È uno scenario a tinte fosche quello tratteggiato per l'agricoltura dalla Commissione Europea nel documento di previsione per i prossimi dodici anni (Eu Agricultural Outlook), i cui dettagli sono già stati anticipati da AgroNotizie®.

Già nelle prime righe si afferma che la resilienza degli agricoltori sarà messa a dura prova da un insieme di fattori negativi, dagli eventi climatici estremi, sempre più frequenti, alle turbolenze di mercato.

E come se non bastasse le esigenze dei consumatori evolveranno verso una maggiore sensibilità agli aspetti sociali.

In altre parole più attenzione all'ambiente, all'impiego della "chimica", al benessere degli animali, alla "naturalità" delle produzioni agricole. Tradotto in altri termini, più costi per chi produce e margini erosi da prezzi in calo.

 

Latte e carne

Se questo è il quadro per l'intero comparto agroalimentare, nel caso delle produzioni animali le cose potrebbero andare persino peggio.

Per le aziende che producono latte si prevede una ulteriore riduzione delle imprese in attività.

Significativo quanto già accaduto in Italia, che nei primi sei mesi del 2023 ha visto la chiusura di oltre 400 stalle da latte (da 24.515 a 24.094, meno 1,72%).

 

Peggio ancora per la carne, il cui consumo è messo a dura prova dall'aumento dei prezzi al dettaglio e dai timori (infondati, come AgroNotizie® ha evidenziato) sull'impatto ambientale di tali produzioni.

Consumo in calo anche per le incessanti campagne di demonizzazione della carne rossa, accusata di arrecare danni alla salute, mentre si fanno largo le proposte (solo un caso?) di fonti proteiche alternative.

Per contro le risultanze scientifiche hanno dimostrato a più riprese l'importanza della carne in una dieta equilibrata, dove può svolgere fra l'altro un'azione antitumorale.

Tanto più che procede inesorabile il processo di invecchiamento della popolazione, che dalla presenza della carne nella dieta può trarre innegabili benefici.

 

Futuro incerto

Ma le previsioni della Commissione non ne tengono conto e immaginano che l'aumento dell'età media della popolazione porterà semmai a una maggiore richiesta di alimenti "fortificati", con integrazioni di vitamine e minerali, e "funzionali" per rispondere a esigenze nutrizionali specifiche.

Uno scenario che sembra prediligere prodotti iperprocessati e "arricchiti" piuttosto che alimenti "naturali".

 

Partendo da queste basi e tenendo conto della bassa redditività degli allevamenti, si prevede che il patrimonio di bovini da carne dell'Unione Europea sia destinato a ridursi da qui al 2035 del 10%, con una perdita di 3,2 milioni di capi.

Nulla è previsto per frenare questo tracollo, dal quale potrebbe derivare un aumento delle importazioni dai Paesi terzi, con minori garanzie sul piano della salute e della sostenibilità.

 

Male i suini, salvi gli avicoli

Non va meglio per il comparto suinicolo per il quale si prevede un calo della produzione di due milioni di tonnellate, quasi l'1% in meno rispetto al periodo 2021-2023.

Le motivazioni sono analoghe a quelle già viste per la carne bovina, ma in questo caso occorre tenere conto anche di taluni vincoli religiosi.

 

Non accade invece per le carni avicole, che oltre a non presentare tali vincoli, possono beneficiare di prezzi più bassi e di una migliore immagine di salubrità presso il consumatore.

In conclusione, pur senza indicarne il perimetro, le previsioni sono quelle di un aumento delle produzioni avicole di qui al 2035.

 

Materie prime

Bisogna infine fare i conti con le produzioni foraggere e con gli inevitabili impatti sul comparto zootecnico.

L'aumento delle superfici coltivate a soia, mais e cereali non riuscirà a sopperire alla minore produzione conseguente ai cambiamenti climatici in atto.

Le politiche comunitarie di contenimento dei gas climalteranti contribuiranno a ridurre queste produzioni e le conseguenze potrebbero essere importanti per le specie monogastriche, come suini e avicoli.

 

La dipendenza dalle importazioni di materie prime per l'alimentazione degli animali è destinata ad aumentare, lasciando le imprese zootecniche sempre più in balia della volatilità dei mercati internazionali.

Problemi che non sembrano preoccupare Bruxelles, che dedica una doverosa attenzione ai temi ambientali, ma al contempo pare dimenticare le conseguenze sociali ed economiche che le proprie scelte avranno sull'agricoltura e sugli allevamenti.

 

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