È a Bruxelles che si decidono le politiche di indirizzo dell'agricoltura e della zootecnia. Gli allevatori lo sanno e hanno spesso subìto le conseguenze di scelte errate, a volte condizionate da lobby di interesse (e il pensiero corre ai finanziamenti ai privati che producono carne artificiale) o da tensioni ambientaliste prive di logica (come l'equiparazione delle stalle bovine alle industrie più inquinanti).

Sino a ieri le rimostranze del mondo produttivo contro tali scelte sono spesso cadute nel vuoto.

Difficile farsi ascoltare quando la rappresentatività è modesta, o quando ci si presenta con più voci, magari fra loro in disaccordo.

 

Un nuovo protagonista

Il mondo della carne, finalmente, sembra aver appreso la lezione e ha deciso di cambiare strategia.

Con un'intesa che taluni definiscono storica, e che tale potrebbe essere se sarà condotta in porto con determinazione, le associazioni europee del mondo della carne hanno deciso di darsi un'organizzazione unica.

 

Si chiama Selma, acronimo di Sustainable European Livestock & meat association, e riunisce i produttori di carni bovine e dei ruminanti in genere, dunque ovini e caprini.

Chissà se in futuro si riuscirà a realizzare analogo sodalizio per avicoli e suini.

Intanto prendiamo atto di questo primo passo, che vede coinvolte le organizzazioni di 6 paesi europei, fra le quali l'Italia (il dettaglio nel riquadro che segue).

Non solo grandi produttori di carne, come Francia e Polonia, ma anche nazioni come la Grecia, dove la maggior parte della carne consumata è di importazione.

 

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I partecipanti

Interessante la “composizione” di Selma, che al suo interno annovera organizzazioni di prodotto con un'ampia rappresentatività dell'intera filiera, dalla produzione alla trasformazione.

La loro contemporanea presenza assume particolare importanza, in quanto gli interessi dei due segmenti, produzione e trasformazione, possono apparire divergenti e conflittuali, generando divisioni che arrecano danni alle prospettive di crescita per entrambi.

 

Può sembrare un segno di debolezza l'assenza di una rappresentatività dei consumatori, forse più complessa da realizzare, specie a livello europeo.

Limite che potrà forse essere superato in futuro, ma che non compromette i possibili futuri risultati.

 

L'importanza della comunicazione

Se molto dipenderà dalla capacità di dialogare con le istituzioni europee, non meno importante sarà l'efficacia con la quale Selma saprà farsi riconoscere sul piano della comunicazione.

I movimenti ambientalisti e animalisti fanno scuola in questo campo, capaci come sono di convincere l'opinione pubblica sulle "colpe" (inesistenti) degli allevamenti intensivi o sulla presunta (e sconfessata) dannosità della carne.

 

Un contributo di Selma a ripristinare la verità sulla sostenibilità degli allevamenti non potrà che essere utile al raggiungimento dell'obiettivo principale, che è quello di un corretto indirizzo delle politiche zootecniche a livello europeo. Promuovendo e incentivando al contempo la sostenibilità ambientale, sociale ed economica degli allevamenti, in particolare dei bovini.