Il digestato rappresenta l'anello di chiusura dell'economia circolare agricola perché restituisce al suolo i nutrienti fondamentali per le piante, N, P e K, e la frazione di materia organica indigeribile - lignina - la quale è il precursore dell'humus, principale serbatoio di carbonio del suolo. Tutto ciò producendo energia e limitando le emissioni climalteranti, inevitabili nel caso della gestione tradizionale dei residui agricoli e zootecnici.

 

I detrattori degli impianti di biogas spesso argomentano che il digestato "avvelena i suoli" perché contiene sostanze inquinanti, argomento parzialmente vero ma utilizzato in modo manipolatorio, complottistico e ideologico da alcuni gruppi politici nel clima di perenne campagna elettorale in cui vive il nostro Paese.

 

Nessuno può negare che il digestato contenga sostanze antimicrobiche, batteri resistenti agli antibiotici, geni della resistenza agli antibiotici e metalli pesanti, ma questi sono gli stessi presenti nel letame e nei residui agricoli, quindi andrebbero a finire nel suolo a prescindere che siano stati sottoposti a digestione anaerobica o no. I "no biogas" omettono di dire che una parte consistente dell'inquinamento da antibiotici presente nelle acque superficiali o di falda proviene dagli scarichi fognari, in quanto sono le persone i principali consumatori di antibiotici ed i sistemi di trattamento attuali non riescono ad eliminarli. Tali antibiotici passano dunque all'acqua per consumo attraverso gli impianti di potabilizzazione, pure questi incapaci di eliminarli completamente, ritornando all'uomo, agli animali e perfino ai prodotti di questi ultimi.

 

Quindi il problema non è solo del digestato, e non si risolve mobilitando i cittadini contro la costruzione degli impianti di biogas.

 

In questo articolo tenteremo di far luce sulle cause della resistenza agli antibiotici, sull'effettiva dimensione del ruolo del digestato e sulle soluzioni possibili.

 

Cosa succede agli antibiotici durante il processo di digestione anaerobica

Secondo la letteratura scientifica, il consumo annuo globale di antibiotici nella produzione animale si stima in 172 milligrammi/chilogrammo nei suini, 148 milligrammi/chilogrammo nei polli e 45 milligrammi/chilogrammo nei bovini. Negli animali trattati con antibiotici, dal 30% al 90% dei principi attivi e dei loro metaboliti viene espulso nelle urine e nelle feci e migliaia di tonnellate di farmaci vengono evacuati nell'ambiente con il letame, a prescindere che questo venga sottoposto a digestione anaerobica o no.

 

L'utilizzo agronomico delle deiezioni zootecniche o del loro digestato può causare una pressione selettiva sui batteri del suolo, che aumenta le concentrazioni di geni della resistenza agli antibiotici nel suolo e contribuisce alla resistenza agli antibiotici di alcuni gruppi di batteri.

Inoltre, in Europa non viene operata alcuna distinzione tra medicinali per uso umano e medicinali veterinari, pertanto nella medicina umana e veterinaria vengono utilizzati gli stessi antimicrobici o farmaci appartenenti alla stessa classe. A causa dell'ampia disponibilità di prodotti farmaceutici sul mercato, i patogeni resistenti a un singolo farmaco possono sviluppare resistenza a un'intera classe di antimicrobici correlati.

 

La velocità con cui i chemioterapici vengono degradati nel suolo è determinata dalla temperatura, dalla tessitura, dal contenuto di carbonio organico e dal profilo di resistenza dei microrganismi. I prodotti farmaceutici accumulati nel suolo possono essere trasportati dai deflussi superficiali fino ai corpi idrici.

 

Gli antibiotici presenti nell'ambiente possono contribuire alla diffusione di geni della resistenza agli antibiotici e di batteri resistenti agli antibiotici nel suolo e possono innescare l'emergere di nuovi geni della resistenza agli antibiotici o aumentare le loro concentrazioni in un dato ambiente. I geni di resistenza antimicrobica possono anche diffondersi rapidamente tra le comunità microbiche tramite trasferimento genico orizzontale perché i microrganismi presenti nei substrati soggetti a digestione anaerobica ed il loro digestato possono ospitare gli integroni, elementi genetici trasponibili che si inseriscono nel cromosoma e pertanto sono facilmente mobilizzabili tra specie batteriche diverse.

