È nota come "legge di Brandolini" e sancisce come l'energia necessaria a confutare una sciocchezza sia molto superiore a quella necessaria a produrla. Nel mondo anglosassone tale principio è conosciuto con il nome di "bullshit asymmetry principle", cioè il principio di asimmetria della… [omissis]. Tale legge viene confermata ogni giorno dai social, ove è divenuto ormai impossibile contrastare la disinformazione, specialmente quando a sfondo allarmista.

 

Un recente esempio di ciò è stato generato da una ricerca tedesca rilanciata poi con clamore da diversi media, moltiplicandosi infine via social. Come spesso accade in questi casi, però, ciò che viene diffuso è un mix di fatti veri (dati oggettivamente misurati) e deduzioni a dir poco azzardate, la maggior parte delle quali ricadono nel grande cassetto delle mere illazioni


Al succo: la ricerca all’origine della catena avrebbe evidenziato come in Alto Adige, specificatamente in Val Venosta, si trovino "pesticidi" praticamente ovunque, tranne che sulle vette più alte. E fin qui i fatti sono quelli: la diffusione degli agrofarmaci nelle aree frutticole della Val d’Adige è nota da tempo, con diverse analisi dei terreni che la confermano. Ma "presenza" non implica necessariamente "rischio". Differenza, questa, tutt'altro che trascurabile. 


La domanda da porsi, l'unica giusta, è infatti: "Ma quelle concentrazioni possono essere pericolose per la salute e/o per l’ambiente?". E spesso tale domanda se la pongono in pochi. Quando ciò accade, però, si trovano anche le risposte. Scomode, ovviamente. Per lo meno agli occhi di chi d’allarmismo usualmente ci campa.

 

Per rispondere alla domanda di cui sopra è stata quindi elaborata una specifica analisi sul profilo sanitario dell'Alto Adige, a confronto con le statistiche di altre province, dell'Italia nel suo insieme e di alcuni paesi europei ed extra europei. Nel documento, ricco di grafici e tabelle e scaricabile in pdf, sono quindi riportati:

 

  • I trend degli usi di agrofarmaci in Provincia di Bolzano (2008-2021, Istat), suddivisa per categorie di prodotti. 
  • Trend della mortalità per tumori.
  • Aspettative di vita.
  • Malformazioni nei bambini.
  • Effetto "cocktail".
  • Tasso vaccinale in Alto Adige. 
  • Biodiversità.

 

In estrema sintesi, dall'indagine non emergono prove concrete che possano giustificare gli attuali livelli di apprensione riscontrati in provincia di Bolzano, come pure si sfata il mantra dell'uso "sempre più massiccio dei pesticidi". In compenso si evidenzia come l'Alto Adige abbia serie lacune in termini di prevenzione sanitaria, posizionandosi ultimo nelle statistiche vaccinali nazionali. Un cortocircuito logico che sarebbe quindi bene risolvere. 

 

Scarica l'indagine in pdf

 

Lo studio tedesco: analisi dei dati

In Val Venosta (BZ) sono state indagate 97 sostanze attive impiegate in agricoltura, analizzando suolo e fogliame. I punti di campionamento sono stati 53, coprendo ampie porzioni della valle grazie a transetti che hanno attraversato 11 differenti livelli di quota. Quindi una maglia ampia e significativa. Molto bene. 


Su 97 molecole indagate ne sono state rilevate 27 (10 insetticidi, 11 fungicidi e 6 erbicidi), utilizzate principalmente nei meleti ma non solo. Ancora bene: fra tutte le sostanze impiegate solo il 27,8% è stato rinvenuto all'analisi. 

 

Di queste, 23 sono state trovate nel suolo e 18 sulla vegetazione. Per esempio, l’insetticida metoxyfenozide è stato rinvenuto in 21 campioni di terreno su 53, cioè nel 40% dei casi. A seguire, fluazinam e trifloxystrobin, fungicidi, sono al secondo e terzo posto per numero di rinvenimenti, con 13 e 8 campioni positivi rispettivamente, pari quindi al 25 e al 15% dei casi. Tutte le altre molecole sono state trovate nel terreno con frequenze molto minori. Per esempio, cinque dei sei erbicidi sono stati trovati solo una volta. 


