L'hanno rifatta. Del resto ci campano e finché ci saranno persone completamente disarmate su cibo, agricoltura e salute il loro bacino d'utenza resterà sempre ricco e proficuo. Stiamo parlando de Il Salvagente, sedicente "rivista leader nei test di laboratorio contro le truffe ai consumatori", ai quali lancia periodicamente in pasto indagini sui residui di agrofarmaci che nei fatti risultano però inconsistenti.

 

Inconsistenti nel loro significato intrinseco, si intende, poiché è del tutto normale trovare residui in almeno la metà dei campioni di cibo analizzati. Un po' come cercare pigne in una pineta e poi correre a scrivere un articolo per comunicare a tutti della sensazionale e allarmante scoperta. (Voi ridete: avete idea di quanto pericolosa sia una pigna verde in testa in una pineta di pini marittimi?).


Il fatto è che quei residui, così meticolosamente cercati, siano praticamente tutti nei limiti di legge. Quindi pienamente sicuri. Ma il solo dire che si sono trovati, quei residui, è prassi efficace nell'agitare e indignare i propri lettori. Soprattutto, è prassi funzionale alle campagne di abbonamento di chi ancora lettore non sia. 


In pratica viene fatto pensare che la semplice presenza, per quanto infinitesima, sia potenzialmente dannosa alla salute. L'ignoranza dei lettori in materia fa poi il resto, consegnando facilmente la vittoria a Riccardo Quintili, direttore della rivista. 

 

Le zuppe della discordia

Dopo aver trattato più volte di glifosate nella pasta e nella pollina, Il Salvagente si è avventurato in passato persino nel Prosecco, stilando una classifica del tutto arbitraria in base ai residui riscontrati. Tutti nella norma anche allora, come volevasi dimostrare e come già era accaduto per la pasta. Che poi in una bottiglia di Prosecco vi siano almeno 90 grammi di una sostanza sicuramente cancerogena come l'alcol (Gruppo 1 Iarc) a Quintili dev'essere invece sfuggito. 

 

Un conto è infatti smascherare qualche produttore di olio che spaccia per Evo un prodotto che non ha le caratteristiche per essere tale - e fin qui tutto bene - un altro è spaventare i propri lettori sventolando insussistenti fantasmi residuali. Soprattutto, appare deontologicamente esecrabile fare leva sull'emotività delle persone al fine di aizzarle contro prodotti perfettamente coerenti con le normative vigenti


Oggi tocca alle zuppe pronte, quelle cosiddette "salvavita" per chi corra come un pazzo tutto il giorno, per lavoro e famiglia, e alla sera non abbia certo il tempo di prepararsi una cena a manina santa. L'indagine è disponibile ovviamente solo a pagamento su web o per chi compra la rivista in edicola. Della serie: gli interessi non sono solo quelli delle odiate multinazionali, poiché anche i redattori de Il Salvagente uno stipendio se lo devono pur guadagnare.

 

Tutto lecito, per carità, ma magari meglio sarebbe se quegli stipendi non derivassero da pianificati allarmismi privi di qualsivoglia base scientifica e legale. Nel caso specifico, nella pagina Facebook della rivista si può leggere un titolo come "Zuppe pronte - il fattore G". Dove "G" sta ovviamente per glifosate. O glifosato, come ormai è chiamato un po' ovunque.

 

L'erbicida è definito "ingrediente nascosto" (è tanto nascosto che lo trovano tutti...) e "presenza invadente". Scritto in rosso, ovviamente, se mai vi fosse il rischio che il termine sfuggisse all'attenzione dei lettori. Ma quanto vi è di attendibile in un monitoraggio del genere? Poco o nulla, come spesso accade in occasione di notizie che di clamore ne sollevano molto, ma poi nulla rivelano tranne normali condizioni residuali quasi tutte conformi alle normative vigenti. Cioè trattasi di non notizie alla stregua delle pigne in pineta. 