 

Per questo motivo, le concentrazioni e la diffusione di antibiotici e geni della resistenza agli antibiotici nel digestato prodotto dagli impianti di biogas agricoli dovrebbero essere monitorate per prevenire o limitare la trasmissione di batteri resistenti agli antibiotici e geni della resistenza agli antibiotici nell'ambiente e per minimizzare la pressione selettiva sui microrganismi ambientali.

 

Il digestato può essere considerato una ricca fonte di nutrienti e carbonio organico per il suolo, ma allo stesso tempo, purtroppo, può essere anche un serbatoio di antibiotici, geni della resistenza agli antibiotici e metalli pesanti per piante e microrganismi.

 

In Polonia (2) è stato condotto uno studio su digestati prodotti da sei impianti di biogas: due alimentati con fanghi fognari, due con letame bovino e insilati e due con un miscuglio di letame, sottoprodotti da macello, insilati, polpa di barbabietola e residui di pasticceria. I digestati sono stati campionati durante un anno, per osservare le eventuali variazioni stagionali, e si è analizzata separatamente la concentrazione di antibiotici nelle frazioni liquida e solida.

 

Secondo i ricercatori polacchi, il processo di digestione anaerobica contribuisce poco all'eliminazione del carico inquinante degli antibiotici. I digestati provenienti dagli impianti alimentati con letame e insilati hanno concentrazioni di antibiotici più basse rispetto alle altre due tipologie di impianti, ma contengono una maggiore concentrazione di batteri e geni antibiotico resistenti, fatto però riscontrato nella stessa misura anche nei letamai e nelle vasche di liquami. Gli antibiotici tendono ad accumularsi nella frazione solida, con concentrazioni che variano da 100 a 1.200 nanogrammi/grammo a seconda del tipo di antibiotico. Nella frazione liquida si trovano alcuni antibiotici che non si rilevano nella frazione solida, ma le concentrazioni sono in ogni caso mille volte di meno, dell'ordine di 100 a 1.500 nanogrammi/litro.

 

Uno studio italiano (3) ha avuto risultati in parte contrari a quelli dei ricercatori polacchi esposti sopra: il processo di digestione anaerobica sarebbe in grado di eliminare o almeno ridurre la concentrazione di alcuni antibiotici - sulfamethoxazole, enrofloxacin, ciprofloxacin - e dei geni di resistenza ad essi associati. Senza sembrare campanilisti, evidenziamo che lo studio italiano è più completo di quello polacco perché sono state analizzate contemporaneamente le concentrazioni di antibiotici nelle matrici in alimentazione e nel digestato.

 

Uno studio condotto in Svezia (4) ha valutato i rischi di resistenza antimicrobica associati ai digestati da due matrici di alimentazione: letame bovino e Forsu, Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani. Sono stati isolati ed identificati i batteri resistenti agli antibiotici ed è stata testata la loro suscettibilità a diversi tipi di antibiotici: ampicillina, ceftazidima, meropenem, vancomicina, ciprofloxacina, rifampicina, cloramfenicolo, clindamicina, eritromicina, tetraciclina, gentamicina o sulfametossazolo/trimetoprim.

 

In totale sono state isolate e classificate trenta diverse specie batteriche appartenenti a sette generi. Bacillus e generi strettamente correlati, inclusi Paenibacillus, Lysinibacillus e Brevibacillus, sono risultati i batteri resistenti agli antibiotici dominanti in entrambi i digestati. La maggior parte dei ceppi di batteri resistenti agli antibiotici isolati non era composta da patogeni e alcuni erano addirittura noti per essere benefici per la crescita delle piante. Alcuni erano solo potenzialmente patogeni, come il Bacillus cereus, un batterio aerobico capace di sporulare di cui esistono però ceppi innocui e altri in grado di causare intossicazioni alimentari (ma solo in caso di consumo di alimenti crudi non lavati correttamente; quindi non si tratta di un agente infettivo, Nda).

