Spazio al Sima alle problematiche relative all'adeguamento alla fase IV della normativa europea finalizzata alla riduzione delle emissioni nocive in atmosfera. Un tema caldo per il comparto "trattori stretti".

Nell'ambito di una conferenza stampa convocata da Federunacoma, il presidente Massimo Goldoni ha portato il punto di vista dei costruttori nazionali, rappresentati da Assotrattorie spiegato le ragioni per cui l'associazione assume una posizione fortemente contraria ai risultati ottenuti dallo studio tecnico affidato dalla Commissione Europea alla società Trl.

Lo studio, in seguito a un'indagine sulla fattibilità tecnica all'adeguamento per i trattori in categoria T2, C2 e T4.1 alle fasi IV e V della normativa europea sulle emissioni - leggi l'articolo di approfondimento -, sancisce, infatti, una sostanziale compatibilità dei futuri trattori fase IV con le esigenze operative nei vigneti e nei frutteti.
Ciò crea le premesse perché la Commissione respinga la richiesta dei costruttori di un rinvio dei termini di applicazione della normativa, basandosi però sui risultati di un lavoro che, spiegano i costruttori, contiene errori di metodo.

"La legislazione europea impone scadenze alle quali dobbiamo adempiere ma che, in alcuni casi, non tengono conto delle specifiche realtà produttive - ha spiegato Massimo Goldoni - Più che mai in questo momento l'export è per l'Italia una risorsa salvagente grazie alla quale molte realtà produttive possono sopravvivere. Stiamo mettendo in campo tutte le nostre forze e risorse per rispondere a una fase che definire drammatica è un eufemismo. L'ingresso in nuovi mercati rappresenta una necessità per un intero comparto produttivo nazionale.
Posto che la tutela dell'ambiente e della qualità dell'aria sia un'esigenza imprescindibile, oltre che sacrosanta, su cui siamo tutti d'accordo
- ha proseguito Goldoni -, non si può prescindere da un ragionamento di base che coinvolga anche quelle che sono le economie di scala, vanificando lo sforzo che stiamo facendo".

Trattori stretti, anche i volumi contano
Se infatti, con grandi sforzi in ricerca e sviluppo si sta lavorando per adeguare le macchine alla fase III B in vigore dalla fine del 2016, l'ulteriore passo richiesto che porterebbe alla fase IV e subito dopo alla fase V sarebbe per i produttori nazionali una profusione letale di energie.

"Progettare un nuovo motore richiede ingenti investimenti in ricerca e sviluppo oltre che una tempistica incompatibile con quella definita dall'Europa, secondo cui l'inizio della fase IV dovrebbe esser il primo ottobre 2017, mentre la successiva fase V è prevista per il 2019-2020" ha chiarito Goldoni.

Se un comparto come l'automotive, con volumi di vendita nell'ordine di milioni di unità, riscontra difficoltà a seguire i tempi dettati dall'Europa, si possono capire le problematiche solevate da una categoria di trattori i cui volumi di mercato sono espressi in decine di migliaia di unità: parliamo di 20-25 mila macchine vendute in Europa.

Secondo i costruttori, proprio per le dimensioni del mercato non risulta verosimile l'ipotesi proposta da Trl che chiede all’industria motoristica uno sforzo per adeguare i nuovi motori alle esigenze specifiche dei trattori stretti, rendendo possibile l’applicazione della normativa nei tempi previsti.

L'adeguamento dei trattori alle fasi della normativa sui motori comporta modifiche al profilo e alle dimensioni del cofano. Fonte: Goldoni

Ad oggi, infatti, l'inserimento dei dispositivi funzionali alla riduzione di emissioni richiesta necessita di spazio. Se per le grandi e medie potenze il problema è relativo, sugli stretti vi sono difficoltà oggettive che implicano lo snaturamento delle macchine con conseguente perdita di alcune delle caratteristiche chiave che le rendono adatte al lavoro nei vigneti e frutteti.


 
Il riferimento è, ad esempio, alle colture a tendone o agli impianti in filare i cui sesti, per esigenze produttive, sono arrivati a misurare 1,5 metri. Risulta evidente che aumentare le dimensioni della macchina per poter fare spazio a un motore maggiorato diventa un problema di non poco conto, anche per un Paese leader nella costruzione di queste macchine, con un know how ineguagliabile come l'Italia.

Se non c'è un reale beneficio, diventa una discriminazione competitiva
"Quello che ci viene chiesto - prosegue Goldoni - è di stravolgere l'esperienza costruttiva e la conoscenza tecnica accumulate in anni e anni di leadership, per una decisione presa a tavolino a Bruxelles.
Per tutte queste ragioni, che riteniamo oggettivamente valide, contestiamo i risultati dello studio condotto da Trl che, a nostro avviso, considera dati non aderenti alla realtà
- considera ad esempio un motore non agricolo - e chiediamo che le direttive vengano riviste a fronte delle problematiche che l'Italia sta sollevando

Questo non significa sottrarsi - chiarisce il presidente di Federunacoma - Non lo abbiamo mai fatto e a questo proposito vorrei ricordare che siamo stati i primi a introdurre dispositivi di sicurezza, a nostro avviso importanti per la tutela degli operatori, prima ancora che diventassero obbligatori.
Riteniamo che uno sforzo come quello richiesto dalla Comunità Europea debba avere un senso e non essere figlio di una volontà di standardizzazione e omogenizzazione miope che, tra l'altro, non considera l'effetto migliorativo ambientale minimo della fase IV
.

A tutto ciò - prosegue Goldoni - si aggiunge il fatto che in molti paesi quali Cina e India, per fare un esempio, i cui volumi di vendita sono ben maggiori, le emissioni non si avvicinano nemmeno al primo step della normativa europea".

Il surplus di costo per l'utilizzatore nel passaggio dalla fase III alla fase IV si attesta nell'ordine del 30-40 per cento cui, con l'entrata in essere della successiva fase V, si aggiungerebbe un ulteriore e altrettanto importante balzo al rialzo.

Anche volendosi staccare dalle problematiche tecniche, risulta evidente, come sottolineato da Goldoni, che in una contingenza di mercato quale quella attuale, un aumento di prezzo significativo a fronte di macchine con potenze ridottedimensioni aumentate e non più funzionali all'uso per cui sono pensate, affosserebbe ulteriormente il mercato con conseguenze tragiche per l'occupazione e l'economia nazionale.

I prossimi step
Ferma nel proposito di vincere la 'battaglia dello stretto made in Italy' l'associazione italiana, di concerto con il Cema - punto di raccolta dei costruttori europei -, consapevole dei tempi stretti, annuncia di voler creare un fronte politico comune che si mobiliti compatto, cui far seguire azioni concrete per ottenere dall'Europa una proroga della fase IV al 2020 e al 2023 per la successiva fase V.

La speranza è che nel frattempo le tecnologie identifichino soluzioni capaci di adeguare le emissioni senza snaturare queste macchine e che, diluito in più anni, il costo per la ricerca e sviluppo diventi sopportabile.
Oltre a ciò, viene da aggiungere, un filo di speranza va al mercato che speriamo alzi la testa e torni a fare, non certo i numeri cui ci ha abituato in ben altri momenti, ma nemmeno quelli che ci sta facendo leggere negli ultimi anni.