Nelle aziende agricole il lavoro di familiari, come moglie e figli, ma anche di zii e cugini, è sempre stato molto diffuso. I cicli delle colture richiedono infatti, in specifici periodi dell'anno, l'apporto di manodopera extra, che spesso arriva appunto da familiari, ma anche da amici e vicini. Quando però una persona viene a lavorare nell'azienda agricola il titolare deve valutare bene se sia necessario stipulare un contratto di lavoro e a quali oneri (ad esempio assicurativi e previdenziali) debba fare fronte.

 

Grazie al supporto di ConsulenzaAgricola.it, in questo articolo cercheremo di spiegare in modo semplice quali sono gli obblighi che deve assolvere l'agricoltore quando intende far lavorare in azienda coniugi, figli e parenti, amici. Vediamo caso per caso.

 

Il lavoro della moglie (o del marito)

Un agricoltore (coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale) non può assumere in azienda la propria moglie poiché il legislatore ritiene che il lavoro del coniuge sia di principio svolto a titolo gratuito, come apporto solidaristico all'attività familiare.

 

La moglie presta dunque il suo contributo come "collaboratore familiare", in maniera gratuita e senza vincolo di subordinazione. Se il lavoro è abituale e prevalente occorre l'iscrizione all'Inps, l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, e contestualmente all'Inail, l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, come previsto dalla normativa in ambito agricolo, con i relativi versamenti.

 

La moglie non può dunque essere mai assunta con un contratto di lavoro subordinato? In linea di principio sì, ma solamente nel caso in cui si riescano a dimostrare alcune caratteristiche del rapporto di lavoro stesso:

  • La natura onerosa della prestazione (la moglie deve essere pagata).
  • La presenza costante della moglie presso la sede di lavoro (non può andare e venire a piacimento, ma deve essere vincolata al posto di lavoro, ad una scrivania o ad una postazione).
  • Il rispetto dell'orario di lavoro e di eventuali turni (davanti a un ispettore può essere utile mostrare la timbratura di cartellini, una tabella degli orari, la richiesta scritta di ferie e permessi, eccetera).
  • Il vincolo di subordinazione e quindi il rispetto delle direttive del datore di lavoro (deve essere dimostrabile che l'agricoltore ha impartito ordini precisi circa il lavoro da svolgere).

 

E se l'agricoltore non è sposato, come si inquadra il lavoro della "compagna"? In questo caso bisogna prendere in considerazione altri fattori. Se la donna è convivente allora si desume la gratuità del lavoro (e ci si comporta come se fosse la moglie) ma non è esclusa nemmeno la possibilità di instaurare un rapporto di lavoro subordinato. Ogni situazione va esaminata singolarmente. Se si è invece divorziati decade il vincolo del matrimonio e dunque può essere assunta.

 

I lavoro di figli, parenti e affini

Discorso simile può essere fatto per figli, parenti e affini fino al sesto grado (di seguito parleremo generalmente di parenti). Anche in questo caso i parenti possono lavorare in azienda agricola, ma si suppone che lo facciano a titolo gratuito, come contribuzione solidaristica alle attività agricole.

 

Dunque, l'agricoltore non può assumere un parente nella propria azienda agricola. Ma il suo lavoro si inquadra nella "collaborazione familiare". Come per la moglie, il familiare lavora a titolo gratuito e senza vincolo di subordinazione. Ma nel caso in cui l'apporto di lavoro sia abituale e prevalente, scatta l'obbligo di iscrizione all'Inps e all'Inail.

 

Il lavoro non è considerato abituale o prevalente se il parente è pensionato, se è assunto a tempo pieno da un altro datore di lavoro.

 

Figli e parenti possono comunque essere assunti con un contratto di lavoro subordinato, ma per evitare che questo venga stipulato con l'unico scopo di far maturare la posizione pensionistica, il legislatore ha posto dei paletti stringenti.

Il datore di lavoro deve infatti poter dimostrare:

  • La natura onerosa della prestazione (il parente deve essere pagato).
  • La presenza costante del parente presso la sede di lavoro (non può andare e venire a piacimento, ma deve essere vincolato al posto di lavoro, ad una scrivania o ad una postazione).
  • Il rispetto dell'orario di lavoro e di eventuali turni (davanti a un ispettore può essere utile mostrare la timbratura di cartellini, una tabella degli orari, la richiesta scritta di ferie e permessi, eccetera).
  • Il vincolo di subordinazione e quindi il rispetto delle direttive del datore di lavoro (deve essere dimostrabile che l'agricoltore ha impartito ordini precisi al parente circa il lavoro da svolgere).

 

Nota generale: L'assunzione di un familiare, della moglie o di un parente può invece avvenire nel caso in cui il datore di lavoro è una società di capitali (ad esempio una Srl).

 

Il lavoro di amici in azienda

Può capitare che in alcuni periodi dell'anno l'agricoltore abbia necessità di manodopera extra e che si rivolga ad amici, soggetti cioè che non hanno alcun vincolo di parentela con il titolare. In questo caso come ci si deve comportare?

 

Non essendo parenti o familiari il legislatore presuppone che il lavoro sia di tipo oneroso e dunque deve essere pagato poiché non viene svolto per solidarietà nei confronti dell'azienda agricola.

 

Per questo motivo, anche se di breve durata, il lavoratore amico deve essere assunto con un contratto di lavoro a tempo determinato (o con altra forma prevista dalla legge) regolato dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro in Agricoltura. Deve dunque essere aperta una posizione all'Inps e all'Inail, devono essere versati i contributi, eccetera.