 

Molte delle specie isolate hanno mostrato multiresistenza ed entrambi i digestati da letame e da Forsu contengono specie batteriche resistenti a tutti gli antibiotici suddetti, ad eccezione della gentamicina. Il maggiore livello di resistenza si riscontra fra gli isolati da Forsu e questo potrebbe indicare una maggiore pressione antibiotica presente nei rifiuti rispetto al digestato da letame.

 

Nel complesso, i risultati indicano un rischio di diffusione della resistenza antimicrobica quando questi digestati vengono utilizzati come fertilizzante. Tuttavia, la maggior parte dei batteri resistenti agli antibiotici identificati è rappresentata da specie che si trovano comunemente nel suolo, dove la resistenza agli antibiotici in molti casi è già abbondante, e quindi, concludono gli svedesi, il contributo dei fertilizzanti a base di digestato alla diffusione del fenomeno di resistenza sarebbe ancora molto limitato.

 

Effetti ambientali degli antibiotici contenuti nel digestato: cosa dobbiamo fare?

Un'indagine bibliografica (5) estesa a 56 articoli, di cui il 15% redatto da gruppi di ricerca italiani e un altro 15% tedeschi, ha riassunto lo stato delle conoscenze sugli effetti del digestato sui batteri del suolo. Sono stati considerati tutti i possibili fattori: la presenza di antibiotici, i metalli pesanti e l'alterazione dell'equilibrio ecologico delle comunità batteriche.

 

Benché da un punto di vista scientifico non sia ammissibile trarre delle conclusioni definitive dalla conta di risultati a favore o contro una determinata ipotesi, la maggioranza degli studi indica una bassa probabilità di danni al microbioma del suolo derivante dall'uso agronomico dei digestati. La metà degli articoli analizzati mostra effetti neutri del digestato sui batteri del suolo e solo il 7% mostra effetti negativi. Il 25% degli articoli mostra una maggiore stimolazione della qualità microbica del suolo da parte dei digestati, mentre il 17% degli articoli mostra una minore stimolazione rispetto ad altri fertilizzanti organici.

 

Una commissione di esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha preso atto che i farmaci antimicrobici - complessivamente antibiotici, antifungini e antiparassitari - contenuti nelle deiezioni umane e animali stanno effettivamente inquinando suoli e acque, aumentando la resistenza dei patogeni a tali farmaci e causando la morte di 5.000.000 di persone all'anno. Il documento però si riferisce in modo generico alla contaminazione da antibiotici, senza specificare il ruolo del digestato o in quale percentuale questo incida nel complesso.

 

Poiché è assodato che la digestione anaerobica elimina o riduce solo una frazione degli antibiotici e nel contempo è necessario aumentare la quantità di impianti di biogas per poter raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, le ricerche si concentrano sulla rimozione degli antibiotici dalle deiezioni zootecniche prima di avviarle alla digestione, oppure sui trattamenti del digestato prima di poter procedere al suo utilizzo come fertilizzante/ammendante. Alcuni di questi processi, come l'elettrodialisi (6), sono tipici esempi di ciò che l'autore chiama "forza bruta tecnologica". Altri, come l'adsorbimento su biochar prodotto a partire da feci suine (7), sembrano puramente utopici perché non tengono conto del fatto che nessun allevamento di suini separa le feci dall'urina, senza contare l'energia necessaria per essiccare le feci prima di poter procedere alla loro carbonizzazione.

 

Il progetto di ricerca Nomad, finanziato con 5,5 milioni di euro dall'Unione Europea, ha sviluppato un processo in due fasi che utilizza perossido di idrogeno (acqua ossigenata) e due sorgenti di luce ultravioletta (UV) per degradare gli antibiotici. Le due lunghezze d'onda UV permettono all'ossigeno di trasformarsi prima in ozono e successivamente in radicali idrossilici. Secondo i ricercatori, questi radicali sono in grado di rimuovere qualsiasi tipo di sostanza chimica suscettibile di essere ossidata, compresi gli antibiotici. I macchinari sono alloggiati in due container, che si spostano da un impianto di biogas all'altro per ricavare dati sotto diverse condizioni operative. La pagina web del progetto non dà alcuna informazione su quanta energia serve per pastorizzare il digestato e poi separare le frazioni solida e liquida, né quale frazione viene sottoposta al processo di ossidazione, né quanta acqua ossigenata è necessaria.

