Governo ed Europa si sono dimenticati dell'imprenditoria agricola femminile. "L'agricoltura femminile sembra sparita dalle politiche nazionali ed europee dove non solo non compaiono provvedimenti specifici dedicati nel Pnrr e nemmeno nella Pac, ma sono scomparsi anche gli incentivi strutturati ad hoc della misura 'Più Impresa', non rifinanziata dall'ultima legge di bilancio".

 

Il grido di Cia Donne in Campo, giunge forte e chiaro per voce di Pina Terenzi, presidente nazionale dell'associazione femminile interna a Cia - Agricoltori Italiani. 

 

AgroNotizie® in questa giornata di grandi parole su tematiche rilevanti a cui servirebbero fatti, ha voluto raccogliere la voce di chi sul campo ci sta da anni, non solo l'8 marzo, e porta avanti battaglie concrete per dare voce ad una fetta del comparto imprenditoriale agricolo nazionale, oggi arrivata a quotare il 30% del totale degli imprenditori agricoli.  

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Intervista alla presidente nazionale di Cia Donne in Campo, Pina Terenzi

Pina Terenzi, imprenditrice agricola e presidente di Donne In Campo Cia

Pina Terenzi, imprenditrice agricola e presidente di Donne In Campo Cia

(Fonte foto: Pina Terenzi)

 

Andiamo subito al sodo. Cosa sta accadendo?

"Succede che l’unica misura a favore dell’imprenditoria agricola femminile denominata 'Più Impresa' ed erogata da Ismea, entro la quale era confluito il fondo 'Donne in Campo' intitolato dalla ministra Bellanova alla nostra Associazione, non è stato rifinanziato dalla Legge di Bilancio 2024.

Il Governo non ha ritenuto importante fornire aiuti alle agricoltrici a cui la misura era dedicata. Una scelta che diventa ancora più grave se consideriamo che il Fondo Impresa Donna, l’incentivo nazionale che sostiene la nascita e il consolidamento delle imprese femminili promosso dal Ministero delle imprese e del made in Italy e su cui sono convogliati fondi del Pnrr, ammette ai finanziamenti le imprenditrici di tutti i settori escludendo quello della produzione agricola.

Assistiamo a una penalizzazione forte e a una discriminazione delle agricoltrici nei confronti delle colleghe degli altri settori. Nemmeno nel secondo pilastro della Politica Agricola Comune, vi sono misure dedicate all’imprenditoria femminile.

In virtù di norme che piuttosto che valorizzare le differenze garantendo pari opportunità, prescrivono regole uguali per tutti, le misure per l'imprenditoria femminile sono scomparse già da diversi anni. Se a questo aggiungiamo le misure sociali di questa Legge di Bilancio, osserviamo un netto peggioramento della misura 'Opzione donna', che consentiva alle donne di anticipare l’uscita pensionistica con il ricalcolo contributivo (estremamente penalizzante) e che oggi viene dedicata solo ad alcune categorie (caregiver, invalide civili, licenziate). Inoltre, si osserva l’assenza di misure specifiche per le politiche sociali. Possiamo concludere che, a fronte di una grande attenzione ai temi femminili sul fronte mediatico, le azioni concrete sembrano andare in un altro senso".

 

Quali le motivazioni di questo disinvestimento?

"Evidentemente le priorità sono altre. C’è piuttosto da chiedersi come mai le dichiarazioni vadano in altro senso".

 

Quale percentuale di imprenditori agricoli è donna sul totale nazionale?

"Si va negli ultimi anni dal 28 al 30 per cento di capoazienda sul totale delle imprese agricole. Naturalmente il ruolo delle coadiuvanti è di grande peso per le donne".

 

Spesso capita di sentire che i fondi dedicati all'imprenditoria femminile siano motivo di utilizzi poco consoni. Ovvero, imprese di fatto a gestione maschile vengono intestate a donne che però non ne sono fattivamente le imprenditrici, solo per accedere ai fondi. Un comportamento oltre che deplorevole davvero dannoso per il ruolo della donna. Cosa ne pensa?

"Sicuramente nell’applicazione della Legge 215, nata nel 1992 per finanziare l’imprenditoria e l’autoimpiego femminile di tutti i settori e rifinanziata fino al 2004, si sono create anche delle storture. La capacità del sistema legislativo e burocratico italiano di vigilare sulle regole comuni però, non può essere attribuita alle singole misure ma riguarda un tema generale.

