Negli ultimi 10 giorni si sono registrati 66 casi in più di peste suina africana nei cinghiali e ora il totale è di 1.779.

Resta alta la preoccupazione per i focolai presenti nelle province di Piacenza e Parma, tenuto conto dell'importanza in queste province degli allevamenti di suini.

Rispetto alle ultime rilevazioni, come si può leggere su AgroNotizie®, a Parma si contano 22 casi (8 in più) e 67 a Piacenza (17 in più).

Aumenta anche il numero di suini colpiti in tutta Italia (ora sono 13.333), sebbene il numero di focolai sia fermo a 21 (9 a Pavia, 6 a Reggio Calabria, 5 a Nuoro e 1 a Roma).

 

Resta l'allarme

Dunque l'emergenza non è risolta e Vincenzo Caputo, nominato commissario straordinario per la Lotta alla Peste Suina Africana, ha deciso sia di farsi affiancare da tre sub commissari, sia di prorogare al 31 marzo l'Ordinanza numero 5 dell'agosto 2023, altrimenti in scadenza il 24 febbraio.

Nei 20 articoli e nei numerosi allegati che la compongono, sono elencate le misure da prendere per contrastare il virus della peste suina africana.

Molte le indicazioni sulle modalità per ridurre il numero di cinghiali, che di questo virus rappresentano un serbatoio naturale e che contribuiscono attivamente alla sua diffusione.

Ancora una volta va ricordato che ad esserne colpiti sono solo gli animali e in nessun caso può essere coinvolto l'uomo.

 

Carenze strutturali

In particolare all'articolo 3 si precisa che nelle aree sottoposte a regime di restrizione la carne di cinghiali risultati sani potrà essere destinata al consumo, ma solo se lavorata da uno stabilimento di trasformazione autorizzato.

Operazione alla quale si frappongono vari ostacoli, dall'assenza di questi stabilimenti all'interno delle aree di restrizione, ai divieti di movimentazione.

Tanto che in assenza dei necessari requisiti le carni di cinghiale, ancorché sane, devono essere distrutte.

 

Vincoli, lamentano da Confagricoltura Emilia Romagna, che stanno limitando la possibilità di abbattere i cinghiali.

Carente inoltre la disponibilità di celle refrigerate necessarie alla conservazione delle carcasse di cinghiali.

Parte da queste constatazioni l'invito a risolvere la situazione ricorrendo a imprese specializzate nello smaltimento delle carcasse, seguendo l'esempio di altre regioni.

 

Alzare la guardia

Fra pochi giorni, come anticipato, cesserà di essere operativa l'ordinanza che indica il perimetro delle iniziative da adottare per contenere il numero di cinghiali e le precauzioni per limitare la diffusione del virus.

Quanto fatto sino a questo momento non sembra tuttavia sufficiente.

Anche l'appello di Confagricoltura parrebbe in ritardo rispetto alla scadenza delle recenti misure di controllo del virus.

 

Sempre che il commissario Caputo, preso atto che il virus continua a circolare fra i cinghiali, non decida per un'ulteriore proroga dell'Ordinanza numero 5. O di sostituirla con una sesta, con una più decisa riduzione del numero di selvatici.

Una scelta che raccoglierebbe il plauso dei suinicoltori insieme a quello dei tanti agricoltori che da anni lamentano i danni prodotti da un crescente e incontrollato numero di questi selvatici.