 

Infine, secondo uno studio cinese, l'aggiunta di nanoparticelle di magnetite (FeO•Fe2O3) ridurrebbe l'abbondanza dei batteri suscettibili di sviluppare resistenza agli antibiotici e nel contempo favorirebbe la crescita delle Archea, incrementando quindi la produzione di metano (8). Tale risultato sembra miracoloso, e se consideriamo che l'incremento di potenziale metanigeno (Bmp) riportato dai ricercatori cinesi, 22,07%, è dello stesso ordine del margine di incertezza ammissibile per le prove di digestione di biomasse lignocellulosiche, 20%, lo scettiscismo diventa d'obbligo. Lascia un po' perplessi il dosaggio necessario per ottenere tale effetto: 0,5 grammi/litro. Tradotto in un digestore della taglia abituale di 5mila m3, vuol dire caricare 2,5 tonnellate di tali nanoparticelle ogni 30 giorni. Nanoparticelle che poi andrebbero a finire nel digestato e nel suolo…

 

Ma è davvero necessaria tanta tecnologia per eliminare gli antibiotici dal digestato? Come al solito, la letteratura scientifica riporta casi di studio puntuali, ma che difficilmente si possono generalizzare perché ogni impianto di biogas è in un certo senso un ecosistema batterico unico. I punti (1) e (2) della bibliografia sono un esempio, scelto appositamente dall'autore, di tali risultati contraddittori. Inoltre, per la sua natura, la ricerca tende sempre allo sviluppo di soluzioni "hi tech", a prescindere dalla loro economicità. Soluzioni semplici ed economiche come il compostaggio della frazione solida del digestato sono invece sufficientemente efficienti per la rimozione degli antibiotici e dei batteri antibiotico resistenti. Ad esempio, il compostaggio del digestato solido riduce dell'80% la concentrazione di tetraciclina e la semplice maturazione dei liquami per tre mesi in vasche coperte - pratica che in Italia ormai è uno standard - dimezza il carico di antibiotici totale (9).

 

Quindi, l'allarmismo ideologico mediatico dei gruppi "no biogas" è sproporzionato all'entità reale del problema.

 

Con il proverbiale pragmatismo anglosassone, il Governo britannico ha pubblicato nel 2016 una guida alla gestione dei reflui zootecnici per ridurre la resistenza agli antibiotici (Handling of manure and slurry to reduce antibiotic resistance) che si può estrapolare anche ai loro digestati, applicando le disposizioni per "letame" al separato solido e quelle per "liquame" alla frazione liquida.

 

Le possibili tecniche da applicare sono le stesse che vengono già usate in Italia, e secondo la guida suddetta tutte garantiscono la riduzione del carico di antibiotici e batteri antibiotico resistenti fino a livelli ambientalmente sicuri:

  • Maturazione del solido in pile coperte (per evitare l'accesso dalla fauna) per almeno otto settimane.
  • Compostaggio del solido in qualsiasi impianto: non è necessario il ricorso a strutture autorizzate per il trattamento di rifiuti.
  • Maturazione del liquido per almeno tre mesi.
  • Digestione anaerobica in qualsiasi impianto: non è necessario il ricorso a strutture autorizzate per il trattamento di rifiuti.
  • Buone pratiche di espandimento:
     • accatastare il solido fino a completa maturazione;
     • per ridurre la trasmissione di batteri dal letame ad altri animali è buona norma spargere liquami o letame su terreni arabili piuttosto che su pascoli o coltivazioni foraggere;
     • se il letame o il liquame vengono applicati ai pascoli (o ai terreni coltivati per la produzione di mangime), si raccomanda di non pascolare o coltivare per un periodo di almeno otto settimane dallo spandimento, al fine di ridurre il rischio di diffusione di batteri resistenti agli antibiotici al bestiame. Più a lungo il letame è esposto alla luce ultravioletta, ad altri effetti atmosferici, alla decomposizione naturale e all'effetto dei vermi che interrano materiale nel terreno, minore sarà il rischio di microrganismi potenzialmente dannosi;
    • l'iniezione di liquame anziché lo spargimento dall'alto riduce il deflusso e minimizza l'esposizione della fauna selvatica;
     • adottare adeguate precauzioni igieniche e di biosicurezza durante lo spargimento o la manipolazione del letame. Ad esempio: indossare indumenti esterni e calzature impermeabili che possono essere pulite e disinfettate, indossare guanti, lavarsi le mani e assicurarsi che il letame non sia immagazzinato o trattato nelle vicinanze di colture alimentari che vengono consumate senza cottura, come le insalate.

