Il biometano derivato da residui agricoli è senza alcun dubbio un elemento chiave per la transizione ecologica, con notevoli vantaggi termodinamici e ambientali sull'idrogeno e sulle batterie al litio.

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Tuttavia, i microrganismi anaerobici non sono in grado di digerire la lignina, che rappresenta fra il 4 ed il 9% dei foraggi erbacei (1), arrivando al 30% nelle biomasse vegetali generiche. Le biomasse legnose - scarti di potatura, nocciolino di oliva, gusci, ramaglie, foglie secche, canne, corteccia, trucioli, segatura - così come la frazione solida del digestato, non sono dunque adatte alla produzione di biometano, precisamente per l'alta percentuale di lignina. Si tratta però di biomasse tendenzialmente secche, adatte alla gassificazione. Il syngas, prodotto della gassificazione delle biomasse, è però una miscela di gas, avente una percentuale di CH4 piuttosto bassa ma percentuali rilevanti di CO e H2.

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Esiste una possibilità non ancora sfruttata di convertire la lignina in CH4 con un processo ibrido (termico più biologico) noto come biometanazione carbossilica (2).  Si tratta di un processo simile al bioupgrading del biogas, detto anche biometanazione idrogenotrofa.

In questo articolo esploreremo i vantaggi e gli svantaggi della biometanazione carbossilica, una tecnologia non ancora sfruttata a livello commerciale.

 

Cos'è la biometanazione carbossilica

La digestione anaerobica è un processo a catena, nel quale diversi gruppi di microrganismi degradano materie organiche complesse in composti via via più semplici, arrivando finalmente alle minime unità molecolari: acqua, metano e biossido di carbonio. La Foto 1 schematizza il suddetto concetto. Esistono due vie principali che portano alla produzione di metano: la via acetoclastica, responsabile di circa il 75% del CH4 metano e di tutta la CO2 risultanti dalla degradazione, e la via idrogenotrofa, dalla quale proviene il restante 25% di metano, più dell'acqua che va a diluire il digestato. Tutto ciò è vero solo quando l'alimentazione del digestore è ben bilanciata in termini di C, N e P.

 

Ad esempio, l'alimentazione con solo zuccheri andrebbe a favorire la produzione di acido acetico, quindi la via acetoclastica, per cui il biogas prodotto dal digestore tenderà ad avere il 50% di CH4 e il 50% di CO2. Da ricordare: la convezione secondo la quale il biogas è composto dal 60% di CH4 e dal 40% di CO2 è solo una convenzione. In realtà, la composizione del biogas dipende in primis dall'alimentazione del digestore: sostanze composte prevalentemente da polisaccaridi, oppure situazioni nelle quali la flora idrogenotrofa è inibita, favoriscono il percorso acetogenico-acetoclastico, risultando in un biogas con CH4 e CO2 in parti uguali.

 

Foto 1: La mappa della digestione anaerobica

Foto 1: La mappa della digestione anaerobica

(Grafica dell'autore, pubblicata in 3)

 

La prevalenza di una popolazione microbica sull'altra, derivante da sbilanciamenti nell'alimentazione o da effetti distruttivi esterni sul microbioma, comporta dunque un cambio nella percentuale di metano che si riscontra nel biogas.

 

Alcuni batteri sono in grado di metabolizzare il monossido di carbonio (CO) disciolto nel medio acquoso del digestore, anche se solitamente la produzione di detto gas durante la fermentazione della biomassa è trascurabile, e perciò non è stata inclusa nella Foto 1. Si tratta piuttosto di un meccanismo di adattamento delle popolazioni microbiche quando mancano altri substrati di cui nutrirsi.

 

Complessivamente, la reazione che i batteri catalizzano è la seguente:

 

4CO + 2H2O → CH4 + 3CO2

 

In realtà, la reazione suddetta è il risultato di una serie di reazioni intermedie, che non discuteremo in questo articolo per evitare troppa complicazione teorica. Gli interessati ad approfondimenti troveranno l'analisi completa nel (2 già citato).

 

Il concetto pratico fondamentale che dobbiamo focalizzare è: i diversi gruppi di batteri e Archaea che costituiscono l'ecosistema del digestore riescono a sopravvivere se alimentati con CO. Il biogas risultante da tale processo biologico contiene però solo il 25% di CH4, il restante 75% è CO2.

 

Se guardiamo di nuovo la Foto 1, osserviamo che le Archaea idrogenotrofe sono in grado di convertire H2 e CO2 in metano e acqua secondo la seguente reazione globale:

 

4 H2 + CO2 → CH4 + 2H2O

 

Le due equazioni stechiometriche evidenziano un fatto molto interessante: il sottoprodotto dell'attività metabolica della popolazione idrogenotrofa - acqua - è l'ingrediente di cui necessitano i batteri carbossidotrofici, e viceversa, il loro scarto - CO2 - è ciò di cui necessitano le Archaea, quindi entrambi i gruppi produrrebbero sinergicamente del metano (4).

 

Quindi, almeno in teoria, se facessimo gorgogliare una miscela con 25% di CO e 75% di H2 in un reattore pieno con digestato, dopo un periodo di adattamento delle popolazioni microbiche otterremmo CH4 puro e un residuo di acqua che va semplicemente a diluire il digestato, secondo la seguente reazione globale:

 

4CO + 12H2 → 4CH4 + 4H2O

 

che si riduce a:

 

CO + 3H2 → CH4 + H2O

 

Poiché il syngas è composto principalmente da CO2 e H2, la gassificazione delle biomasse non digeribili - frazione solida del digestato e residui agricoli lignocellulosici - consentirebbe di sfruttare meglio le risorse.

