La Regione Sardegna cerca di uscire dall'incubo rappresentato dalla peste suina africana, proprio mentre il resto d'Italia è in allerta. In tutto sull'isola ci sono solo tre focolai in allevamento e dal lontano 2019 non si contano più casi nei suini tenuti illegalmente allo stato brado. E mentre tra gli animali selvatici il virus non è stato più trovato, l'Isola tenta di riaffacciarsi sul mercato della carne di maiale oltre i confini regionali.

 

La recente azione dell'assessora Murgia

L'assessora regionale dell'Agricoltura, Gabriella Murgia, con gli altri colleghi della Commissione Politiche Agricole della Conferenza Stato Regioni, ha incontrato il 10 marzo scorso a Roma il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, il sottosegretario Vannia Gava, e il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, per fare il punto sulla grave crisi che sta colpendo il settore dell'agricoltura a seguito degli eventi bellici dell'Europa orientale.

 

Un incontro positivo: "In questa sede - dice l'assessora Murgia dopo l'incontro romano - abbiamo portato anche le specifiche richieste delle aziende agricole e zootecniche della Sardegna, ribadendo la necessità di un intervento straordinario dello Stato, per sostenere in particolare le imprese delle aree maggiormente svantaggiate, e la richiesta di un immediato sblocco dell'export delle carni suine sarde".

 

"Abbiamo sempre ascoltato le richieste dei nostri suinicoltori con attenta sensibilità, e lo dimostrano i 4 milioni di euro stanziati recentemente per il settore con un emendamento alla Finanziaria fortemente voluto dal presidente Christian Solinas" aveva detto la Murgia prima di partire per Roma, ricordando che avrebbe portato "con convinzione e massimo sostegno le istanze dei suinicoltori, a cominciare dallo sblocco delle esportazioni delle carni".

 

Il virus confinato in tre focolai

Ecco con quale situazione sul campo la Sardegna chiede a gran voce a Roma e Bruxelles di uscire dall'embargo all'export di carni suine, decretato ormai quarant'anni fa a causa del virus della Psa. Intanto il 22 dicembre 2021 la Regione Sardegna, con una nota ufficiale dà notizia dell'ultima azione di contrasto alla Psa disposta dall'Unità di Progetto nelle campagne di Desulo (Nuoro) dove vengono abbattuti 41 suini non registrati all'anagrafe zootecnica e privi di proprietario e controlli sanitari. "Proprio a Desulo - è scritto nella nota - nel gennaio 2019, era stato registrato l'ultimo suino brado illegale positivo al virus".


Secondo l'Osservatorio Epidemiologico Veterinario dell'Istituto Sperimentale Zooprofilattico della Sardegna nella zona infetta posta nell'area centrorientale dell'Isola, al 10 marzo 2022 risultano effettuati rilievi su cinghiali selvatici con 19 test sierologici positivi per Psa a fronte dei quali però le analisi molecolari Pcr-Rt sono risultate tutte negative. È quindi confermato che ormai da oltre tre anni non si riscontra il virus negli animali selvatici. È altresì vero che nella mappa dell'Osservatorio Epidemiologico si evidenziano ancora tre focolai di Psa tra gli allevamenti di suini domestici.

 

Allevamento illegale, resta fattore di rischio

Non a caso l'allevamento illegale dei suini resta uno dei fattori di rischio più importanti per la permanenza del virus della Psa nei territori sardi. Come hanno sottolineato anche gli ispettori europei nel recente Audit che si è svolto sull'Isola nel novembre 2021, questi animali costituiscono la vera cinghia di trasmissione del virus tra la popolazione selvatica e gli animali domestici.

 

Permane pertanto attivo l'appello di Regione Sardegna e Unità di Progetto rivolto a quei pochi che rifiutano di mettersi in regola, soprattutto in zone come Desulo, dove l'eradicazione del virus potrebbe costituire un volano straordinario per il rilancio del comparto, in particolare della salumeria di qualità.