Il riso italiano raddoppia i prezzi all'ingrosso in un anno a causa di una riduzione degli investimenti e di minori rese per ettaro. I dati emergono dall'analisi trimestrale realizzata dalla Camera di Commercio di Pavia, in collaborazione con Bmti, Borsa Merci Telematica Italiana, che contiene forti rincari ad ottobre per i classici risi nazionali da risotto come Arborio (+113% su base annua), Carnaroli (+118%) e Roma (+94%). La causa - secondo il rapporto - è da attribuire ad una ridotta disponibilità di prodotto, inferiore alla domanda dell'industria, dovuta alla siccità e alle alte temperature degli scorsi mesi.

 

Il mercato è stato segnato così da scambi limitati, come confermato dalla riduzione dei trasferimenti di risone (il riso greggio da cui si ottiene il riso bianco) dai produttori alle riserie, in calo di oltre il 30% rispetto alla scorsa annata.

 

Prezzi più stabili, invece, per i risi del gruppo Lungo B, i cosiddetti risi Indica dal chicco allungato, poiché hanno beneficiato di una maggiore disponibilità di prodotto. Tuttavia, anche per questi risi, è stata registrata una crescita del +47% rispetto a un anno fa. Meno accentuato il rialzo del prezzo del riso Selenio, riso a grana tonda utilizzato in particolare per la preparazione del sushi (+27% su base annua).

 

Nei primi sei mesi del 2022 aumentano del +73% le importazioni italiane di riso, grazie all'impennata degli acquisti oltre frontiera di riso lavorato, quadruplicati rispetto ai primi sei mesi del 2021.

 

Un incremento dell'import che è dipeso soprattutto dalla crescita esponenziale degli arrivi dal Myanmar (da 1.200 a 72mila tonnellate), dal Pakistan (da 9mila a 13.800 tonnellate) e dalla Thailandia (da 2.100 a 9.100 tonnellate).

Aumentate dell'11% anche le esportazioni, dopo un 2021 sottotono, grazie alla crescita delle vendite di riso lavorato (+16,5%).

 

Tra le cause dei prezzi elevati la siccità e le elevate temperature. In particolare, si legge nel Rapporto, "il comparto risicolo ha dovuto affrontare nel 2022 una crisi idrica senza precedenti, conseguenza delle scarse precipitazioni nevose invernali, dell'assenza di significative piogge nell'arco di svariati mesi e delle temperature estive particolarmente elevate". Un evento di notevole portata che, secondo il Rapporto, ha appesantito "il quadro gli alti costi di produzione, gravati da aumenti del gasolio agricolo e il boom della componente energetica".

 

Inoltre, secondo il Rapporto "Tali fattori sono inevitabilmente andati ad influenzare le scelte colturali dei risicoltori. Secondo i dati forniti da Ente Risi, le superfici coltivate a riso in Italia si attesterebbero nel 2022 sui 218mila ettari, perdendo così quasi 9mila ettari rispetto al 2021".


La siccità ha colpito di più le cultivar di riso lungo da risotto: "A raccolta ormai ultimata, gli operatori intervistati hanno sollevato timori per un netto calo delle rese, in particolare per le varietà più sensibili al caldo quali Carnaroli, Roma e Arborio, con l'incapacità della pianta di 'riempire' la cariosside per l'assenza di acqua. Timori anche sotto il profilo della qualità".