Alla filiera del grano italiano servono più centri di stoccaggio: per graduare nel tempo l'immissione sul mercato all'ingrosso della materia prima ed evitarne repentini crolli di prezzo. E anche per dare certezze alla tracciabilità del frumento ed alla conseguente etichettatura di pane e pasta made in Italy che si intende fatti di semola e farina altrettanto tricolori. Diversamente i cerealicoltori italiani punteranno naturalmente a disinvestire, non potendo lavorare in perdita.

Ecco cosa resta delle mobilitazioni nazionali delle organizzazioni agricole di questa estate 2016, quella di Agrinsieme del 28 luglio e quella di Coldiretti del successivo 29 luglio, volte a non far spegnere i riflettori della politica sulla grave crisi di prezzo del grano, in particolare del frumento duro, che ormai passa di mano a 180 euro alla tonnellata anche nella categoria "fino”.

Numerose le reazioni pervenute,a cominciare da quella di Italmopa - che rimarca l'impossibilità di non importare grano - e degli assessori all’agricoltura di due Regioni meridionali: Basilicata e Sicilia, che rilanciano sui Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 una quota del Piano cerealicolo. Mentre al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, è stata conferita da Coldiretti la tessera di socio ordinario dell’organizzazione, per le sue ripetute prese di posizione in favore della “guerra del grano”.

Coldiretti: fermare l'import selvaggio 
Coldiretti, in particolare, insiste sull’esigenza di arrivare in tempi brevi ad un’etichetta obbligatoria per pane e pasta prodotti con farina e semola di grano italiano, mentre il ministero per le Politiche agricole è più prudentemente attestato per un’etichettatura su basi volontarie.
Il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, invece, alza il tiro e chiede anche “l'indicazione della data di raccolta (anno di produzione) del grano assieme al divieto di utilizzare grano extra comunitario oltre i 18 mesi dalla data di raccolta”.
 
Con un obiettivo:Fermare le importazioni selvagge a dazio zero che usano l'agricoltura come mezzo di scambio nei negoziati internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale".
 
“Le quotazioni dei prodotti agricoli - denuncia la Coldiretti - dipendono sempre meno dall'andamento reale della domanda e dell'offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie speculative che trovano nel Chicago Board of Trade, il punto di riferimento del commercio mondiale delle materie prime agricole su cui chiunque può investire anche con contratti derivati".
"Le analisi del ministero delle Politiche agricole presentate al tavolo sulla crisi dei cereali
- continua la Coldiretti - hanno però anche permesso di smascherare che la speculazioni in atto sul prezzo dei grano colpiscono soprattutto i coltivatori italiani con i prezzi che sono praticamente dimezzati rispetto allo scorso anno per il grano duro. Il risultato è che oggi il grano duro per la pasta viene pagato anche 18 centesimi al chilo mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro del granaio Italia”.
 
Agrinsieme: più centri di stoccaggio, qualità del grano e promozione della pasta
Agrinsieme pone l’enfasi sulla necessità, al fine di realizzare una reale tracciabilità del grano italiano e la promozione della pasta fatta in Italia con grano italiano, di puntare su interventi integrati “con un ruolo attivo delle imprese agricole nelle fasi di stoccaggio per l’innovazione e ammodernamento della cerealicoltura”.
 
Lo stoccaggio è il comparto che presenta maggiori criticità: "Soprattutto i centri dei consorzi agrari, in alcuni casi, sono quasi in abbandono. Bisogna ricostruire questo comparto in una logica delle imprese, veloce, dinamico e di qualità" denuncia Agrinsieme.
 
Sempre Agrinsieme, sostiene quanto sia necessario il miglioramento della qualità delle produzioni cerealicole con “investimenti in ricerca per una disponibilità di seme certificato autoctono e di grande qualità, in condivisione con l’industria”.
 
Italmopa, import di grano diminuito del 61% a luglio 2016
“Le importazioni di frumento duro hanno fatto registrare dall’inizio del mese di luglio, ovvero nel corso delle prime 4 settimane della corrente campagna di commercializzazione, una riduzione del 61% circa rispetto allo stesso periodo della precedente campagna".
Lo rende noto Italmopa, Associazione industriali mugnai d’Italia, l’associazione di categoria aderente a Federalimentare e Confindustria, sulla base dei dati forniti dal sistema comunitario di sorveglianza doganale Taxud.
 
Nel corso di tale periodo, sono state infatti importate, in Italia, 65.000 tonnellate circa di frumento duro rispetto a 170.000 tonnellate circa importate nel corso dello stesso periodo della precedente campagna di commercializzazione. Le importazioni di frumento tenero, da parte loro, si sono attestate in circa 26.000 tonnellate, anche in questo caso in forte riduzione rispetto alle importazioni registrate nel medesimo periodo del 2015.
 