D’altra parte credo che la situazione opposta, ovvero donne che risultano coadiuvanti ma che svolgono ruoli di leadership nelle aziende sia, da sempre, davvero sovrastante".


Da imprenditrice, ritiene che per raggiungere la parità le politiche dedicate siano la strada giusta?

"Credo che per superare i problemi di oggi sia necessario un cambiamento culturale: dare valore alla vita in tutte le sue forme e prendere coscienza della sua straordinarietà, della sua complessità e della sua fragilità. Per arrivare a questo penso che, sì, politiche dedicate alle donne per fornire stesse opportunità siano la strada giusta".

 

In questa giornata in cui tra le tante tematiche si parla di uguaglianza e di pari diritti, come può raccontarmi il ruolo della donna nel sistema agricolo nel 2024? Ha un ruolo paritetico con l'uomo agricoltore?

"Ha sicuramente un ruolo più complesso. Oltre al suo contributo al tessuto economico del settore primario, al suo impegno generativo e rigenerativo, è un importante collante per le comunità rurali e le famiglie agricole. Ma la gamma delle imprese a titolarità femminile in agricoltura è capace di spaziare dall’azienda strutturata, vocata all’internazionalizzazione che nulla ha da invidiare a quella maschile, ad aziende sperimentali e innovative, a realtà di nicchia e di tutela della biodiversità, fino a quelle impegnate nel sociale per arrivare tanto più in là, fin dove la creatività e la fantasia femminile riescono ad immaginare. Un apporto plurale che perderebbe la sua forza se fosse ridotto a un unico modello".

 

In due parole. Cosa è Donne in Campo di Cia ma, soprattutto, perché avete sentito il bisogno di un'associazione tutta al femminile? Non si rischia di connotarla come struttura secondaria rispetto alla principale dove a farla da padrone sono gli uomini e non mi riferisco per forza a Cia ma alle associazioni di categoria in generale?

"Partiamo dai principi, per noi, e parlo di generazioni di agricoltrici e di funzionarie Cia che da più di vent’anni si passano il testimone alla guida dell’Associazione, la diversità è un valore, una ricchezza, una forza.

Sembra banale ma pensare che le donne debbano dimostrare di essere come gli uomini o, pensare che la diversità è un valore collettivo, cambia di molto le cose.

Per fare un esempio chiarissimo, l’ingresso delle donne come capo azienda in Italia ha portato a sviluppare attività quali l’agriturismo, la vendita diretta, le fattorie sociali e didattiche, con il vantaggio di aver aperto un campo economico fruttuoso come quello della multifunzionalità ma soprattutto, di aver contribuito a far uscire l’agricoltura dall’isolamento e averla riportata alla coscienza dei cittadini.

Per rispondere alla domanda quindi, Donne in Campo ha l’ambizione di essere, oltre ad un luogo di incontro, di scambio e di contatto per donne impegnate in agricoltura, anche un momento di elaborazione di temi, di visioni e di proposte. Un grande elemento di ricchezza di Cia Agricoltori che ha il privilegio, per di più, di rappresentare molte aziende a conduzione femminile. Le donne in agricoltura sono un valore per tutti: hanno a cuore l’ambiente, il paesaggio, la biodiversità, la sostenibilità e il futuro delle comunità in cui vivono e di tutto il pianeta”.

 

Vedremo mai una donna presidente di CIA?

"Spero di vedere presto una maggiore presenza delle donne negli organismi confederali. Inoltre, credo che le Donne che negli anni hanno cambiato le cose, erano nei posti giusti e non necessariamente a capo. Ascoltare e condividere strategie e le visioni insieme, donne e uomini, questo sarebbe un segnale di grande cambiamento".

 

Fatti non parole: l'appello a Governo e istituzioni

Cia Donne In Campo, torna a chiedere l'approvazione di una legge quadro per l'imprenditoria femminile in agricoltura, che preveda tra l'altro, la costituzione di un ufficio permanente presso il Masaf e di un osservatorio con l'obiettivo di promuovere l'accesso delle donne all'attività agricola e di potenziare le politiche attive del lavoro nel settore primario.

 

"Vogliamo che la visione femminile dell'agricoltura torni protagonista e continui a crescere - sottolinea Terenzi. Già ora le oltre 200 mila imprenditrici agricole italiane sono in prima linea per difendere il settore quale asset strategico del paese, dove la produzione di cibo e la tutela del territorio camminano insieme, rappresentando il patrimonio di biodiversità, salute e benessere, cultura e tradizione del Made in Italy".

 

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