Il numero di lupi in Italia è in continua ascesa ed è passato da poche centinaia di esemplari agli oltre 3mila censiti dall'Ispra. Un numero che è destinato a crescere visto che soprattutto sull'arco alpino ci sono dei territori in cui il lupo può ancora espandersi.


Inevitabilmente la presenza di questo predatore crea problemi alle aziende agricole di montagna, che periodicamente si vedono predare gli animali al pascolo. Ma non solo, perché il lupo si spinge anche nelle aree di collina e di pianura, facendo incursioni in allevamenti, ma anche all'interno di maneggi e di borghi abitati.


E così gli allevatori lanciano l'allarme. "Siamo esasperati e il rischio concreto è che le aziende agricole di montagna chiudano i battenti", racconta Gabriele Carenini, presidente di Cia - Agricoltori Italiani Piemonte e referente nazionale per la fauna selvatica.


"Noi chiediamo prima di tutto che ci sia un vero censimento, in modo da capire quanti lupi e ibridi di lupo sono oggi presenti sul territorio, visto che i numeri oggi disponibili sono secondo noi sottostimati. In secondo luogo devono essere definite delle soglie per la convivenza tra lupo e uomo ed è poi necessario procedere a degli abbattimenti mirati".

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Lupo: un problema europeo, non solo italiano

Il numero di lupi sta crescendo un po' in tutta Europa e sta creando problemi agli allevatori di mezzo continente. In Croazia le associazioni di allevatori hanno chiesto al Governo di Zagabria di intervenire, mentre nella vicina Austria sono iniziati gli abbattimenti.


Nel distretto di Lienz le autorità locali hanno dato il via libera all'abbattimento di alcuni lupi considerati problematici, in quanto hanno ucciso diversi animali negli allevamenti. E per incentivare l'attività venatoria, gli agricoltori hanno offerto una taglia di mille euro per ogni esemplare abbattuto.

 

In Belgio, dove il numero di lupi è ancora esiguo, gli allevatori rivendicano il diritto di poter sparare agli esemplari che si aggirano intorno al bestiame. E in Francia, dove il numero è di circa mille esemplari, è stata adottata una legge nazionale che semplifica le procedure per gli abbattimenti.

 

Anche in Svizzera il Governo federale ha proceduto in questa direzione. I cantoni potranno infatti decidere autonomamente gli abbattimenti dei lupi che si rivelano problematici per le attività agricole o per l'incolumità delle persone. Spiegano da Berna che nel 2020 gli esemplari erano cento, mentre oggi sono circa trecento. Troppi secondo la Confederazione, che ha suddiviso il territorio in cinque regioni, affermando che non ci possono essere più di uno-due branchi a regione (dodici in tutta la Confederazione).

 

Anche l'Unione Europea sta valutando la possibilità di modificare lo status del lupo, oggi considerato animale a rischio estinzione in Europa e quindi severamente protetto. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a cui un lupo ha ucciso un pony, ha affermato che "la concentrazione di branchi di lupi in alcune regioni europee è diventata un pericolo reale per il bestiame e potenzialmente anche per gli esseri umani". E ha aperto alla revisione dello status a livello europeo.

 

Lupo, anche l'Italia pensa ad una modifica

Mentre Bruxelles ha aperto un tavolo di confronto per raccogliere i diversi punti di vista degli stakeholder, a Roma Marco Simiani e Stefano Vaccari, capigruppo del Pd nelle Commissioni Ambiente e Agricoltura, hanno presentato una proposta di legge per cercare di risolvere la questione.

 

La proposta 1370 si compone di tre punti:

  • Pianificare una strategia di cattura degli ibridi lupo-cane, che verrebbero sterilizzati per ridurne il numero.
  • Creare un fondo per garantire risarcimenti più veloci ed equi agli allevatori colpiti.
  • Creare un fondo per la prevenzione degli attacchi, in modo da sostenere gli agricoltori nell'acquisto di recinzioni, cani da guardia e altri strumenti utili a prevenire gli attacchi.

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La proposta piace alle associazioni di categoria, che però chiedono di fare di più. "Oggi i lupi sono troppi e i loro attacchi minano la sostenibilità economica degli allevamenti di montagna, ma non solo", sottolinea Carenini. "Non è solo una questione di avere risarcimenti congrui e immediati, gli allevatori non vogliono vedere i propri animali sbranati dai lupi".


Secondo Gabriele Carenini i lupi presenti sulle nostre montagne sono troppi e per questo dovrebbe essere adottato prima di tutto un piano di censimento, in modo da capire bene l'entità del problema, e poi effettuare un piano di abbattimenti.

 

"Abbattimenti che devono essere eseguiti dal Corpo forestale o dai guardiaparco, non crediamo che si possa chiedere ai cacciatori di assumersi questo delicato compito", sottolinea Carenini. "Anzi, se fosse necessario credo che dovrebbe intervenire anche l'Esercito, che sicuramente ha a disposizione le più moderne tecnologie, come droni e visori notturni, in modo da poter intercettare i lupi nelle zone montane, che sono oggettivamente difficili da percorrere".

 

Abbattere i lupi o prevenire gli attacchi?

Visto lo status di animale protetto, fino ad oggi ci si è concentrati sul prevenire le uccisioni del bestiame, finanziando l'acquisto di recinti elettrificati e di cani pastore, in grado di tenere lontani i lupi. Si tratta però di strumenti complessi da adottare e non sempre efficaci, che non impediscono quindi le uccisioni.

 

"Almeno sul fronte degli ibridi cane-lupo, non tutelati dalla Direttiva Habitat, io credo che si possa intervenire velocemente con gli abbattimenti. Sono animali pericolosi sia per chi lavora in montagna sia per i turisti e i piccoli centri abitati in pianura", sottolinea Gabriele Carenini.

 

Sul fronte opposto gli studiosi affermano che il lupo è una specie con una complessa dinamica sociale, il cui numero non può esplodere come è accaduto con quello dei cinghiali. Secondo Paolo Ciucci, professore dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", che avevamo intervistato per un articolo dedicato proprio al lupo, questa specie raggiunge un equilibrio con il territorio in cui si insedia e ha un importante ruolo nel regolare la presenza di ungulati.


Uccidere alcuni esemplari mette in moto dei processi interni al branco che portano ad un aumento del numero dei cuccioli. Se invece non si interviene, le popolazioni tendono ad assestarsi nel tempo. Resta da capire se il numero "naturale" di esemplari sul territorio è adeguato anche per gli allevatori.