“La riduzione delle importazioni, nel corso delle prime settimane dell’attuale campagna di commercializzazione, è riconducibile all’esito quantitativo dei raccolti nazionali frumento tenero e frumento duro. Il raccolto nazionale frumento duro, secondo le nostre stime, avrebbe raggiunto 5,5 milioni di tonnellate di cui 4,7 milioni circa destinati all’Industria molitoria mentre la produzione di frumento tenero dovrebbe attestarsi a ridosso di 4 milioni di tonnellate precisa Ivano Vacondio, presidente Italmopa.
 
“Nonostante i raccolti nazionali si siano situati sui livelli più elevati dell’ultimo decennio, essi risultano ancora quantitativamente deficitari rispetto al fabbisogno dell’Industria. Le importazioni di frumento risultano pertanto, cosi come in passato, assolutamente indispensabili per garantire l’approvvigionamento dell’Industria molitoria e sono quindi complementari e non alternative alla produzione nazionale. Per di più, esse risultano, tenuto conto del loro livello qualitativo, particolarmente onerose con delle quotazioni che si situano mediamente su livelli superiori del 20% rispetto alla produzione nazionale. Affermare il contrario significa voler essere scientemente in cattiva fede" conclude Vanacodio.

Italmopa poi sottolinea l'assoluta carenza di centri di stoccaggio per il grano italiano, per cui l'approvvigionamento di risorsa nazionale risulta sempre più dispersivo e oneroso per i molini.
 
Sicilia, Cracolici: sosteniamo proposte Coldiretti
“Verrà presentata in giunta una proposta di risoluzione con la quale il governo regionale si impegna a sostenere nei tavoli nazionali e comunitari le proposte avanzate dalla Coldiretti, assieme ad altri interventi di supporto al comparto predisposti dall’assessorato regionale Agricoltura, mentre è stato già convocato per giovedì prossimo alle 12 il primo tavolo tecnico sulla cerealicoltura siciliana.”
 Lo ha detto l’assessore regionale all’agricoltura della Sicilia, Antonello Cracolici, durante la manifestazione di Coldiretti a Palazzo d’Orleans contro il crollo del prezzo del grano.

“La mozione che presenteremo in giunta impegnerà il governo a sostenere azioni a difesa della tracciabilità di origine dei prodotti trasformati dal grano e sul superamento dell’attuale regime comunitario che prevede l’importazione a dazio zero di alcuni prodotti della filiera agroalimentare che favoriscono la concorrenza sleale" continua Cracolici.

“Con le misure del Psr 4.1 e 4.2 verranno favoriti investimenti per realizzazione di impianti per lo stoccaggio e la trasformazione dei grani prodotti in Sicilia. Nella nuova programmazione agricola sono stati inseriti anche criteri di premialità per l’aggregazione tra i produttori - sottolinea l'assessore siciliano - negli investimenti condivisi promossi da più aziende agricole sono previsti incentivi per la quota di contributo a fondo perduto che sarà del 70%, invece che del 50% come nella maggior parte delle misure”

Basilicata: un tavolo regionale per la filiera cerealicola
“Proviamo a cambiare le politiche agricole della nostra regione - afferma l’assessore alle Politiche agricole e forestali della Basilicata, Luca Braia, al termine delle due giornate di manifestazione degli agricoltori del comparto cerealicolo organizzate da Cia e Coldiretti - con scelte più decisive. Abbiamo costruito un nuovo Psr 2014-2020 con il coinvolgimento delle associazioni di categoria caratterizzandolo con una gestione della risorsa economica che prova a dare risposta alle criticità del comparto”.
 
Braia ancora afferma: ”Istituiremo un tavolo permanente della cerealicoltura in Basilicata perché la cerealicoltura è uno dei pilastri della nostra economia agricola. Oggi più che mai dobbiamo organizzare le filiere mettendo insieme chi produce, chi trasforma e chi vende. Una filiera ha senso solo se tutti gli attori sono insieme e dovranno anche stabilire il prezzo attraverso contratti di filiera e accordi stipulati prima della semina. Abbiamo provato a mettere in campo nei bandi Psr già emessi e in quelli di prossima uscita una politica diversa che col tempo ci darà risultati”.

La Regione Basilicata ha incrementato i premi ad ettaro per le misure a superficie del Psr 2014-2020 rispetto alla precedente programmazione per quanto riguarda l’agricoltura biologica e integrata di circa il 70%.

“Abbiamo introdotto tecniche agronomiche innovative che rispettano l’ambiente come ci chiede l’Europa, quali la semina su sodo e la minima lavorazione che permettono di lavorare di meno e produrre di più" ha sottolineato infine Braia.