Ieri è stato presentato a Portici, nella storica sede del dipartimento di Agraria dell'Università Federico II di Napoli, il progetto Aracamp che verte sulla reintroduzione in Italia della coltivazione delle arachidi e sulla contestuale creazione di una filiera produttiva e commerciale dal campo alla tavola.

Partner industriale dell'operazione è la società Vincenzo Caputo, un'azienda localizzata nel comune di Somma Vesuviana (Napoli) altamente specializzata nella lavorazione e nella commercializzazione di frutta secca ed essiccata, che ha presentato una novità assoluta: le arachidi 100% made in Campania, in guscio e sgusciate. Una produzione che si appresta ad essere commercializzata anche dalla Grande distribuzione organizzata.

L'ambizioso progetto di sviluppo dell'arachide italiana ha come obiettivo quello di immettere sul mercato un prodotto 100% italiano. Il progetto conosciuto con l'acronimo Aracamp - Arachidi al Sole della Campania - è partito nel maggio 2020 è vede protagonista la Vincenzo Caputo insieme ad un partenariato di eccellenza, composto dal dipartimento di Agraria dell'Università Federico II che ha curato e curerà il coordinamento scientifico del progetto, la Coldiretti Campania che assicura l'organizzazione tecnica ed agronomica coinvolgendo le aziende agricole interessate e la Farzati Tech che, attraverso la tecnologia blockchain BluDev®, è impegnata nel tracciare e a certificare l'origine sicura di tutta la filiera del prodotto.

Ieri è stata anche rinnovata la convenzione tra il dipartimento di Agraria e il gruppo di lavoro ed è stato presentato il prodotto confezionato dalla Vincenzo Caputo ottenuto nella campagna agraria 2020.

Nel 2020 le attività sperimentali erano state condotte su circa 50 ettari che continueranno, nell'anno in corso, su una superficie quasi doppia con l'obiettivo di ottimizzare le tecniche agronomiche, introdurre tecniche di meccanizzazione più efficienti e gestione delle fasi del post raccolta. La redditività della coltura in questo caso è assicurata da un contratto di filiera, ma l'arachide, abbandonata in Italia quasi sessanta anni fa, presenta alcune difficoltà di coltivazione che vanno affrontate.

Il professor Gianluca Caruso, docente al dipartimento di Agraria ed esperto di colture erbacee ed orticole, spiega: "le arachidi vanno seminate a non più di due centimetri di profondità, preferendo terreni sciolti o argillosi, ma in tal caso molto ben lavorati, avendo ben presente che nella coltivazione di questa leguminosa la fase più delicata in assoluto è quella della semina, perché se il terreno tende a formare crosta, come tipicamente avviene in quelli argillosi, c'è un elevato rischio di fallanza, legato alla bassa germinabilità dei semi, che in più si rivelano molto sensibili alle crittogame".

Secondo il professor Salvatore Faugno, docente di Meccanica agricola al dipartimento di Agraria "Per implementare il progetto si è dovuto risolvere un problema di base: in Italia non esistono seminatrici adatte all'arachide e abbiamo dovuto far apportare delle modifiche alle case costruttrici, in modo da ottenere una distanza tra i semi sulle file più fitta di soli 8 centimetri, pur mantenendo uno spazio tra le file di 90 centimetri, così da poter ovviare all'elevata percentuale di fallanze legate anche alla concia del seme disponibile, ottenuta in modo molto tradizionale e non sempre efficace".

In tale fase, secondo il professor Caruso "Occorre prestare molta attenzione al livello di lavorazione del terreno, che deve consentire l'emersione della plantula e al grado di umidità che non deve essere elevato, per evitare gli attacchi di patologie fungine già sul seme".

La semina avviene in aprile-maggio e nei campi sperimentali della Campania il raccolto è tra settembre ed ottobre. "In estate, quando le piantine sono ormai in fase di sviluppo, occorre irrigare periodicamente - sottolinea Caruso - non si tratta di una coltura che possa essere condotta in asciutto".

Fondamentale poi il momento della raccolta: "Abbiamo usato con successo uno scavapatate modificato - spiega Faugno - in modo da favorire al momento dell'escavazione il distacco del baccello dalla parte verde della pianta, che tende a finire su un lato, per altro ripulendosi dalle impurità del terreno".

Insomma, a voler reintrodurre l'arachide c'è ancora molto da fare, a cominciare dagli attrezzi di lavoro in campo fino alla costruzione di una filiera commerciale, anche se un primo passo è stato sicuramente fatto.