Salgono a 519 i casi di peste suina africana nell'area compresa fra Piemonte e Liguria, e il virus si avvicina sempre più al confine con l'Emilia Romagna e la Lombardia, dove la concentrazione di allevamenti suini è più forte.

Aumentano così i timori di una possibile infezione nei suini che provocherebbe il blocco dei commerci di carne e di prodotti trasformati sia sul mercato interno sia a livello internazionale.

Già oggi, sebbene il virus sia presente solo nei cinghiali, Svizzera, Cina, Giappone, Taiwan e Kuwait hanno chiuso le loro frontiere alle produzioni provenienti dall'Italia.

Se saranno coinvolti gli allevamenti, i danni sarebbero devastanti, come più volte AgroNotizie ha ricordato, con ripercussioni per l'intera economia del Paese. 

 

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I focolai di peste suina africana coinvolgono 75 comuni in Piemonte e Liguria?

(Fonte: Istituto Zooprofilattico del Piemonte)

 

Le recinzioni non bastano

Fronteggiare una situazione di rischio che si fa ogni giorno più preoccupante richiederebbe scelte coraggiose.

Il neo Commissario straordinario, Vincenzo Caputo (Zooprofilattico di Umbria e Marche) succeduto al suo precedente collega Angelo Ferrari (Zooprofilattico del Piemonte), si trova stretto fra le pressioni degli allevatori, che chiedono decisioni draconiane per ridurre il numero dei cinghiali e l'opposizione delle organizzazioni animaliste, fortemente contrarie.

Le costose e inefficaci recinzioni per contenere i cinghiali all'interno delle zone infette stanno mostrando i loro limiti.

Troppo ampia la zona da recintare e complicato mantenere l'integrità delle stesse recinzioni.

 

Si allarga l'area di restrizioni

Intanto le autorità sanitarie dell'Unione Europea hanno deciso di allargare le zone soggette a restrizione, comprendendo anche aree che non confinano con le zone infette.

Come previsto dal Regolamento del 27 marzo, immediatamente applicabile, in Emilia Romagna sono compresi i comuni di Cerignale e Ottone, in provincia di Piacenza.

In Lombardia rientrano nelle zone di restrizione 13 comuni della provincia di Pavia, in Piemonte sei comuni della provincia di Asti e praticamente tutta la provincia di Alessandria.

Questi si aggiungono ai comuni del Piemonte e della Liguria già contemplati in precedenza, insieme alla provincia di Roma, dove già era confermata la presenza del virus.

 

Le proteste

Questo allargamento delle zone di restrizione ha sollevato le proteste degli allevatori, costretti in taluni casi ad abbattere animali sani, come prevedono i regolamenti, mentre i cinghiali sono liberi di circolare e il loro numero continua ad essere esorbitante.

La Cia di Alessandria lamenta l'assenza di una posizione sugli abbattimenti mentre il problema si aggrava e le decisioni finora adottate si dimostrano inadeguate.

 

Scelte coraggiose

È tempo di scelte, anche coraggiose. In ballo c'è la sopravvivenza di un settore che conta nove milioni capi allevati e che dà lavoro a quasi trentamila allevamenti dai quali escono circa 1,15 milioni di tonnellate di carne suina, peraltro insufficienti a coprire il fabbisogno interno.

C'è poi il grande settore della trasformazione in salumi e insaccati che da solo vale quasi 8,5 miliardi di euro.

Un patrimonio economico, sociale e culturale che la peste suina africana rischia di farci perdere.