Tant'è, in un reel condiviso su Facebook si legge (testo riportato fedelmente):

"Ma sì, facciamoci una bella zuppa pronta… Leggera, nutriente e… ricca di pesticidi. Nel suo ultimo numero, Il Salvagente ha messo sotto esame 12 famosi marchi di zuppe pronte, rivelando una preoccupante presenza di pesticidi, inclusa la tristemente nota sostanza glifosato. Sì, hai capito bene, anche nei prodotti che credi siano i più salutari. Dai grandi nomi come Almaverde Bio, Carrefour e Coop, fino ai prodotti di Eurospin e Lidl, nessuno sembra essere al sicuro. E la questione diventa ancora più spinosa quando scopriamo tracce di glifosato persino nei prodotti biologici, quelli che dovrebbero garantire la massima purezza. Ti stai chiedendo quali siano le conseguenze dell'esposizione prolungata a queste sostanze nel tuo organismo? Bene, i risultati dei nostri test potrebbero farti riflettere due volte prima di optare per la comodità di una zuppa pronta. È davvero il tipo di ‘nutrimento' che vuoi offrire a te e alla tua famiglia? Non importa quanto spesso ti affidi queste soluzioni veloci per i tuoi pasti, è tempo di prendere decisioni informate. Prima di versare quella zuppa nel tuo piatto fai un salto sul nostro sito. Clicca sul link [omissis] e valuta uno dei nostri vantaggiosi piani di abbonamento per leggere immediatamente la rivista in formato digitale. Perché sapere è il primo passo per mangiare meglio e più sicuro"


A parte i toni da imbonitori in fase di reclutamento, quella sopra riportata è una serie di messaggi oggettivamente fuorvianti, a partire da quel "Ricca di pesticidi", poiché se una zuppa è in regola con la legge significa che di "pesticidi" è oltremodo povera (NB: lo è anche se sfora di un po'). Cioè il contrario di quanto dichiarato. Non mancano espressioni come "Purezza", attribuita erroneamente al bio, riportando poi una specie di trailer di film horror espresso dalla frase "Nessuno sembra essere al sicuro". Praticamente, visti i toni, si poteva titolare quel servizio "Non aprite quella zuppa".

 

Infine i riferimenti alla famiglia, quale entità sacra e inviolabile da proteggere dalle minacce esterne, inclusi i residui delle zuppe pronte. Del resto, per chi va a caccia di proseliti o di abbonamenti un po' di leva sul sano amor genitoriale funziona sempre.

 

Quanto poi alle conseguenze dell'esposizione prolungata a queste sostanze, la risposta non si trova abbonandosi a Il Salvagente, bensì giace inascoltata nei periodici report di Efsa sulla valutazione dei rischi per la salute dei residui negli alimenti. E il messaggio che arriva da Efsa è il contrario di quello della nota rivista. 


Va da sé che il reel è accompagnato dalle solite immagini di un operatore agricolo bardato come legge vuole mentre applica qualche prodotto sulle colture in campo. Un po' come voler allarmare la gente facendo vedere un carrozziere bardato a norma di legge mentre vernicia un'autovettura. 

 

12 campioni, solo 12

Come al solito, dato che le analisi costano, il numero dei campioni portati in laboratorio è sempre molto esiguo: nel caso delle zuppe solo 12. Valore decisamente irrisorio rispetto ai monitoraggi europei e nazionali. Nella Ue vengono infatti analizzati ogni anno circa 90mila campioni, non rinvenendo residui nel 55,7% dei casi. In Italia solo lo 0,7% dei quasi 10mila campioni analizzati si è mostrato irregolare quanto a residui (2021), mentre il 62,7% di residui non ne mostrava affatto. 


Chi conosce un minimo la normativa vigente, sa che tali numeri confermano la sicurezza dei cibi europei in generale e di quelli italiani in particolare. Per lo meno sul piano dei residui di agrofarmaci. Chi poi l'argomento lo padroneggia da esperto sa bene che in un anno si possono ingerire sì e no una cinquantina di milligrammi di residui, cioè una quantità inferiore alle sostanze naturali nocive, alcune anche probabili cancerogene, contenute in una sola tazzina di caffè. Sì: una sola. Sarà bene farsene una ragione.


I lettori de Il Salvagente, purtroppo, non appartengono né alla prima, né tanto meno alla seconda categoria e sono quindi del tutto disarmati di fronte all'ansia che viene in loro generata da indagini come quelle sulle zuppe. I residui rinvenuti sono infatti come al solito in tracce, cioè irrilevanti dal punto di vista della sicurezza dei consumatori.

 

Questi, però, non lo sanno e quindi trasformano la propria spesa in un'affannata gimkana fra marchi e prodotti, ovviamente alla ricerca di quelli che Il Salvagente ha arbitrariamente stabilito essere i migliori. 