Delle diverse sostanze attive cercate, 13 sono state rinvenute nei prati vicini ai meleti trattati. Inoltre, nella vegetazione spontanea sono stati trovati praticamente ovunque fluazinam e trifloxystrobin nei 53 punti di campionamento, tranne in un solo sito a 1.550 metri di quota sul livello del mare. Penconazolo è stato poi trovato in 35 campioni contro i 24 di methoxyfenozide. Infine, flonicamid, azoxystrobin, fluopyram e pendimetalin erano tutti al di sotto del LOQ.

 

Dopo aver visto i dati sulla diffusione, è però bene entrare nei dettagli delle concentrazioni, poiché sono queste a meglio descrivere l'eventuale rischio per la popolazione e per l'ambiente.


Le concentrazioni delle sostanze attive nel suolo

A seguire sono elencate le sostanze attive che abbiano superato per lo meno i 10 µg/kg di valore massimo nel terreno, riportando i valori minimo-medio-massimo:

 

  • Methoxyfenozide: fra le sostanze attive più attenzionate dalla ricerca, visti i suoi 21 rinvenimenti, l'insetticida ha mostrato concentrazioni nel terreno di 0,39-2,86-10,7 µg/kg.
  • Boscalid mostra concentrazioni min-med-max più elevate (2,97-12,99-23,01 µg/kg), ma è stato rinvenuto solo 6 volte. 

Scendendo poi a livelli massimi di almeno 5 µg/kg:

  • MCPA: un solo punto di campionamento positivo su 53, con il valore di 5,64 µg/kg.
  • Napropamide: un solo campione positivo con 5,18 µg/kg.

Circa le altre 20 sostanze attive rinvenute nel suolo a concentrazioni <5 µg/kg di picco massimo, ne sono state trovate 16 con 1-5 punti di campionamento su 53. Altre 3 sono state trovate in 6, 7 e 8 punti su 53. Cinque sostanze sono state sì rinvenute, ma al di sotto del limite di quantificazione (LOQ), cioè imidacloprid, azoxystrobin, cyflufenamid, fluopyram e miclobutanil. 

 

In totale, trattasi di 23 sostanze attive rinvenute nel suolo per concentrazioni che nella quasi totalità dei casi si sono rivelate al di sotto dei 5 µg/kg. Una concentrazione pressoché irrisoria e per molte sostanze al limite o al di sotto della quantificabilità analitica. 


Nota su fluazinam: è stato sì rinvenuto 13 volte su 53, ma ha mostrato valori di 0,53-2,13-3,69 µg/kg come minimo, medio e massimo. Quindi molto diffuso, ma a concentrazioni nel suolo davvero basse.


Le concentrazioni delle sostanze attive nella vegetazione

Operando per la vegetazione la medesima suddivisione vista per le analisi del terreno, per le 18 sostanze trovate alle analisi si ottiene quanto segue :

 

  • Methoxyfenozide: 24 rinvenimenti su 53 punti di campionamento. L'insetticida mostra il picco più alto di tutti, con 1.370,85 µg/kg, (1,37 mg/kg), ma a fronte di una media di 65,06 µg/kg e un minimo di 0,7 µg/kg.
  • Trifloxystrobin: 52/53 rinvenimenti, secondo classificato per picco massimo (924,5 µg/kg) a fronte di una minimo pari a 0,15 µg/kg e una media di 20,88 µg/kg.
  • Fluazinam: 52/53 rinvenimenti con 612,21 µg/kg a fronte di un minimo di 3,45 µg/kg e una media di 43,52 µg/kg.
  • Etofenprox: 11/53 rinvenimenti con un picco pari a 228,51 µg/kg, un minimo di 1,37 µg/kg e una media di 32,34 µg/kg.
  • Difenoconazolo: 5/53 rinvenimenti, ultima sostanza attiva al di sopra dei 100 µg/kg di picco massimo (103,91 µg/kg), con un minimo di 4,93 µg/kg e una media di 43,43 µg/kg

 

Tutte le altre molecole trovate nella vegetazione (13 su 18) si sono mostrate su valori medi di pochi microgrammi per chilo, al massimo decine di microgrammi, con quattro sostanze al di sotto del LOQ (flonicamid, azoxystrobin, fluopyram e pendimethalin). 

 

Ne deriva che per quanto le concentrazioni sulla vegetazione siano più alte di quelle nel terreno, le sostanze che mostrano valori un minimo significativi sono comunque pochissime: quattro nel suolo, cinque nel fogliame. Ricordando però che "significativo" non è sinonimo di "alto".

