Di certo c’è solo che l’agroalimentare europeo non ne uscirà adeguatamente protetto senza un accordo transatlantico di libero scambio. E, per dovere di cronaca, parliamo di un volume d’affari che nel 2015 ha superato i 19 miliardi di euro, con gli Stati Uniti primo paese per l’export comunitario in termini di materie prime agricole, wine & food.

È forse presto scrivere sentenze, ma l’affermazione sul fallimento del Ttip rilasciata nei giorni scorsi ai microfoni della Zdf da Sigmar Gabriel, vice cancelliere e ministro dell’Economia della Germania, è stata dirompente a sufficienza. Sarà davvero così?
Ritengo che i negoziati con gli Stati Uniti siano de facto falliti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente”. Insomma, la Germania del rigore rompe gli indugi e – attraverso un ministro di peso – toglie il velo a quello che per molti addetti ai lavori era ben più di una sensazione.

D’altronde, come ha precisato ancora il ministro Gabriel, in 14 round negoziali le parti non hanno trovato alcuna intesa sui 27 capitoli in discussione. “I negoziati con gli Stati Uniti non sono riusciti, perché gli europei non possono capitolare alle richieste americane”, ha sottolineato ancora il ministro tedesco.
Qualcuno fra gli analisti politici ha avanzato anche l’ipotesi che si sia trattato di una mossa in vista delle elezioni in Germania, con una captatio benevolentiae verso i molti tedeschi che avevano espresso parere negativo nei confronti del Ttip, con tanto di manifestazione a Berlino in cui sono scesi in piazza, nei mesi scorsi, oltre 250mila persone.
Anche la Francia, lo scorso luglio, aveva in verità dato per archiviato il Ttip, ma mai con dichiarazioni ufficiali provenienti da esponenti di governo.

Sulla questione è intervenuto anche Paolo De Castro, rapporteur permanent per il Ttip in Commissione Agricoltura al Parlamento europeo. Fra l’altro proprio il capitolo sull’agroalimentare, che in verità “peserebbe” per meno del 5% di tutto il pacchetto di libero scambio, rivestirebbe un ruolo molto delicato per l’esigenza di protezione delle indicazioni geografiche europee sul mercato a stelle e strisce.

Stupisce la dichiarazione del ministro dell’Economia tedesco – ha commentato De Castro - principalmente perché sarà possibile dare dei giudizi solo a negoziato concluso, e non è certo questo il momento e non vi sono round negoziali in corso.
Sembra una dichiarazione pensata a scopo elettorale, anche perché nel vertice di fine giugno tutti i capi di governo europei hanno confermato il mandato all’unanimità alla commissione per continuare a negoziare
”.

E anche per la posizione americana, ha proseguito l’ex ministro del governo Prodi, “bisognerà attendere la conclusione della campagna elettorale per capire quale sarà la direzione che verrà adottata dall’amministrazione statunitense. Ad ogni modo è bene specificare che nessuna delle parti ha ceduto, i negoziati si stanno svolgendo, e anche se al momento un accordo sembra molto distante non credo però che si possa parlare di fallimento definitivo”.

È tuttavia chiara la posizione di entrambi i candidati alla presidenza americana. Sia Donald Trump che Hillary Clinton hanno da tempo reso noto di non essere favorevoli ad accordi di libero scambio. E questo vale anche con gli alleati dell’Ue. E ormai può dirsi sicuro che sotto la presidenza di Obama non si raggiungerà alcuna intesa.

La Commissione europea sta negoziando il Ttip sulla base di un mandato conferito all’unanimità dagli Stati membri. Spetta alla Commissione condurre il negoziato. In questa difficile fase negoziale è necessario assicurare alla Commissione il massimo del supporto per consentirle di raggiungere il risultato ambizioso che gli stessi governi europei giustamente pretendono. Se si vuole invece ritirare il mandato e interrompere definitivamente le trattative con gli Usa occorre agire nei modi previsti dai trattati e nelle sedi opportune”.

Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che ha aggiunto: “Indebolire ulteriormente le istituzioni europee, che i nostri governi si sono invece in più occasioni recentemente impegnati a rafforzare, con un costante fuoco amico di dichiarazioni ad uso interno, è controproducente e contrario agli obiettivi che proprio in materia di Accordo transatlantico di libero scambio i leader hanno confermato in occasione del Consiglio europeo di giugno.
Aggiungo che sarebbe in ogni caso estremamente difficile trovare una ragione che giustifichi l’interruzione delle trattative con il nostro principale partner economico e politico, dopo appena due anni e mezzo di negoziato, quando per chiudere un accordo meno ambizioso con il Canada ce ne sono voluti ben sei. Ed è evidente che se ciò accadesse l’Europa non avrebbe più alcuna credibilità per condurre un qualsivoglia negoziato commerciale
”.