Ex cooperativa socialista, Vod Kàmen è rimasta nella forma societaria un'organizzazione di produttori, con lo scopo di aggregare diversi indirizzi produttivi.
La superficie coltivata ammonta a 1.950 ettari destinata a seminativi (1.450 ha), colza (300 ha), mais (250 ha), patate (200 ha), ma anche a diverse tipologie di cereali (in particolare frumento) e erbai per i mangimi degli animali.
Solo il 5% delle terre è di proprietà dei soci.
Dalle dimensioni non si tratta di una delle circa 300 realtà cooperative agricole della Repubblica Ceca, ma una delle più importanti.
Proprio con riferimento alla coltivazione di patate, la cooperativa ha avviato un processo di lavorazione del prodotto, con tanto di lavaggio e insacchettamento. La vendita finale si rivolge, con soddisfazione economica, a pub e supermarket.

Ciò che invece oggi è in sofferenza è il settore dell'allevamento. I numeri sono significativi: circa 2mila capi di razza Fleckvieh, una pezzata rossa a duplice attitudine dell'area ceca, che produce complessivamente 6,5 milioni di litri di latte all'anno.
"Oggi il prezzo di mercato non è soddisfacente, come in tutta Europa - dichiara Josef Hoycek, presidente di Vod Kàmen - e si aggira intorno a 6,20 corone ceche al litro (circa 23,7 centesimi di euro, ndr) e si colloca al di sotto dei costi di produzione".

L'elevato numero di capi allevati ha portato nel 2011 alla scelta di costruire un impianto di biogas.
"Con le nuove normative sull'ambiente - ricorda il vicepresidente, Marian Bily - avremmo dovuto costruire quattro o cinque vasche per lo stoccaggio dei liquami, ma sarebbe stato un investimento improduttivo. Per cui abbiamo deciso di costruire un impianto per la produzione di biogas, alimentato con i reflui zootecnici, mais, ceppi di quercia, scarti e bucce di patate, dalle quali precedentemente abbiamo ottenuto etanolo, distillandole insieme a 5-600 tonnellate di grano e orzo".
La produzione dell'impianto è di 6,4 milioni di kilowattora all'anno. Di questi, il 10% è assorbito dal fabbisogno aziendale, mentre il restante 90% viene venduto e, assicurano i vertici della società, "è quello che ci mantiene in vita".

Sono stati diversi i progetti finanziati con il sostegno delle misure dello sviluppo rurale, circa una ventina nel corso degli anni. Fra questi, appunto, la costruzione di una moderna stalla per bovine da latte, quello per la lavorazione, la preparazione e l'insacchettamento delle patate.

(Fonte foto: © Cornelia Smet - Dg Agri Eu)

Per le dimensioni della cooperativa gli occupati sono numerosi: 105 persone in totale, impiegate nell'area amministrativa (undici persone), nella filiera di lavorazione delle patate (circa venti), mentre il resto si occupa dei campi e dell'allevamento. Le operazioni colturali più importanti, come ad esempio la raccolta, vengono affidate ai contoterzisti.

Il fatturato complessivo è stato, nel 2015, di 165 milioni di corone (pari a circa 6,1 milioni di euro), ottenuti per un 10% dalla vendita di energia elettrica grazie al biogas, per il 50% dalle produzioni animali e per il 40% dai seminativi e dalla filiera delle patate.
"Quest'anno, tuttavia, proprio per la crisi dei prezzi del latte prevediamo di segnare una perdita di circa 9-10 milioni di corone (cioè fra i 333mila e i 370mila euro)", preconizza sconsolato Marian Bily.

Si mantiene invece ancora in equilibrio il settore dei bovini da carne, sia nel caso si vendano a peso leggero per l'ingrasso che al giusto peso di macellazione. Molti animali sono conferiti nella confinante Austria, al peso di 430 chilogrammi.

Quali soluzioni adottare per la crisi lattiera? Il presidente della cooperativa Vod Kàmen non ha dubbi: "Bisogna assolutamente togliere l'embargo alla Russia, perché è stata una delle principali cause del crollo dei prezzi. Non dimentichiamo, peraltro, che la Russia è il secondo Paese importatore di latte e derivati al mondo, la chiusura del canale commerciale è stato inevitabilmente uno choc".

Nel comparto lattiero vi sono analogie fra Italia e Repubblica Ceca. "Importiamo circa il 40% del fabbisogno interno di latte - osserva ancora Josef Hoycek - eppure da anni esportiamo materia prima in Germania e in Italia, anche se in misura minore rispetto all'import".