Produzioni inquinanti, industrie come la zootecnia? Pare di sì, perché il voto della Commissione Ambiente del Parlamento Ue ha reinserito gli allevamenti nella nuova Direttiva sulle Emissioni Industriali, una "visione" che fa tremare gli allevatori. Non è un passaggio di poco conto perché le stalle potrebbero essere "catalogate" come aziende industriali altamente inquinanti, con risvolti economici importanti per le imprese agricole, che non ritengono di avere le stesse caratteristiche di impatto ambientale.

 

In sostanza, ciò che ha stabilito l'organismo europeo ha ribaltato completamente il parere della Commissione Agricoltura di fine aprile 2023 che aveva escluso il comparto dalla proposta legislativa dell'Ue. L'equazione "stalla uguale ad industria" non piace tuttavia ai produttori che respingono le accuse. Questa proposta, perché è di questo che ancora si parla, potrebbe portare a una drastica riduzione dei redditi delle imprese o, potenzialmente, alla chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio piccole, molti dei quali situati in aree montane dove la zootecnia è una delle poche attività agricole percorribili in quei luoghi.

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L'Associazione Italiana Allevatori parla di un "attacco alla sovranità alimentare", con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell'Unione Europea. Le imprese zootecniche, sottolineano gli agricoltori, svolgono un ruolo nell'equilibrio ambientale e nella sicurezza alimentare. Cosa comporterebbe la riduzione di aree a pascolo, si chiedono? Un paesaggio che verrebbe a mancare ed una perdita di biodiversità minaccerebbe la vitalità delle aree rurali.

 

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ingiusto e scorretto equiparare la zootecnia a settori altamente industrializzati" sottolinea Cia - Agricoltori Italiani. "Gli agricoltori sono continuamente impegnati a ridurre l'impatto ambientale delle loro attività con pratiche sostenibili, tanto che oggi in Ue l'incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%". Ancora meglio fa l'Italia, dove le emissioni di anidride carbonica della zootecnia rappresentano il 5% del totale.

 

Gli emendamenti approvati dalla Commissione Ambiente, invece, fanno rientrare gli allevamenti bovini, da trecento unità in poi, nel campo di applicazione della Direttiva sulle Emissioni e abbassano la soglia a duecento unità per gli allevamenti di suini e pollame e a duecentocinquanta per gli allevamenti misti. Una decisione, secondo l'Associazione agricola, che non tiene conto né degli sforzi costanti delle aziende agricole per impattare sempre meno sul clima, né del fatto che la produzione zootecnica svolge una pluralità di funzioni primarie: assicura cibo ai cittadini, preserva biodiversità e territori, crea valore e occupazione nelle aree rurali e marginali, è indispensabile per lo sviluppo del biogas.

 

Tra gli effetti che potrebbe causare un simile provvedimento, oltre alla dismissione di molte imprese, anche la ridotta capacità di approvvigionamento comunitario e l'aumento dell'import da Paesi terzi, con effetti negativi sulla sicurezza alimentare e sulla sostenibilità ambientale.

 

Aggiornamento al 31 luglio 2023

Recentemente i deputati del Parlamento Europeo si sono espressi su due norme per ridurre l'inquinamento e per favorire la transizione verde dei grandi impianti agroindustriali, riconoscendo - come concordano le associazioni di agricoltori - che "la zootecnia non è assolutamente equiparabile a settori altamente industrializzati, correggendo una proposta di revisione che appariva totalmente scorretta e ingiusta".

Per saperne di più è possibile leggere questo articolo: Le stalle non sono industrie.

 

Zootecnia e sostenibilità, si può fare

Un esempio virtuoso di filiera è quello del Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale Igp, che coinvolge molte regioni della penisola, Emilia Romagna e Marche in testa, e che attualmente conta 3.218 allevatori presenti in otto regioni (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Abruzzo e Campania), con 77 operatori commerciali e 997 macellerie in tutta Italia. Il trend è in costante crescita, così come il numero dei bovini certificati, che nel 2022 è stato pari a 18.311. Il 2023 è inoltre un anno "speciale" perché ricorre un doppio anniversario, ovvero i venticinque anni della Igp, primo marchio di qualità per le carni bovine fresche approvato nel 1998 dall'Unione Europea per l'Italia, e i venti anni dalla costituzione del Consorzio di Tutela.

 

L'iniziativa prese il via grazie a un gruppo di allevatori che a metà degli Anni Novanta chiese all'Unione Europea il riconoscimento di una certificazione di qualità sulla carne delle razze bovine tipiche del Centro Italia: Chianina, Marchigiana e Romagnola. La carne certificata Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale Igp segue un particolare disciplinare produttivo che da venti anni è monitorato e garantito dal Ministero dell'Agricoltura attraverso un organismo di controllo riconosciuto che controlla ogni fase della produzione, dall'allevamento al sezionamento e alla macellazione fino all'arrivo sulle tavole dei consumatori attraverso macellerie, ristoranti e supermercati.

 

Ci sono aziende che hanno investito nella filiera corta di questo esemplare bovino, come l'Azienda agricola e agrituristica biologica Ca' del Becco, immersa tra le colline a ridosso del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola a Casalfiumanese (Bo). A conduzione biologica, l'allevamento (che aderisce al Consorzio Vitellone Bianco Igp) è composto da ottanta capi di bovini da carne di razza Romagnola ed è anche agriturismo. Propone menù tematici con i prodotti del territorio ed è un esempio di "multifunzionalità" aziendale.

 

"Ho scelto di trasformare l'allevamento in un'azienda multifunzionale che propone una serie di prodotti e attività" spiega Germana Freddi, che conduce l'Azienda di famiglia. "Inoltre, trasformiamo e vendiamo direttamente i prodotti che per la maggior parte vengono utilizzati per la ristorazione nel nostro agriturismo".

 

L'impegno per la sostenibilità di Ca' del Becco è testimoniato anche dai riconoscimenti e dal sostegno ottenuto grazie ai Psr della precedente programmazione, riferiti in particolare alle misure relative alla promozione dell'agricoltura biologica ed alle operazioni indicate come "Biodiversità animale di interesse zootecnico: tutela delle razze animali autoctone a rischio di erosione genetica" (ex misura 10).


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Questo articolo è stato modificato dopo la pubblicazione in data 31 luglio 2023, nello specifico è stato aggiunto l'aggiornamento.