Giuseppe Iacobucci lo ripete come un mantra: "L'agricoltura è cambiata, ci vogliono organizzazione e aggregazione. Non si può più andare in ordine sparso, è l'unico modo di aumentare i margini".
Iacobucci è l'amministratore delegato della Op Cereali Centro Sud, come altre Op e come tanti consorzi è fra coloro che credono nei contratti di filiera.

La Op ha siglato un accordo con La Molisana, entrato in operatività nel 2017. L'organizzazione, che comprende quattro cooperative associate, può contare su 10mila ettari, la maggior parte a grano duro. Nel 2018, 2.400 ettari sono stati messi sotto contratto per circa 110mila quintali di prodotto: "In un anno abbiamo raddoppiato gli ettari sotto contratto" ha raccontato ancora Iacobucci al telefono. "L'aggregazione è positiva e con questi prezzi altalenanti è l'unico modo per assicurarsi un reddito".

Le fluttuazioni di mercato sono un grosso problema per i cereali, l'incertezza del prezzo pesa sui pensieri degli agricoltori, ma con un contratto che stabilisce un prezzo minimo, a certe condizioni di qualità, e il ritiro di un tot di prodotto, sempre ammesso che si rispettino i paletti fissati, ci si sottrae di fatto alle logiche di mercato.
Cristiano Corradi, agricoltore emiliano che conferisce alla Coop Capa Cologna, da anni aderisce ai contratti di coltivazione per il grano duro, anche se non per il 100% della sua produzione. Nel 2018, degli 80 ettari che conduce, 21 sono stati dedicati al grano duro: "Le annate possono andare meglio o peggio - ci ha raccontato - ma è fuori dubbio che i contratti diano garanzie in più. Certo, ottenere la qualità richiesta non è facile, richiede un certo impegno e c'è sempre l'incognita meteo, ma con il continuo abbassamento dei prezzi, conviene".

Chi ha grande esperienza di contratti di filiera è Barilla, dopo le prime sperimentazioni degli anni '90, i primi accordi sono stati stipulati più di dieci anni fa. In Emilia Romagna, dove si è iniziato a lavorare con questa modalità fin dal 2006, c'è la possibilità di aderire a contratti del progetto 'Grano duro sostenibile'.

Secondo i dati dell'azienda emiliana gli agricoltori che hanno aderito, hanno aumentato le rese del 20% e diminuito i costi di produzione fino al 30%. I contratti triennali stipulati da Barilla nel 2016 coinvolgono una superficie di 65mila ettari in tutta Italia. A giocare un ruolo è la maggiore attenzione dei consumatori all'utilizzo di grano italiano per produrre pasta, ciò induce le industrie e ricercare grano duro di qualità italiano per poter spendere in confezione le parole magiche: '100% da frumento italiano', meglio ancora se biologico.

Ormai molti brand di pasta, riconosciuti a livello mondiale, non possono più fare a meno di avere una linea dedicata al grano italiano di qualità. Fra questi anche Casillo Group, che proprio di recente ha siglato un protocollo d'intesa triennale con l'Asp Vincenzo Zaccagnino. L'azienda pubblica pugliese dedica ora 600 ettari al contratto di filiera, seguendo i protocolli concordati con la Casillo.
Patrizia Lusi, presidente dell'Asp, è entusiasta e ci tiene a sottolineare che, al contrario di quanto pensano in molti, i contratti non sono una costrizione, non sono rigidi, ma anzi in continua evoluzione: "Sono dinamici, si crea un vero rapporto con l'azienda alla quale si conferisce, io credo che oggi non si possa lavorare se non con contratti di filiera".

L'Asp Zaccagnino è azienda pubblica ma si sostiene solo con gli introiti che arrivano dall'annata agraria. Prima dell'arrivo di Patrizia Lusi, il grano prodotto sui circa 600-700 ettari dedicati, dei 2.300 di proprietà dell'Asp, era venduto tramite aste pubbliche, cui partecipava di solito un unico offerente. Il prezzo raggiunto a quintale non superava mai i 19 euro, oggi invece, con il contratto con Casillo Group, l'Asp ha ottenuto la garanzia del ritiro e diverse fasce di prezzo, a seconda del contenuto di proteine raggiunto, del peso specifico e di altre caratteristiche di qualità desiderate dal committente. Si va da un prezzo minimo di 26 euro (proteine fra 13,5 e 15) fino a un massimo di 31 euro a quintale (oltre 15 di proteine). Quando non si raggiunge la qualità richiesta, allora si fa riferimento ai prezzi della Camera di commercio di Foggia, ma il prodotto viene comunque ritirato.

"Grazie a questo contratto - ha continuato la Lusi - abbiamo provato sementi interessanti, che garantiscono un buon risultato in termini di proteine e ora stiamo ragionando su altre sperimentazioni, vorrei provare Senatore Cappelli l'anno prossimo per esempio, e sulla possibilità di dedicarci all'agricoltura di precisione. Con i contratti di coltivazione si inizia a valutare la possibilità di investire".
Anche gli agricoltori che hanno aderito al contratto con La Molisana, tramite la Op Cereali Centro Sud, sono stati costretti a investire in qualità: "Tecniche innovative secondo il disciplinare concordato, rispetto dell'ambiente, centraline meteo che sono in grado di anticipare le avversità, utilizzo di prodotti di alta qualità per fare difesa e per dare nutrimento alla coltura, l'utilizzo di seme certificato (varietà Maestà della CGS Sementi), concordato con La Molisana, portano risultato. Difficilmente non si raggiunge il minimo di 14,50 di proteine per il quale vengono pagati 27 euro a quintale. Se si va sotto, si ragiona ai prezzi di mercato, ma bisogna proprio avere condizioni meteo avverse", testimonia ancora Iacobucci, ad della Op Cereali Centro Sud.

Anche Marco Cappelli, responsabile settore cereali per il Consorzio Terrepadane che conta 2mila soci, concorda sul fatto che i contratti diano stabilità: "Qui non si parla di produzioni spot, si costruisce con il molino un rapporto continuativo, ci sono tavoli di confronto, viene riconosciuta una premialità in cambio di qualità e in cambio del fatto che l'agricoltore si impegna a seguire determinate indicazioni, che comportano un certo sforzo, e a consegnare un prodotto con certe caratteristiche".
Terrepadane lavora da molti anni con Barilla ma sta costruendo rapporti anche con altri soggetti: con Molino Grassi per il biologico e con Casillo. "Oggi circa il 70% del grano duro conferito è in contratto di coltivazione ma puntiamo a raggiungere in tempi brevi il 100%. Abbiamo contratti di filiera anche per il grano tenero, in cinque anni siamo passati da 30mila quintali agli attuali 90mila. Il punto è - continua ancora Marco Cappelli - che così si sfugge agli sbalzi di mercato, in più, il socio che aderisce ai contratti ottiene l'assistenza dei nostri tecnici in modo da raggiungere la qualità richiesta".

Cereali apripista ma i contratti di filiera possono essere applicati ad altre colture. "Stiamo portando avanti anche un contratto di filiera per la produzione di mandorle. Stiamo guardando a colture innovative. I contratti partono a giorni e il nostro obiettivo per il primo anno è di 100 ettari, ma poi in tre anni vogliamo arrivare a 500. Abbiamo fatto un bel progetto con un'azienda locale che produce confetti, la Dolceamaro", ha concluso Giuseppe Iacobucci.