 

Inoltre, per le concentrazioni stesse va considerato che i valori più alti del range sono stati rinvenuti in prossimità di aree ove la presenza di meleti è significativa, cioè solo nella parte centrale del fondovalle. Campionando il fogliame della vegetazione spontanea in prossimità dei campi sarebbe stato strano, semmai, che non se ne fossero rinvenute, specialmente campionando le foglie durante la stagione delle applicazioni dei prodotti fitosanitari. 

 

Di certo, una maggiore attenzione alla riduzione della deriva aiuterebbe a minimizzare ulteriormente queste concentrazioni. Le moderne attrezzature possono in tal senso aiutare, magari usandole con maggior discernimento quanto a pressione, volumi e modalità stesse di applicazione. Bene quindi sarebbe se i frutticoltori della Val Venosta si impegnassero in tal senso ancor più di quanto fatto finora, sebbene già oggi le condizioni della valle non siano affatto "catastrofiche" come da più parti paventato.

 

A conferma, sono i Cremonesi ad andare in vacanza in Val Venosta, ammirandone i fantastici paesaggi e la natura pressoché incontaminata, anziché il contrario. Anche perché si dubita che i Venostani farebbero a cambio con le polveri sottili di pianura e con l'odore di ammoniaca (o peggio) che proviene dai liquami degli allevamenti. Al contrario, i Cremonesi farebbero volentieri a cambio con l'aria della Val Venosta, ben lungi dall'essere quella "camera a gas" troppe volte citata a sproposito.

 

Una vecchia conoscenza

Una nota di colore per concludere l'articolo: non è la prima volta che le ricerche di Carsten Brühl sollevano polveroni mediatici. Nel 2013 il quotidiano inglese The Guardian rilanciò infatti una sua ricerca1 la quale, stando al titolo dell’articolo, avrebbe dimostrato come i "comuni pesticidi" sarebbero in grado di uccidere le rane nel volgere di una sola ora. Il titolo del pezzo era infatti: "I comuni pesticidi possono uccidere le rane nel giro di un’ora – Una nuova ricerca suggerisce che i prodotti chimici stanno giocando un ruolo significativo e precedentemente sconosciuto nel declino globale degli anfibi". Come si vedrà, di "sconosciuto" v'è solo il limite al quale certa stampa e certa ricerca riescono a spingersi. 

 

A cascata, il pezzo del quotidiano inglese venne rilanciato anche in Italia, con alcuni articoli della stampa locale trevigiana che vennero all'epoca sfruttati per fomentare ulteriore allarmismo e astio nei confronti dei viticoltori che producono Prosecco. Vi fu persino chi predisse, nel 2013, che entro 15 anni tutti i cittadini della zona sarebbero stati malati di cancro. Di anni ne sono ormai passati 11, ma di tale psichedelica profezia non se ne ravvisa ancora traccia. Fra altri quattro anni, chissà, potrebbe essere interessante riprendere il discorso con chi sparse queste catastrofiche e lugubri previsioni, poiché prima o poi chi gioca sporco con le sensibilità popolari va messo di fronte alle proprie responsabilità

 

Sul tema rane vi fu anche qualche associazione ambientalista che cercò di cavalcare la tigre in un convegno organizzato dal "Gruppo salvataggio anfibi" nella zona di Tarzo, Revine Lago, Cison di Valmarino e San Pietro di Feletto. Tramite quel convegno si intendeva individuare soluzioni atte a salvare le rane dalle gomme dei veicoli, poiché in primavera ed estate ne venivano schiacciate a migliaia sulle strade. E pare già abbastanza surreale sventolare l'articolo del The Guardian in una zona dove di rane ce n'è una popolazione talmente abbondante da doversi organizzare per salvarle dal traffico automobilistico. Ma l'attivismo ecologista non pare certo porsi problemi quanto a credibilità e buon senso

 

Girini anziché rane, laboratorio anziché ambiente

Per fortuna, all'analisi dei risultati quella ricerca non manteneva alcunché di ciò che il titolo del The Guardian prometteva. Nel pezzo del quotidiano britannico si leggeva infatti che "gli scienziati che hanno realizzato lo studio hanno detto come fosse ‘sorprendente’ e ‘allarmante’ che i pesticidi comuni potessero essere tossici alle dosi approvate dalle autorità di regolamentazione, aggiungendo crescenti critiche sulle modalità con cui i pesticidi vengono testati". 

