Tra il 2 e il 17 maggio scorsi una serie di drammatici eventi meteorologici con carattere alluvionale ha flagellato buona parte della Romagna.
Al netto dei lutti, degli immediati danni morali e materiali - oltre che degli sconvolgimenti economici, sociali e culturali che ne deriveranno - la furia delle acque ha mietuto migliaia di alberi.

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Difficile ad oggi formulare stime di quanta parte del patrimonio arboreo urbano sia andata perduta, così come non appare al momento chiara nemmeno l'esatta dinamica dei numerosi cedimenti, comunque perlopiù legati alla perdita di capacità coesiva dei suoli soggetti a sommersione e al ricorso di episodi franosi o di processi erosivi di varia natura.


Mentre ancora si ode il suono delle motoseghe sulle distese di fango e detriti, diviene spontaneo e urgente interrogarsi su quali saranno le conseguenze di medio e lungo periodo dell'alluvione subita: compito tutt'altro che agevole, vista l'eccezionalità dell'evento e, dunque, la quasi totale assenza di specifica bibliografia al riguardo.

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Di seguito alcune suggestioni tese ad evidenziare per punti i problemi che ci attendono sotto il pelo dell'acqua stagnante.

  • Sommersione. Le radici respirano; per questo motivo le perduranti condizioni di asfissia - peraltro occorse in un momento di piena attività vegetativa - avranno conseguenze imprevedibili sulla vitalità degli esemplari che le hanno subite.
  • Interramento. L'acqua ha portato con sé enormi quantità di limo e argilla, tanto da causare imponenti variazioni del piano di campagna; tali variazioni contribuiranno all'asfissia, ma comporteranno anche una brusca modifica nella microflora e microfauna del suolo, oltre che una alterazione dei processi di decomposizione della sostanza organica.
  • Patologie. Asfissia, modifica della microbiologia del suolo e alterazione dei cicli organici potranno promuovere evoluzioni inattese di patologie già in atto o insorgenza di nuove minacce ad oggi sconosciute o ritenute marginali.
  • Inquinamento. L'acqua che ha invaso campi e città non era "solo" acqua, ma una sospensione di sostanze potenzialmente tossiche o comunque nocive, in grado di causare profonde modifiche nel metabolismo arboreo.
  • Stabilità. Molti alberi sono caduti nell'immediatezza dell'evento, ma almeno altrettanti - o forse molti di più - hanno resistito, pur restando variamente menomati nelle loro capacità di autosostentamento.


Solo l'osservazione, lo studio attento e responsabile e la ricerca potranno dire se i problemi sopra richiamati si riveleranno almeno in parte insormontabili o se, ancora una volta, la proverbiale resilienza dell'universo arboreo potrà stupirci.

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Nel frattempo è possibile orientare le attività in tre direzioni principali.


Innanzitutto, tecnici e arboricoltori sono richiamati al principio della prudenza: niente scelte avventate o processi per tentativi. Meglio evitare ogni ulteriore possibile stress ad esemplari già così gravemente provati e, se possibile, ridurre scavi e potature, limitandosi all'essenziale.


In secondo luogo si deve imparare da ciò che è accaduto. L'alluvione, democraticamente, ha colpito alberi di diverse specie, caratterizzati da peculiarità anagrafiche e morfofisiologiche assai difformi e radicati in contesti del tutto diversi; lo studio incrociato di questi elementi permetterà di orientare le scelte future, sia in termini gestionali che, non da ultimo, progettuali.


In terzo luogo, non sapendo se, quanto e come sopravviveranno i nostri alberi, incominciare da subito le campagne di impianto dei nuovi esemplari, gli alberi del futuro: non facciamoci trovare impreparati.

 

Forse ciò che è accaduto nel maggio 2023 è la più spaventosa espressione del cambiamento climatico in atto; forse è solo il ripetersi di una eccezionalità precipitativa che ci coglie con cadenze che travalicano la nostra memoria individuale. Di certo le gravi conseguenze di episodi alluvionali come questo sono amplificate dall'attività antropica.

 

Di fronte a tutto questo gli alberi non sono il problema, sono la soluzione; cosa sarebbe accaduto se le città fossero state prive di alberi? Mitigazione climatica, gestione degli eccessi idrici, riduzione del ruscellamento, aumento della permeabilità dei suoli, consolidamento spondale, abbattimento degli inquinanti sono solo alcuni dei più ovvi, documentati e inderogabili vantaggi che derivano dalla convivenza con gli alberi.

 

Anni difficili attendono uomini e alberi: se ne potrà uscire solo insieme.

 

Giovanni Morelli, Associazione Pubblici Giardini, Delegazione Emilia Romagna


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