Poiché una moderna azienda agricola non può fare a meno di assicurarsi, almeno stando a quanto sostenuto dall'uscente presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, nel corso di una conferenza stampa tentasi a Roma, quando tra il 2014 e il 2015 si cominciò a parlare in maniera strutturata di gestione del rischio e di contributi europei per incrementare il ricorso degli agricoltori alle polizze assicurative, le iniziative vennero accolte dagli addetti ai lavori come un significativo passo avanti del settore primario nazionale verso la modernità.

Oggi, a tre anni di distanza, Confagricoltura ci dice che non solo non si è raggiunto l'obbiettivo prefissato, ma il suo esatto contrario: il ricorso degli agricoltori alle assicurazioni agevolate è in caduta verticale.
I numeri non lasciano adito a dubbi. Per le produzioni vegetali, a fronte di un incremento del 17% nel biennio 2013/2014, si registra un crollo del - 28,2% nel biennio successivo.
Per quanto riguarda le strutture la decrescita si attesta al -6,6% nel solo 2016. La media generale è mitigata dal settore zootecnico, relativamente nuovo e con meno criticità nell'accesso alle polizze, che pur rimanendo nel 2016 a un +7%, registra un decremento rispetto all'anno precedente del 28,1%.
In sostanza, i valori assicurati nella campagna assicurativa 2016 sono scesi rispetto al 2015 dell'11,3%, che va ad aggiungersi al -6,6 rilevato nel 2015 rispetto al 2014.

Il decremento maggiore riguarda le produzioni vegetali, con una perdita in due anni di 851 milioni di euro. La nota positiva rappresentata dalla zootecnia, oltre che nel dato relativo alla differenza tra le performance del 2015 e 2016, va inoltre letta considerando che questo settore rappresenta in termini di valori assicurati solo il 16% e in termini di premi pagati meno del 3% del totale.
Le perdite maggiori sui valori assicurati riguardano il meridione, dove si è passati da un totale di poco inferiore agli 853 milioni di euro nel 2014 a poco più di 237 milioni nel 2016.

Va segnalato che le performance terribili delle assicurazioni agevolate non sono sinonimo di disaffezione degli agricoltori verso lo strumento assicurativo in generale, tanto è vero che le polizze Sarga, fuori dal meccanismo contributivo comunitario sono cresciute nel solo 2016 del 30% circa nonostante non consentano al contraente di godere di un contributo che copre circa il 65% del costo della polizza.
 
A cosa è dovuto il clamoroso flop delle polizze agevolate? Principalmente da una combinazione di problemi e criticità che hanno allontanato gli agricoltori da questo strumento orientandoli piuttosto verso le offerte del libero mercato.
 
"Non si è riusciti a creare un modello assicurativo che sia agevolmente fruibile" ha spiegato Mario Guidi. "Burocrazia, errori gestionali e procedure informatiche ancora non definite per la compilazione dei Piani assicurativi individuali (Pai), ritardano l'erogazione dei contributi comunitari. E così ci troviamo che si è aperta la nuova campagna assicurativa 2017 per le produzioni agricole mentre si sta ancora procedendo ai primi pagamenti alle aziende delle assicurazioni agevolate agricole che si riferiscono alle domande del 2015. E stiamo ancora aspettando i bandi per le richieste di contributo del 2016. In questo modo si mette in crisi pure il sistema dei consorzi di difesa"
 
I ritardi normativi e operativi sono solo uno degli aspetti negativi di un sistema talmente complicato, burocraticamente ipertrofico, da rappresentare un vero e proprio record anche nel nostro paese. "Non è la solita cosa fatta all'italiana. Con il processo di informatizzazione delle norme si è andati oltre qualsiasi ragionevole…" ha commentato Guidi, lasciando a metà una frase espressa tuttavia eloquentemente dal linguaggio corporale.

Un'idea di quanto il sistema possa essere ostico la fornisce lo stesso iter da seguire pedissequamente, pena la perdita del contributo, per giungere a un teorico pagamento della domanda: l'agricoltore deve innanzitutto presentare la propria 'manifestazione di interesse', solo in seguito potrà e dovrà procedere con il Pai (Piano assicurativo individuale).
Esaurite le pratiche del Pai potrà procedere alla presentazione della 'domanda di sostegno' e solo dopo presentare quella di pagamento. Ogni passaggio dovrà essere compiuto nei tempi corretti, corredato da voluminosi plichi di documentazione allegata e ripetuto per ogni coltura si intenda assicurare.

Quale sia la possibilità di successo di una tale operazione è chiaramente testimoniata dai dati della campagna 2015: su 152.569 Pai presentati, 125.191 sono stati definiti e 27.378 risultano a due anni di distanza ancora bloccati o in lavorazione. Ai Pai sono seguite 117.012 domande di sostegno, il 33% delle quali (38.979) sono state concesse e il 10% (11.968) sono in fase di concessione.
A questa scrematura sono sopravvissuti in pochi e le domande di pagamento presentate si sono ridotte a 35.750, di cui però solo 24.854 sono state effettivamente pagate; appena il 16% dei Pai presentati e con il forte sospetto che il numero sarebbe stato inferiore se non ci fosse stata l'infausta urgenza di far sopravvivere le aziende colpite dal terremoto.

La Via Crucis burocratica, comunque, non si limita  quanto detto sopra. Tutto il sistema è basato non sulla produzione dell'anno da assicurare, ma sulla media delle produzioni degli ultimi tre anni; ovviamente se si è perso un raccolto, la media ne risentirà e non sarà possibile assicurare tutta la produzione in corso e, dulcis in fundo, non è possibile assicurarsi contro un singolo evento, ma si è costretti a farlo su tre eventi diversi, con il risultato che l'agricoltore si ritrova a pagare premi più alti per coprire eventi assurdi, come la neve sul riso o il vento per i meloni.
Facile quindi comprendere come gli agricoltori preferiscano rivolgersi al libero mercato, a polizze senza contributi pubblici ma che consentono di assicurare quello che vogliono, contro quello che vogliono, quando lo vogliono.

"Sono anni che le associazioni denunciano le criticità" ha affermato Guidi. "Come Confagricoltura abbiamo inviato lettere al Mipaaf più o meno ogni sei mesi per chiedere di affrontare il problema; un problema che, per inciso, per Asnacodi non è esistito fino a pochi giorni orsono, quando anche loro hanno inviato al ministero delle lettere dai contenuti analoghi ai nostri".
 
Le richieste di Confagricoltura sono lineari, a partire da una presa d'atto delle difficoltà con la conseguente introduzione di elementi di correzione con procedure semplificate, riferimenti più coerenti con le rese agricole, introducendo dei buffer possibili (oscillazioni ammesse) di circa il 20%.
"Lo stesso decreto ministeriale del 2015 prevedeva una 'soglia di tolleranza tecnica da definire con successivo provvedimento'. Solo che quel provvedimento successivo non ha mai visto la luce", ha sottolineato Guidi, ribadendo che quelli richiesti sono "elementi in grado di facilitare la vita degli agricoltori e che possono essere fatti in maniera rapida senza interessare l'Ue".

"Le nostre priorità - ha concluso il presidente di Confagricoltura - sono: una riconsiderazione delle procedure del Pai con l'obiettivo di una reale semplificazione e snellimento del processo; una ridefinizione del sistema del calcolo delle rese medie produttive delle imprese per arrivare ad una certa flessibilità ed eventualmente alla possibilità dell'applicazione dl meccanismi basati su indici per aree produttive".