 

Bibliografia

(1) Nesse, A.S., Aanrud, S.G., Lyche, J.L. et al. Confirming the presence of selected antibiotics and steroids in Norwegian biogas digestate. Environ Sci Pollut Res 29, 86595–86605 (2022).

(2) Wolak I, Bajkacz S, Harnisz M, Stando K, Mecik M, Korzeniewska E. Digestate from Agricultural Biogas Plants as a Reservoir of Antimicrobials and Antibiotic Resistance Genes-Implications for the Environment. Int J Environ Res Public Health. 2023 Feb 2;20(3):2672. doi: 10.3390/ijerph20032672. PMID: 36768038; PMCID: PMC9915926.

(3) Visca, Andrea, Anna Barra Caracciolo, Paola Grenni, Luisa Patrolecco, Jasmin Rauseo, Giulia Massini, Valentina Mazzurco Miritana, and Francesca Spataro. 2021. "Anaerobic Digestion and Removal of Sulfamethoxazole, Enrofloxacin, Ciprofloxacin and Their Antibiotic Resistance Genes in a Full-Scale Biogas Plant" Antibiotics 10, no. 5: 502.

(4) He Sun, Joakim Bjerketorp, Jolanta J. Levenfors, Anna Schnürer, Isolation of antibiotic-resistant bacteria in biogas digestate and their susceptibility to antibiotics, Environmental Pollution, Volume 266, Part 1, 2020, 115265, ISSN 0269-7491.

(5) Karimi, Battle & Sadet-Bourgeteau, S. & Cannavacciuolo, Mario & Chauvin, Camille & Flamin, Cyril & Haumont, Adeline & Jean-Baptiste, Vincent & Reibel, Aurélie & Vrignaud, Grégory & Ranjard, Lionel. (2022). Impact of biogas digestates on soil microbiota in agriculture: a review. Environmental Chemistry Letters. 20.

(6) Lin Shi, Zhenhu Hu, Yu Wang, Er Bei, Piet N.L. Lens, Olivier Thomas, Yuansheng Hu, Chao Chen, Xinmin Zhan,
In situ electrochemical oxidation in electrodialysis for antibiotics removal during nutrient recovery from pig manure digestate, Chemical Engineering Journal, Volume 413, 2021, 127485, ISSN 1385-8947.

(7) Bini Jiang, Yunqin Lin, James Carl Mbog, Biochar derived from swine manure digestate and applied on the removals of heavy metals and antibiotics, Bioresource Technology, Volume 270, 2018, Pages 603-611, ISSN 0960-8524.

(8) Zhang Y, Yang Z, Xiang Y, Xu R, Zheng Y, Lu Y, Jia M, Sun S, Cao J, Xiong W. Evolutions of antibiotic resistance genes (ARGs), class 1 integron-integrase (intI1) and potential hosts of ARGs during sludge anaerobic digestion with the iron nanoparticles addition. Sci Total Environ. 2020 Jul 1;724:138248. doi: 10.1016/j.scitotenv.2020.138248. Epub 2020 Mar 26. PMID: 32247117.

(9) Agga, Getahun E., Melanie Couch, Rohan R. Parekh, Faranak Mahmoudi, Keerthi Appala, John Kasumba, John H. Loughrin, and Eric D. Conte. 2022. "Lagoon, Anaerobic Digestion, and Composting of Animal Manure Treatments Impact on Tetracycline Resistance Genes" Antibiotics 11, no. 3: 391.