I frutteti presi di mira dalla cimice asiatica, nome scientifico Halyomorpha Halys, si moltiplicano: il parassita, in grado di creare danni notevoli, fino alla completa distruzione del raccolto, sta diventando una vera emergenza.
Se nel 2014 i casi preoccupanti nelle regioni maggiormente colpite (Emilia Romagna e Piemonte) non superavano la decina, quest'anno le aziende che hanno subito danni, anche importanti, sono centinaia. La soluzione purtroppo è ancora lontana.

E' stato fatto il punto durante un convegno organizzato da Agrion (ex Creso) e tenutosi a fine novembre a Manta, in provincia di Cuneo, ed è evidente che la strada per vincere questa nuova battaglia è ancora lunga. Durante la giornata di studio e confronto sono stati presentati diversi documenti con il coinvolgimento dell'Università di Torino e dei servizi fitosanitari delle regioni Emilia Romagna e Piemonte.

Un nemico temibile
Originaria dell'Estremo Oriente, la cimice è arrivata negli Stati Uniti nel 2001 e in Europa nel 2004. La prima segnalazione in Italia risale invece al 2012, in provincia di Modena.
E' un insetto dalle caratteristiche insidiose: è polifago, non ha quindi particolari preferenze e attacca qualsiasi pianta, fin anche alle piante ornamentali, si riproduce velocemente e ha una capacità di diffusione esponenziale. Se si considera che negli Stati Uniti, nel solo anno 2010 e solo per quanto riguarda i meleti, la cimice asiatica è stata in grado di provocare danni per 37 mln di dollari è facile dedurre che il problema sia da prendere in seria considerazione.
In Italia è presente anche in Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Particolarmente attaccati melo (varietà preferite Granny Smith e Fuji) e pero, ma anche pesco (nettarine), nocciolo e kiwi.

Strategie di difesa
Puntiamo molto sulle barriere fisiche” ha dichiarato in un'intervista ad AgroNotizie Graziano Vittone, fra i ricercatori dell'Agrion di Manta.

Sono diverse infatti le strategia di difesa che si stanno studiando ma, su tutti i fronti, è ancora lontano il momento in cui si potrà dire che è stata trovata una soluzione definitiva. Pur essendo infatti un problema ben conosciuto negli Usa le strade già percorse oltreoceano non sempre sono applicabili in Europa, per via della diversa legislazione. Sul fronte dei trattamenti la famiglia più efficace è quella dei Piretroidi, ma il problema per questo tipo di prodotti è che risultano dannosi anche per insetti considerati utili.
Si corre quindi il rischio di squilibrare l'ecosistema interno al frutteto.
Efficaci anche gli Organofosforati (Clorpirifos-metile) ma “La difesa chimica non è sufficiente, perché fosse risolutiva andrebbero fatti trattamenti ogni settimana e ciò non è possibile. Non bisogna infatti abusarne”, ha sottolineato ancora Vittone.
 
Cimice asiatica: prove effettuate nel 2015 per stabilire gli insetticidi maggiormente efficaci
Fonte foto: © Agrion

Nel 2016 sarà poi sperimentata l'idea di siti d'attrazione creati sui bordi della superficie produttiva in modo da poter concentrare gli insetti e da poter eseguire i trattamenti solo in quelle fasce (metodo 'Trap and Kill').

Ma la strategia principe in Italia potrebbe essere quella della chiusura dei frutteti tramite reti, utilizzando e modificando le protezioni già molto presenti contro la grandine. La soluzione risulterebbe anche economicamente percorribile, si tratterebbe infatti di modificare la struttura preesistente spendendo una cifra che varia fra i 1000 e i 1500 euro all'ettaro.

Ancora ai primi stadi invece lo studio degli antagonisti naturali dell'Halyomorpha Halys.
Lo studio degli antagonisti naturali richiede tempi molto lunghi – ha continuato ancora Vittone - Gli iperparassiti attaccano e depongono le uova all'interno di quelle delle cimici, ma questi parassitoidi vanno saggiati per capire quale sia il loro grado di parassitizzazione”.

E' una linea di difesa della quale si sta occupando da un anno il Disafa di Torino, il Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell'università con risultati al momento non incoraggianti. L'unico insetto infatti già presente in Italia in grado di attaccare le uova è l'Anastatus sp. Purtroppo però il suo grado di parassitizzazione è inferiore al 20%.