In Piemonte e Liguria, dove i primi casi di peste suina africana nei cinghiali sono stati osservati nel dicembre del 2021, continua ad aumentare il numero dei selvatici infetti.

Gli ultimi riscontri effettuati dall'istituto zooprofilattico del Piemonte, che risalgono al 12 novembre, confermano ulteriori 14 casi. che fanno salire a ben 983 le positività accertate.

Sale così la preoccupazione che il virus possa estendersi agli allevamenti, cosa peraltro già avvenuta in alcune aziende del Pavese, in Lombardia, dei quali AgroNotizie® si è già occupata nelle settimane passate.

 

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I focolai di peste suina africana in Piemonte e Liguria al 12 novembre
(Fonte: Istituto Zooprofilattico del Piemonte)

 

Un caso in Emilia Romagna 

Di fronte alla crescita del numero di selvatici infetti era prevedibile un estendersi dell'infezione alle Regioni vicine e infatti ecco arrivare la conferma di un caso di peste suina africana riscontrato in un cinghiale rinvenuto in provincia di Piacenza.

Il comune interessato è quello di Ottone e la conferma della presenza del virus è giunta dalle analisi dello Zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia Romagna.

In Regione era già alta l'allerta per la possibile presenza del virus, tanto che nello stesso comune di Ottone erano in atto misure di sorveglianza e prevenzione, fra queste limitazioni agli allevamenti all'aperto e restrizioni alla movimentazione dei suini.

 

 

Forte allarme

Il pericolo infatti è quello che il virus possa passare dai cinghiali ai suini, con danni enormi a un settore di grande importanza per l'economia regionale e nazionale.

Come più volte ricordato da AgroNotizie®, la peste suina africana non colpisce in alcun modo l'uomo, ma è estremamente pericolosa per i suini, nei quali causa elevata mortalità.

Infatti non esistono cure e l'unica strada per fermare il virus sta nell'applicazione di misure draconiane che vanno dall'abbattimento di tutti i suini al blocco della movimentazione degli animali.

I danni sono enormi e coinvolgono l'intera filiera, anche quella delle carni trasformate, i cui commerci interni e internazionali rischiano il blocco.

 

Parola d'ordine, biosicurezza 

La presenza di un cinghiale infetto lascia sospettare una larga circolazione del virus anche nel piacentino.

Per questo si raccomanda agli allevamenti, e non solo da oggi, l'applicazione di severe norme di biosicurezza, adottando misure a livello strutturale e gestionale in grado di ridurre al minimo l'ingresso del virus.

A questo proposito ricordiamo le parole del professor Giuseppe Pulina in una recente intervista rilasciata ad AgroNotizie® sulle strategie adottate in Sardegna per debellare la malattia.

 

Importante collaborare 

Tornando al recente caso dell'Emilia Romagna, questa Regione aveva già destinato risorse per sostenere gli allevamenti nell'innalzare i livelli di biosicurezza, e si è detta pronta a nuovi impegni su questo fronte.

Da tempo, inoltre, è stato istituito un numero telefonico unico (051-6092124) al quale rivolgersi per segnalare il rinvenimento di carcasse di cinghiali.

La segnalazione, che potrà essere fatta da chiunque e non solo da cacciatori, farà scattare l'intervento dell'Azienda Usl competente per territorio, che provvederà alla raccolta dei campioni per confermare o meno l'eventuale presenza del virus.

 

È raccomandata la collaborazione di tutti per identificare precocemente ogni caso e prendere tempestivamente i provvedimenti per evitare l'ulteriore diffusione del virus, che ha la capacità, è bene ricordarlo, di resistere per lungo tempo nell'ambiente mantenendo il proprio potere infettante.

 

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