L'impiego dei droni nel settore agricolo sta crescendo notevolmente nonostante i limiti normativi legati al divieto di distribuzione di agrofarmaci con mezzi aerei. I velivoli senza pilota vengono utilizzati per il monitoraggio delle colture, trasportando sui campi sensori di varia natura. Ma sono anche impiegati per l'applicazione di fertilizzanti e il rilascio di insetti utili.

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Tra i vari punti di debolezza che caratterizzano questi nuovi strumenti ci sono sicuramente l'autonomia e il payload (il carico trasportabile in volo) limitati. Oggi un drone ad elica utilizzato per il monitoraggio dei campi può restare in volo 15-20 minuti prima di tornare a terra per il cambio batterie. Mentre i multicotteri pensati per i trattamenti normalmente non trasportano più di 30-40 litri di miscela. E il tempo di volo decresce velocemente con l'aumentare dei carichi.

 

Le fuel cell applicate al mondo dei droni

Per queste ragioni alcuni costruttori guardano con un certo interesse alla tecnologia dei motori ad idrogeno per aumentare l'autonomia e il payload dei droni. E di prototipi in questi anni se ne sono visti molti. La francese Delair ha costruito Hydrone, mentre la coreana Hylium Industries ha progettato HyliumX. Horizon Energy System ha realizzato Hycopter, mentre la britannica Intelligent Energy ha lanciato Rachel. E Heven Drones, in Israele, ha costruito un business che va dalla difesa all'agricoltura basandosi sui motori ad idrogeno applicati ai mezzi aerei a pilotaggio remoto.

 

Il drone ad idrogeno realizzato da Intelligent Energy

Il drone ad idrogeno realizzato da Intelligent Energy

(Fonte foto: Intelligent Energy)

 

Tutti questi droni montano tecnologie riconducibili alle celle a combustibile (fuel cell) che sfruttano la reazione elettrochimica tra ossigeno e idrogeno per produrre energia elettrica. Nessuna combustione dunque, ma un processo che produce energia elettrica e vapore acqueo partendo dai due gas.

 

Ma in quale misura la tecnologia delle celle a combustibile è adatta al mondo dei droni? Lo abbiamo chiesto a Marcello Chiaberge, professore del Politecnico di Torino, che ha lavorato proprio alla realizzazione di droni alimentati ad idrogeno.

 

"Dal punto di vista pratico è sicuramente possibile realizzare dei droni che sfruttano l'energia elettrica prodotta dalle celle a combustibile per alimentare i rotori", spiega Chiaberge. "Negli anni passati abbiamo eseguito dei test per comprendere se questa tecnologia fosse anche preferibile rispetto a quella delle batterie agli ioni di litio, oggi considerato lo standard nel mondo Uav (Unmanned Aerial Vehicle, Ndr)".

 

 

Motori ad idrogeno, una questione di autonomia e payload

A parità di potenza erogata, un motore ad idrogeno (compreso di bombola di gas compresso, convertitore e batteria) ha un peso più elevato rispetto alle semplici batterie che oggi vengono usate per alimentare i motori dei multicotteri.

 

"L'impiego delle fuel cell ha dunque senso solo quando il drone raggiunge una certa dimensione, intorno ai 10 chilogrammi di peso. In questo caso l'aumento di autonomia e di payload consentito dall'impiego delle fuel cell compensa il maggiore peso, diventando vantaggioso rispetto all'uso delle semplici batterie al litio", sottolinea Marcello Chiaberge.

 

Il drone ad idrogeno HyliumX

Il drone ad idrogeno HyliumX

(Fonte foto: Hylium Industries)

 

Droni di circa 10 chilogrammi, alimentati a fuel cell, possono rimanere in aria per molto tempo, anche 3-4 ore, senza bisogno di essere ricaricati. Un lasso di tempo lunghissimo se paragonato ai 20 minuti dei droni tradizionali. Sono dunque ideali per tutte quelle applicazioni in cui il velivolo deve rimanere per lungo tempo in volo, come nel caso del monitoraggio dei campi.

 

"Quando un agricoltore ha tanti ettari da mappare è comodo avere un velivolo che non deve atterrare ogni 20 minuti per cambiare la batteria", sottolinea Chiaberge. "Ma se il drone deve atterrare comunque per ricaricare il serbatoio contenente la miscela fitosanitaria, allora ha poco senso ricorrere ad un motore ad idrogeno".

 

In altre parole, se il monitoraggio dei campi può giovarsi di droni alimentati ad idrogeno, nel settore dei trattamenti si preferirà, anche in futuro, utilizzare le batterie al litio. Dovendo in ogni caso far atterrare il drone per ricaricare la tanica di miscela, il cambio batterie rappresenta una piccola incombenza.

 

È vero anche che sopra una certa soglia di payload i droni alimentati a batteria hanno dei rendimenti scadenti e dunque il motore ad idrogeno rappresenta una valida alternativa. Ma è altrettanto vero che sarà improbabile vedere prendere il volo droni da centinaia di chilogrammi, sia per una questione di sicurezza e di normativa, sia per un fattore di praticità.

 

A questi ragionamenti si deve aggiungere il fatto che un motore alimentato a fuel cell è sicuramente più complesso e richiede maggiore manutenzione rispetto ai motori elettrici alimentati a batteria oggi impiegati nei droni commerciali.

 

"Per tutte queste ragioni io credo che, stante l'attuale sviluppo della tecnologia delle fuel cell, i droni alimentati ad idrogeno possono avere una applicazione solo nel campo del monitoraggio delle colture, in quanto possono godere di una autonomia elevata. Non penso invece che possano trovare spazio nelle attività di trattamento delle colture", conclude Marcello Chiaberge.