“Non entro nel merito del prezzo, perché non ho sufficienti elementi per valutare l’andamento del mercato nei prossimi mesi, ma l’accordo firmato ieri sul latte evidenzia una situazione preoccupante in tema di divisioni all’interno del mondo agricolo”.
Così afferma il prof. Gabriele Canali, docente di Economia agraria all’Università Cattolica di Piacenza, sull’accordo siglato da Italatte, Cia e Confagricoltura e disertato da Coldiretti e Copagri.

“Come sempre il mercato del latte resta critico – prosegue Canali e lascia aperto un grave problema di governance e di mercato stesso. Non possiamo dimenticare che da aprile alla fine di luglio non c’è stato alcun prezzo di riferimento. Cedere del latte, così come qualsiasi altro prodotto, senza avere un riferimento economico è impensabile. Per il latte non è un fatto inedito, ma rimane comunque inaccettabile”.

Il professor Canali spezza una lancia in favore delle istituzioni, per l’impegno profuso. “È sicuramente apprezzabile l’impegno dei soggetti pubblici, dall’assessore lombardo all’Agricoltura, Fava, al ministro De Girolamo – dichiara – ma il fatto che si sia reso necessario tale intervento istituzionale mostra la difficoltà del mondo agricolo a raggiungere un risultato. Questo è un tema che deve essere affrontato”.

Ulteriore prova della debolezza del sistema agricolo, secondo Canali, viene confermata dal fatto che “l’accordo non è stato firmato da tutti i sindacati agricoli. La mancanza di sintonia dei produttori la vedo con molta preoccupazione”.
Segnali che lasciano tutt’altro che tranquilli, ammette il professor Canali, al quale non sfugge l’elemento dimensionale della vicenda latte.
“Da un lato è forte ed evidente la concentrazione sul versante degli acquirenti, che di fatto condizionano la filiera nel Nord Italia – spiega -. Dall’altro lato stridono le disposizioni della Pac, che in tema di dimensionamento delle op (organizzazioni di produttori) pongono vincoli per evitare che si creino posizioni dominanti, quando la realtà dei fatti è molto lontana da come se la figurano a Bruxelles. Piuttosto, bisogna affrontare due nodi: la concentrazione degli acquirenti industriali e le divergenze del mondo agricolo”.