662 hanno fra 1 e 2 ettari e 128.381 hanno fra 2 e 3 ettari. Complessivamente, queste aziende rappresentano il 51,1% del totale e sono a conduzione familiare. Quindi possiamo ragionevolmente supporre che le suddette superfici garantiscono la sussistenza di 1.029.665 famiglie. Mediamente, ciascuna di queste famiglie produce 11 tonnellate/anno di scarti freschi (i propri scarti di cucina più gli scarti di coltivazione del fondo e/o le lettiere e le deiezioni degli animali allevati). Per processare 30-40 chilogrammi/giorno di scarti orticoli e da cucina basta una semplice cisterna di cemento o plastica appena riscaldata (ad esempio con un pannello solare) avente un volume di almeno 3 m2 (o 9 m3 qualora fosse un digestore interrato non riscaldato). Il costo di acquisto di una cisterna in plastica da 10 m3 va dai 2.500 ai 3.500 euro (annunci su internet al 31 ottobre 2022). In queste condizioni, tali scarti sono in grado di produrre mediamente 1.250 Nm3 (1.317 Sm3) di metano all'anno, ovvero 110 Sm3 al mese, quantità sufficiente per il fabbisogno di cottura, acqua calda sanitaria e riscaldamento. Ricordiamo che si tratta di utenze puramente termiche, che non richiedono costosi sistemi di upgrading né cogeneratori speciali, ma solo la regolazione dei bruciatori esistenti per adattarli al biogas. E non dimentichiamo il risparmio di fertilizzanti conseguibile mediante l'utilizzo del digestato per la coltura successiva.

 

Sono dunque questi i problemi che i politici non possono (o non vogliono) vedere:

  • La cosiddetta "Agenda Greta" promossa dai Verdi e da una parte della sinistra è pura utopia, perché bastano due semplici conti per dimostrare che è fisicamente impossibile sostituire con fonti rinnovabili i quasi 29 miliardi di Sm3 di gas russo. Neanche mettendo insieme solare, biomasse, biometano ed eolico.
  • La cosiddetta "Agenda Draghi" promossa dalla destra e da una parte della sinistra è sbagliata perché pretende di risolvere il problema con lo stesso metodo che l'ha creato. Mantenendo la produzione e la distribuzione in mano ad un oligopolio controllato dallo Stato e i consumatori assolutamente dipendenti dal sistema, questa soluzione si limita a rimpiazzare la dipendenza dal gas russo con una dipendenza da altri Paesi, quindi non cambia lo status quo.

 

Una semplice soluzione come i mini digestori non costerebbe niente all'Erario perché l'unica cosa che dovrebbe fare lo Stato sarebbe quella di toglierli dal vuoto normativo e non caricare con inutili adempimenti (marchiatura Ce delle apparecchiature, omologazioni Atex, valutazione di impatto ambientale, gestione del pagamento delle accise, …) chi volesse servirsene senza essere costretto all'abusivismo.

 

Spunti di riflessione per la classe politica

  • Dal punto di vista dell'economia classica, una politica per facilitare l'installazione di mini digestori su larga scala territoriale è un esempio di miglioramento paretiano (13). Essa rappresenta una riallocazione delle risorse che migliora la condizione di N individui senza peggiorare quella del resto della popolazione, quindi migliora l'efficienza globale del sistema Paese. Il valore massimo di N corrisponde a 1.029.665 aziende agricole - e relative famiglie - titolari di meno di 3 ettari di terra. Il miglioramento massimo teorico corrisponde a 1.356 milioni di Sm3, ovvero il 4,7% delle importazioni di gas russo.
    Dal punto di vista sociale, l'ipotetica installazione di tali digestori risolverebbe il problema energetico del 4% della popolazione nella fascia medio-bassa di risorse economiche. Senza dimenticare l'indotto: le piccole aziende edili o termoidrauliche, le industrie dei prefabbricati e delle caldaie che beneficerebbero di una politica di "zero interventismo" in materia di digestione anaerobica di piccoli volumi di scarti organici. Inoltre, si andrebbe a migliorare la qualità di 727mila ettari di suolo. Tutto senza sborsi diretti a carico dell'Erario.
  • L'ultimo Decreto Biometano non si può considerare un miglioramento paretiano: l'assegnazione di 1.730.400.000 euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per coprire in parte i costi di costruzione degli impianti di biometano (o rifacimento degli impianti di biogas agricoli) migliorerà potenzialmente la condizione di M grosse aziende agricole (al massimo 18.630), alle spese però dei consumatori di gas naturale, perché le tariffe incentivanti corrisposte ai produttori si ripercuoteranno sulle bollette. La quota di gas russo che si andrà a sostituire entro il 2026 è del 7,8%. Vale la pena un tale dispendio di soldi pubblici per una quota di indipendenza così piccola?

 

Note

(1) Biogas e indipendenza dal gas russo: la Spagna batterà l'Italia sul tempo?

(2) I comitati del no ed il vademecum biogas e biomasse.

(3) Quale futuro per le bioenergie nella prossima legislatura?

(4) Basta glicerolo negli impianti di biogas - Prima parte e Seconda parte.

(5) Logorrea legislativa.

(6) Logorrea legislativa 2.0.

(7) Si veda il caso di un Ente che riteneva che il biogas fosse un rifiuto e che gli impianti di digestione servissero dunque solo a produrre rifiuti.

(8) Il punto della situazione sul Decreto Effluenti.

(9) Inquinamento da liquami zootecnici - Prima parte.

(10) Il biometano da letame è più sostenibile dell'idrogeno.

(11) Idrogeno da biomasse e Green Deal.

(12) Indice di Wobbe. Si definisce come: WI = PSC x ρ -0,5, dove PSC è il Potere Calorifico Superiore del gas e ρ è la densità relativa del gas rispetto all'aria.

WI gas naturale = 48,5 ÷ 53,7 MJ/Sm3 (famiglia commerciale 2H)

WI GPL = 79,9 ÷ 86,8 MJ/Sm3 (famiglia commerciale 3)

WI biogas = 37 ÷ 39 (rientra nella famiglia 2L).

(13) Miglioramento paretiano.