Dare addosso al bio è poi divenuto un po' come sparare sulla Croce Rossa, tanto è vero che persino chi scrive, da sempre fiero detrattore delle narrazioni biologiche, ha praticamente smesso di punzecchiare il settore. Hanno già i loro bei problemi a farsi pagare abbastanza per non rimetterci, ci manca pure un giornalista che ne metta continuamente a nudo limiti e promesse non mantenibili.

 

Peraltro, esistono soglie di tolleranza (Reg. UE 2018/848 e DM 309/2011) anche per i residui di agrofarmaci non ammessi in biologico, poiché una presenza infinitesima di sostanze può essere dovuta a un'irrisoria contaminazione in fase di trasporto, stoccaggio o lavorazione. Quindi, prima di urlare allo scandalo per i residui nel bio ci si dovrebbe sempre chiedere cosa sia stato trovato e a quali livelli. Tutto il resto è fuffa buona solo per le chiacchiere da bar o da social. 


Effetto Il Salvagente sui followers

E proprio i social danno spunti interessanti per valutare gli effetti sulla gente di certi "reportage". Lo si potrebbe persino chiamare "angolo del buonumore" se non fosse che certi commenti esprimono solo una drammatica ignoranza degli argomenti di cui ci si picca di parlare. Peggio, alcuni sono figli di un livello di apprensione che sconfina nell'ossessione. Quindi c'è poco da ridere, sul serio. Ciò non di meno si è ritenuto utile commentare quelli più emblematici.


Secondo una certa Marina "Non solo le zuppe pronte. anche frutta e verdura fresche sono impestate da pesticidi. Agricoltori del ca.......". Si presume la frase dovesse terminare con una doppia zeta seguita da una "o". Al di là dell'"impestate", percezione contraria alla realtà, pare quindi che se un agricoltore fa solo il suo lavoro, pure nel rispetto di norme cervellotiche e di restrizioni sempre più asfissianti, non viene visto come produttore di cibo sano per tutti, bensì è un agricoltore del ca… A volte, una carestia potrebbe essere per certi versi auspicabile. 


Per lo meno un certo Tony chiede "Ma davvero pensate che comprando le verdure fresche per preparare la zuppa, sia diverso?", mostrando di aver elaborato una minima riflessione sullo stato residuale dell'ortofrutta in genere. Purtroppo gli risponde tal Giuseppe per il quale "se comprate dal contadino si', sono sicuro che sono differenti...". Cioè, da un lato i contadini sono quelli che "impestano" i cibi coi pesticidi, ma dall'altro sono garanti della salubrità dei raccolti se si va a comprare in cascina da loro. Lì no, non li "impestano" più. Strane fallacie logiche e dove trovarle. 


A chi suggerisce di leggere bene le etichette (come se servisse a qualcosa in tal senso), un certo Roberto risponde "perché, secondo lei sulle etichette scrivono "potrebbe contenere pesticidi"?". Ignorando quindi che i residui di "pesticidi" sono comunque previsti dalle normative a patto di non superare i limiti di legge. Se ciò avviene quei prodotti non arrivano proprio ai supermercati. I residui non sono cioè componenti da dichiarare in etichetta tranne in alcuni specifici casi. Quindi quel tal Roberto è il classico esempio di chi sa davvero poco, ma vuole parlare molto. Chi poi dichiara che i suoi prodotti non contengono glifosate, per esempio, lo fa solo come seguace dello spregiudicato "marketing del senza", altra pagina sconsolante dell'attuale comunicazione sul cibo. 


Un filo di ulteriore scoramento giunge da Rocco, il quale commenta "Giusto...sicuro ..ma ci spiegate cosa dovrebbe mangiare un povero Cristo? Allarmiamo continuamente i consumatori,carni,farine,verdure...ma le soluzioni non siamo noi consumatori che dobbiamo fornirle". Come dargli torto? Vada tranquillo, Rocco: faccia la spesa sereno che alla sua sicurezza ci pensano già le autorità competenti, da Efsa al Ministero, fino ai supermercati stessi che le analisi in proprio pur le fanno. E se un cibo è esposto su quei banconi, può tranquillamente comprarlo che alla sua salute nulla farà. Per lo meno in tema residui


Un altro Roberto assurge in cattedra e invoca "Controlli continui a livello di produzione, multe salatissime e denunce penali, con processi per direttissima, per attentato alla salute pubblica!". Manca solo la scuoiatura e il rotolamento nel sale. L'indignato Roberto ignora però che quelle tracce sono perfettamente legali e, semmai, un processo per direttissima andrebbe fatto a chi spaventa persone come lui infrangendo l'articolo 656 del Codice Penale, quello relativo alla "Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico", il quale recita: "Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire tremila" (l'articolo risale addirittura al 1931).