 

Come si vedrà, di "sorprendente" e di "allarmante" ci sono più che altro le finalità con cui si scrivono certi articoli, come pure le modalità con cui s’impostano certe ricerche, le quali, tanto per fare un ironico parallelismo, dimostrano solo che se ci si butta giù da un grattacielo, incredibile ma vero, si muore. 


Di fatto, i ricercatori dell’Università di Koblenz-Landau hanno studiato gli effetti in laboratorio derivanti dall’esposizione di girini (non di rane) del genere Rana temporaria a sei sostanze attive di uso comune nei campi coltivati: tre fungicidi (pyraclostrobin, captano e spiroxamina), due erbicidi (fenoxaprop-p-etile, bromoxinil ottanoato) e un insetticida, il dimetoato. 


Per effettuare la prova sono stati però utilizzati i formulati commerciali e le dosi prescelte sono state quelle più alte registrate nelle diverse etichette. Altre due tesi prevedevano dosi pari a dieci volte e a un decimo della dose di etichetta


Quando i formulati sono stati somministrati ai girini a dieci volte la dose di etichetta, ovviamente, le povere bestiole sono morte tutte nel giro di un’ora. E da qui il titolo "shock" su The Guardian. Alla dose di etichetta, invece, solo pyraclostrobin e captano mostravano ancora il 100% di mortalità, ma a sette giorni di distanza dalla somministrazione, non a un’ora. Gli altri formulati mostravano invece valori compresi fra il 40 e il 60%. Tanto per capirsi, in questo secondo caso è stato più o meno come se i ricercatori tedeschi avessero buttato i girini nell’atomizzatore dell'agricoltore che stava per effettuare i trattamenti. Infine, solo per captano, fenoxaprop-p-etile e dimetoato il risultato era ancora sul 40% di mortalità, sempre a sette giorni, anche a un decimo della dose di etichetta.

 

Laboratori Vs stagni

Ciò che è stato deliberatamente ignorato, sia dai ricercatori, sia dai giornalisti, è che fra un test di laboratorio e uno scenario reale possono correre differenze abissali. Prendendo a esempio la dose massima di etichetta di 140 ml/hl di un vecchio formulato commerciale a base di dimetoato, anche dividendola per dieci la concentrazione nel mezzo acquoso doveva essere intorno ai 56 milligrammi per litro. Una concentrazione che se in campagna non basta più per controllare i parassiti è ancora altissima se la si usa direttamente sui batraci.

 

Sulla ricerca tedesca, di per sé, non vi è nulla da dire: è stato un banale test di tossicità acuta. Peccato che le conclusioni diffuse dai ricercatori tedeschi siano del tutto fuori bersaglio e si posizionino anni luce al di fuori dei limiti che la ricerca stessa avrebbe dovuto darsi e che per correttezza scientifica doveva rispettare, cioè la reale condizione che si riscontra ove quelle rane vivono. 

 

Nemmeno la sostanza attiva a più alta solubilità in acqua fra quelle impiegate, cioè dimetoato, potrà infatti mai raggiungere in uno stagno delle concentrazioni nell'ordine dei milligrammi per litro. In natura le concentrazioni che si trovano nelle acque superficiali sono infatti nell'ordine dei microgrammi o addirittura dei nanogrammi.


In sostanza, con buona pace di Carsten Brühl e dei suoi colleghi, non v'è nulla di sbagliato negli attuali iter autorizzativi degli agrofarmaci. Tanto da chiedersi se lo scienziato di Coblenza li conosca, questi iter. Perché il punto interrogativo alla fine del titolo della sua ricerca non basta a metterlo al riparo dalle più che meritate critiche di chi quegli iter conosca molto bene. 

 

Semmai, v'è molto di sbagliato nelle finalità di ricerche come quella appena commentata, come pure di certa stampa che ha fatto del becero sensazionalismo uno strumento di marketing giornalistico

 



1) Carsten A. Brühl, Thomas Schmidt, Silvia Pieper & Annika Alscher (2013): "Terrestrial pesticide exposure of amphibians: An underestimated cause of global decline?". Scientific Report - Art. n° 01135 - 24 gennaio 2013