 

Vediamo ora i vantaggi e gli svantaggi di questa ipotesi:

  • Vantaggi
     • Aumento della produttività dell'impianto a parità di portata di alimentazione, perché tutto il carbonio della biomassa diventa biometano.
     • Possibilità di inserire nel processo altre biomasse residue, che di solito non sono adatte alla digestione anaerobica: ramaglie, foglie secche, nocciolino d'oliva, gusci di mandorla, segatura, eccetera.
     • Recupero di calore dal processo di gassificazione per il riscaldamento dei digestori. Non è dunque necessario sacrificare biometano nel cogeneratore, perché l'energia elettrica necessaria per i servizi ausiliari - pompe, agitatori, compressore - costerebbe di meno del biometano recuperato in più, almeno con l'attuale sistema di incentivi. Nell'eventualità di una futura legislazione "purista", che obblighi l'impianto di biometano ad autoprodurre anche l'energia elettrica per il proprio funzionamento, la temperatura del syngas all'uscita del gassificatore consentirebbe comunque - almeno teoricamente - di produrre energia elettrica mediante un sistema Orc, Organic Rankine Cycle.
  • Svantaggi
     • Inevitabilmente, in ogni processo biologico una parte del C della biomassa (fino all'11% nel caso della digestione anaerobica convenzionale, 5) viene utilizzato dai batteri per crescere e replicarsi, per cui la produzione di gas è sempre minore di quella calcolata stechiometricamente.
     • Maggiore complicazione costruttiva e operativa dell'impianto.
     • Maggiore costo d'investimento.
     • Il syngas da residui forestali contiene proporzioni variabili di CO e H2, dipendendo principalmente dalla tecnologia di gassificazione utilizzata, ma sempre con tenori di H2 molto minori del 75% necessario per la biometanazione. Ad esempio: 20% di CO e 40% di H2 nel caso di un impianto complesso come quello di Göteborg in Svezia (6); 20% di CO e 8% di H2 nel caso di un gassificatore "fai da te" alimentato con nocciolino di oliva e aria (7). La percentuale di H2 più vicina all'ideale è stata raggiunta per ora solo con l'impianto sperimentale Ser, Sorption Enhanced Reforming delle Università di Vienna e Stuttgart, che però utilizza ossigeno puro e vapore ad alta temperatura, quindi ha un consumo di energia ausiliaria notevole.
     • Incognite normative. Ammesso e non concesso che si possa produrre biometano gassificando la frazione solida del digestato, il Gestore dei Servizi Energetici (Gse) riconoscerà gli incentivi alla quota addizionale di biometano prodotta mediante tale tecnologia? E che dispositivi di sicurezza - con i relativi costi addizionali associati - chiederanno le commissioni tecniche comunali ed i Vigili del Fuoco per il gassificatore ed i locali nei quali potrebbero esserci fughe di un gas potenzialmente tossico per il suo contenuto di CO ed esplosivo per l'H2? Si allungherà ulteriormente l'iter autorizzativo rispetto ad un impianto di biometano convenzionale?
     • La gassificazione della frazione solida del digestato è senza dubbio un vantaggio per gli impianti di trattamento di fanghi e rifiuti, per i quali lo smaltimento del digestato è un costo. Ma nel caso degli impianti agricoli, la gassificazione del digestato solido per potenziare la produzione di biometano implica sottrarre carbonio organico al suolo. Si perdono in parte i benefici ambientali della digestione anaerobica, senza risolvere il problema dell'ammoniaca, contenuta maggiormente nella frazione liquida del digestato.

 

Sicuramente la letteratura scientifica continuerà a sfornare tesi di laurea e paper di congressi sulla biometanazione del syngas, ma sembra poco probabile che nell'immediato futuro vedremo impianti dotati di tale tecnologia, almeno nel nostro Paese.

 

Bibliografia

(1) Vinicius Foletto, Mirco Corazzin, Francesca Giordano, Elena Saccà, Angela Sepulcri, Edi Piasentier, Domenico Davanzo, Valentino Volpe, Stefano Barbieri; Utilizzo di insilati di sorgo e d'erba nell'alimentazione della bovina da latte; Notiziario ERSA n. 2/2018.

(2) Sancho Navarro Silvia, Cimpoia Ruxandra, Bruant Guillaume, Guiot Serge R.; Biomethanation of Syngas Using Anaerobic Sludge: Shift in the Catabolic Routes with the CO Partial Pressure Increase; Frontiers in Microbiology; vol. 7; 2016.

(3) Mario A. Rosato; Manuale per il gestore dell'impianto di biogas, Editoriale Delfino, 2015.

(4) Kohlmayer Matthias, Huber Robert, Brotsack Raimund, Mayer Wolfgang; Simultaneous CO2 and CO methanation using microbes; bioRxiv 326561.

(5) A. Cohen, R.J. Zoetemeyer, A. van Deursen, J.G. van Andel, Anaerobic digestion of glucose with separated acid production and methane formation, Water Research, Volume 13, Issue 7, 1979, Pages 571-580, ISSN 0043-1354.

(6) Hailong Li, Daheem Mehmooda, Eva Thorina, Zhixin Yub; Biomethane production via anaerobic digestion and biomass gasification; Energy Procedia 105 (2017) 1172-1177.

(7) Garrido, L., Cueva, M., Sánchez, Start-up Procedure for a Downdraft Biomass Gasifier Using Olive Stones; S.31st European Biomass Conference and Exhibition, ISBN 978-88-89407-23-3, scaricabile gratuitamente dopo la registrazione.