"L'Efsa propone di dimezzare la quantità massima di rame assimilabile attraverso i residui presenti nelle derrate alimentari" era il titolo di un nostro contributo che commentava un cosiddetto "statement" dell'Efsa in cui concludeva che la quantità massima tollerabile dalla popolazione era 0,07 mg/kg di peso corporeo/giorno affinché non si verifichino accumuli non gestibili dal meccanismo di omeostasi umana contro l'attuale limite che è più del doppio (0,15).

 

Nelle scorse settimane è stata pubblicata la versione integrale dello studio, dove sono stati maggiormente dettagliati alcuni aspetti salienti. Vediamo quali.

 

Perché dimezzare l'Adi

L'approccio utilizzato nel determinare i nuovi valori di riferimento per il rame è stato sviluppato nel 2021 e prende spunto dalle conseguenze della malattia di Wilson, una rara malattia ereditaria del metabolismo del rame che ne causa in vari organi, come il cervello e il fegato, e i cui sintomi possono includere disturbi neurologici, insufficienza epatica e problemi agli occhi e portare persino alla morte. Le evidenze dalla malattia di Wilson suggeriscono che la ritenzione epatica è indicativa di potenziali effetti avversi futuri e possibilmente improvvisi sotto condizioni di assunzione continuativa. Pertanto, è stata posta l'attenzione sulla ritenzione del rame come marcatore precoce di effetti avversi potenziali.

 

Sono stati esaminati i rapporti tra (a) l'esposizione cronica al rame e la sua ritenzione nel corpo, in particolare nel fegato, e (b) le concentrazioni epatiche di rame e le evidenze di tossicità. La conclusione è stata che non si prevede che si verifichi la ritenzione di rame con un'assunzione di 5 mg/giorno e ha stabilito un'assunzione giornaliera accettabile (Adi) di 0,07 mg/kg di peso corporeo


È quindi altamente probabile che questo nuovo valore di Adi venga adottato in un prossimo futuro e tutte le valutazioni del rischio ad essa correlate dovranno essere aggiornate.

 

La domanda sorge spontanea: si ritoccheranno i limiti massimi di residuo stabiliti nel regolamento 149/2008 e soprattutto come si potrà conciliare questo aggiornamento col prossimo rinnovo dell'approvazione europea dei composti del rame, in scadenza a fine 2025? Ci torneremo dopo.

 

"Il contributo in rame alla dieta fornito da prodotti fitosanitari, additivi alimentari e per mangimi e fertilizzanti è trascurabile".
Questa conclusione che finalmente fa un po' di giustizia rispetto a quanto affermato nel 2018 in una "Reasoned Opinion" dell'Efsa in cui per risolvere la valutazione del rischio per i consumatori si proponeva di cancellare l'uso su vite in quanto derrata con le maggiori quantità di residui.

 

Ma non cantiamo vittoria troppo presto: la valutazione che ha portato a questa clamorosa quanto scontata conclusione è stata condotta analizzando un numero minore di usi rispetto a quelli attualmente autorizzati, specialmente in Italia, anche se probabilmente le conclusioni sarebbero state le stesse.


Il dilemma dei cereali

A fare molto scalpore è il fatto che il maggiore apporto di rame nella dieta sia fornito dai cereali, sui quali non sono autorizzati prodotti fitosanitari a base di rame.

 

A parte che in Italia in passato esistevano prodotti fitosanitari autorizzati per l'uso su cereali in vegetazione (oltre alla consueta concia delle sementi contro la carie del grano) e probabilmente ritorneranno, deve essere posta molta attenzione alla fonte di questo rame che viene assorbito dal terreno. La contaminazione dei cereali è quindi indiretta e sicuramente prodotti fitosanitari e fertilizzanti e altri composti rameici un contributo ce l'hanno.

 

Indubbiamente sono da temere gli effetti a lungo termine e su questo aspetto il lavoro dell'Efsa cita uno studio del 2010 dove mediante l'utilizzo di modelli espressamente sviluppati per i metalli pesanti simulano gli effetti di 100 anni di apporto di rame al terreno attraverso l'uso di fertilizzanti (letame) e prodotti fitosanitari. Nel primo scenario (100 anni di apporto di rame attraverso il letame) la concentrazione del rame negli strati superficiali del suolo passerebbe da 18 a 25 mg/kg (incremento del 39%), ma il contenuto in rame nella granella dei cereali coltivati su questi suoli passerebbe da 7,55 a 7,72 mg/kg (incremento del 2%). Ipotizzando 100 anni di uso continuo di prodotti fitosanitari rameici il contenuto di rame negli strati superficiali del terreno passerebbe da 15 a 45 mg/kg (incremento del 200%), mentre nella granella dei cereali coltivati passerebbe da 7.04 a 7.86 (incremento del 12%). Questo risultato è ampiamente prevedibile, in quanto la biodisponibilità del rame cala nel tempo.


Conclusione

Per rispondere al quesito lasciato in sospeso, sicuramente l'aggiornamento dell'Adi del rame non potrà non essere presa in considerazione nell'aggiornamento dei suoi limiti massimi di residuo nelle derrate alimentari. Forse non caleranno drasticamente, ma la probabilità che possano aumentare come richiesto da alcuni notificanti per giustificare nuovi usi o sostenere quelli esistenti sono molto basse.

 

Per quanto riguarda il prossimo rinnovo, sarà difficile che una nuova Adi venga ignorata, ma non ci meraviglieremmo che l'adeguamento venisse gestito solamente nell'ambito del regolamento 396/2005 sui residui. La Ue funziona a compartimenti stagni, dopotutto, anche se qualcosa negli ultimi anni è cambiato. Solo una cosa è certa: qualunque cosa succeda, i dosaggi dovranno ancora diminuire.


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