Di agricoltura si può morire? O meglio, per essere più chiari: quanti sono gli agricoltori sotto stress, con attacchi di panico, alle prese con un burnout, che decidono di togliersi la vita?

 

Il tema non è di certo nuovo, anche se in alcuni Paesi la questione è ancora tabù e il fenomeno non è così agevolmente circoscrivibile nei numeri. È un argomento di cui si parla sempre poco e malvolentieri, ma la Commissione Agricoltura dell'Ue, nell'ambito degli EU Agri-Food Days 2023, ne ha parlato affrontando il nodo del futuro dell'agricoltura, le difficoltà del ricambio generazionale, ma anche le prospettive che la Politica Agricola Comune (Pac), la cooperazione, la digitalizzazione, le nuove tecnologie possono assicurare.

 

A squarciare il velo sullo stress della professione dell'agricoltura è stata Louise McHugh, psicologa e professoressa all'Università di Dublino e componente del Gruppo di ricerca sulla salute mentale in ambito agricolo.

 

"In Irlanda abbiamo svolto un sondaggio nell'ambito di un focus group dedicato agli agricoltori. Ebbene, il dato che è emerso è che il 23,4% degli agricoltori intervistati ha considerato il suicidio nelle due settimane precedenti al colloquio e abbiamo registrato fenomeni quali ansia, stress, depressione, fattori scatenati anche dalle politiche sul cambiamento climatico", ha esordito la professoressa Louise McHugh.

 

Gli elementi scatenanti sono molteplici e lo si può comprendere leggendo la stampa agricola estera, che da anni denuncia episodi di suicidio. Fra i Paesi maggiormente colpiti si può annoverare la Francia. Nel 2017, il quotidiano Le Figaro - invocando la rifondazione del sistema agroalimentare francese - parlava di "10mila agricoltori che ogni anno abbandonano la propria attività" e che, "tragicamente, vi è un suicidio al giorno".

 

Un anno prima, nel 2016, Bruno Le Maire, già ministro dell'Agricoltura francese e all'epoca della missiva esponente della fazione dei socialisti, aveva indirizzato una lettera aperta al presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, denunciando con parole di pietra che "La nostra agricoltura muore… nella collera e nella sofferenza… gli agricoltori scompaiono e alcuni di loro sono spinti al suicidio. Cosa attende per reagire?".

 

In un articolo apparso sul sito web Terre-net.fr lo scorso agosto, il sindacato agricolo francese Modef riportava numeri allarmanti: 100mila aziende agricole perse in dieci anni secondo l'ultimo censimento agricolo, 108mila capi azienda e soci attivi che avevano abbandonato il settore, il 18% degli agricoltori al di sotto della soglia di povertà, e nel 2016 "529 suicidi registrati da Santé Publique France".

 

Nel giugno 2021 la rivista tedesca Top Agrar aveva affrontato l'argomento burnout fra gli agricoltori in seguito al ritrovamento di centocinquanta bovini morti di fame in una stalla della Baviera. "In molte aziende si è raggiunto il limite di sopportazione psicologica e fisica", aveva dichiarato Iris Fuchs, componente dell'Ordine dei Veterinari del Land.

 

Sotto accusa, il carico di lavoro spesso massacrante, con attività da svolgere sette giorni su sette, burocrazia, pressioni per ampliare le stalle e cercare di fare utili. Per non parlare dei problemi psicologici legati "spesso ai conflitti generazionali sulla successione, problemi coniugali e gli eccessivi oneri derivanti dal rispetto di elevati requisiti e dagli obblighi di documentazione", come aveva specificato Heidi Perzl, consulente psicologico dell'ente di previdenza sociale per il settore agricolo. Il tutto appunto senza godere di un'elevata reputazione da parte dell'opinione pubblica.

 

"Se poi subentrano problemi di salute, spesso si arriva al burnout o alla depressione, e in alcuni casi persino al suicidio", scriveva nel 2021 la rivista tedesca dedicata all'agricoltura.

 

Dalla storia alla cronaca, ma sempre su tenori ombrosi. A disperare il settore agricolo e gli agricoltori non è soltanto il nodo della scarsa redditività, ma anche il fatto, ha reso noto la professoressa Louise McHugh, che "chi non lavora in agricoltura non capisce, non si rende conto del fatto che gli agricoltori sono i capri espiatori sui media".

 

E in effetti, anche le cronache di casa nostra puntano spesso il dito - troppo spesso ingiustificatamente - sull'agricoltura, dalla gestione degli animali alle emissioni, nella maggior parte dei casi costruendo teoremi completamente infondati, ma che, purtroppo, lasciano il segno su chi si sente colpito.

 

C'è anche un altro elemento che porta alla solitudine o all'isolamento. Ed è legato alla mancanza di connessione. "Molti agricoltori vivono in zone isolate" aggiunge la psicologa irlandese. "Bisogna fare in modo che siano più connessi fra loro, riportare gli agricoltori al centro delle comunità e ascoltare la loro voce. Bisogna spiegare l'equilibrio tra la vita professionale e quella privata, evitando disarmonie e sbilanciamenti verso un lavoro indubbiamente impegnativo".

 

Anche in quest'ottica, almeno in parte, andrebbe interpretata la trasmissione "Il contadino cerca moglie", che ha spopolato in tutti i Paesi europei, in cui lo show rappresentava la parte preponderante di un progetto effettivamente finalizzato a portare un po' di buon umore e di consenso nelle zone rurali.