Per lo meno, un certo Pietro si limita a condividere solo una stringata considerazione personale sul Bio: "Secondo me , il bio ,è solo una presa in giro". A Pietro fa poi eco Lucio con idee molto più estreme: "I prodotti biologici sono solo una truffa". Non molto argomentati in effetti, questi commenti, ma che hanno tutto un loro perché dopo decenni di narrazioni di un'agricoltura salvifica per la salute e per l'ambiente. Chi è causa del suo mal…


Anna invece è lapidaria: "all'Europa non interessa". Quindi, i quasi 90mila campioni analizzati tutti gli anni a livello europeo chissà perché mai vengono prelevati. Ma Anna è in compagnia di Milena, per la quale "l'Europa vuole di peggio per noi". Così, de botto, senza senso. 


Invece va detto bravo a Enzo, il quale pare aver centrato la questione: "Io mi preoccuperei di più del tabacco gli alcolici e tutte le creme che ci spalmiamo addosso, soprattutto le donne, shampoo e bagnoschiuma compresi. Se si usano prodotti come il glufosato è perché nessuno vuole fare la vita del contadino: tutti cittadini con le mani curate. Le critiche devono essere costruttive e proporre soluzioni oggettive, fattibili, quindi da gente che conosce il.ptoblema."

Ci si scusa per il testo: sono fedeli riporti dei post per come sono stati scritti in originale. 


Tommy invece sbotta palesemente adirato: "E cosa xazzo dobbiamo mangiare?! Se compero la verdura e fai il minestrone è uguale!! Gli agricoltori si devono dare una regolata!". Gentile seppur animoso Tommy: gli agricoltori hanno tali e tante regole da seguire (e subire) che se Lei ne conoscesse solo un decimo forse mangerebbe molto più sereno. 


Giuseppina la vede invece proprio nera: "Ci stanno facendo morire …". Quindi, gli agricoltori sono quelli che si starebbero ammazzando, invece di essere visti come quelli che vengono pagati una miseria per dare a tutti noi da mangiare. Purtroppo, Giuseppina è in larga compagnia. E la carestia rifà capolino come possibile, seppur draconiana, soluzione. 


Carmela, da parte sua, è proprio indignata: "Che vergogna ci vuole coraggio". Una prece per la prematura dipartita della punteggiatura. No, Carmela, ci vuole solo un pizzico di conoscenza dei temi del contendere, anziché parlarne senza capirne alcunché. Non c'è vergogna alcuna. Di coraggio invece sì, ce ne vuole tanto a continuare a fare gli agricoltori pensando che poi il lavoro dei campi finisce anche a persone ingrate come Lei.


Caterina genera purtroppo qualche difficoltà nella comprensione del testo che ha scritto, ma di certo appare molto disorientata su tutta la linea: "Ma e lo stato che ci dovrebbe tutelare prima che rientrano in Italia ha fatto scaricare una intera Nava di di 50 Mila tonnellate di grano ai GLItofati noi non possiamo vedere uno X uno ,,e così minuscolo poi ,,ma noi abbiamo uno stato di ladri e non gli importa niente di noi". Commento corredato da due emoticons della cacchina con gli occhi. Ogni suggerimento a Caterina appare decisamente superfluo, anche perché il gap culturale specifico è tale da abbandonare ogni speranza di poterle spiegare che le sue paure sono del tutto prive di senso. Anche il miglior divulgatore scientifico del mondo ha infatti dei limiti. Figuriamoci quello che scrive. 


Marco sbotta invece contro la rivista e, si presume, anche verso i commentatori: "Ma fatela finita di fare ecoterrorismo "Pesticidi" nsi chiamano fitofarmaci cogl[omissis]oniiiiiii". 

Un filo esacerbato, ma alquanto espressivo.

 

Abbonarsi sì, abbonarsi no

Rileggendo il lungo virgolettato sopra riportato circa il reel su Facebook, appare chiaro il motivo per il quale Il Salvagente fa delle indagini così vuote di senso pratico e dall'attendibilità statistica per giunta irrisoria: servono solo a invitare più gente a pagare per leggere. Una volta si chiamava clickbait. Ora anche quel termine risulta obsoleto di fronte a un tale livello di calcolata spregiudicatezza comunicativa


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