Nell'attuale panorama olivicolo mondiale è necessario che l'olivicoltura italiana prenda atto della necessità di migliorare la propria competitività, ciò anche alla luce dell'ingresso sul mercato di nuovi paesi produttori, sia del bacino del mediterraneo che in altri continenti (Australia, Argentina, ecc.) che aumentano di anno in anno le proprie produzioni.

Questo aumento di produzione è correlato all'aumento dei consumi in tutti i paesi più evoluti. Ma se il mercato italiano pone sempre più attenzione alla tipicizzazione dell'olio, alla sua provenienza ed alle sue caratteristiche organolettiche, mirando ad innalzare il proprio livello qualitativo con prodotti ad alto profilo (destinati al un mercato più evoluto ed ad alto reddito), diversa è la condizione dei mercati internazionali. Anche per mancanza di tradizione specifica, la domanda di massa si indirizza verso produzioni più generiche e si prevede che tale connotato venga mantenuto nel medio-lungo periodo, trattandosi di costumi alimentari a lenta evoluzione. Di conseguenza, anche un prodotto meno caratterizzato ma ben commercializzato a costi competitivi può conquistare e mantenere salde quote sui mercati interni ed internazionali, attuali e di previsto sviluppo. In quest'ottica la meccanizzazione della raccolta, rappresenta la condicio sine qua non per il conseguimento della competitività in olivicoltura, che non può più comprendere la raccolta manuale.

Attualmente la raccolta meccanizzata è legata a due differenti tipi di gestione dell'oliveto che partono dalla scelta del sesto di impianto.

Da un lato, il sistema intensivo tradizionale ha una densità di impianto di circa 300-500 piante/ha (con un sesto di impianto medio di 5mX5m); si avvale di scuotitori da tronco abbinati a teli intercettatori meccanici. Dall'altro, il sistema superintensivo con circa 1200-1600 piante ettaro (con un sesto di 4mX1,5m) utilizza macchine scavallatrici (di solito una vendemmiatrice modificata – tipo New Holland Braud – costo d'acquisto circa 150.000 euro) che lavora in continuo ad una velocità di 1,2 km/ora (2 ore/ha nelle migliori condizioni). Un ulteriore esempio è rappresentato dalla Gregoire G167 presentata l'anno scorso in Puglia.

La gestione e la redditività di un oliveto superintensivo sono legate alla disponibilità di cultivar che devono soddisfare dei requisiti unanimamente riconosciuti fondamentali: ridotta vigoria, portamento compatto, ridotta alternanza di produzione, veloce entrata in produzione (2-3 anno), ma allo strato attuale non si hanno dati certi sull'adattabilità delle cultivar italiane a questo tipo di gestione.

Le cultivar che si adattano a queste densità di impianto sono poche, tra le spagnole: l'Arbequina, Arbosana, più congeniale alle zone del Sud; la Koroneiki, di origine greca, ha buona produzione ma è poco resistente al freddo. In Italia si stanno sperimentando impianti ad alta densità con le nuove cultivar: FS 17, Don Carlo, Urano e Giulia.

Sono in corso ricerche e studi anche in Italia sulle nostre varietà, allo stato attuale senza alcun particolare successo. Giova tuttavia ricordare che, come sottolineato dal Prof. Caruso dell'Università di Palermo, un forte impulso agli impianti intensivi e superintensivi in frutticoltura si ebbe con la selezione di portinnesti nanizzanti, ma in questo campo molto lavoro resta da svolgere nel settore olivicolo. L'efficienza della raccolta con le macchine scavallatrici e la sua stessa convenienza dipendono dalla orografia del territorio e dalle dimensioni aziendali (lunghezza dei filari, numero di manovre da effettuare, tempi di spostamento da un appezzamento all'altro).

 

Per ciò che riguarda la gestione agronomica di impianto superintensivo vi sono significative differenze con un impianto intensivo tradizionale.Raccolta meccanizzata Olive

Non indispensabile per il tradizionale, per un impianto superintensivo l'irrigazione risulta essere una scelta obbligata, sia per il maggior volume di terreno esplorato in particolare gia dai primi anni, sia per evitare l'instaurarsi del fenomeno dell'alternanza. I volumi per un impianto superintensivo sono nell'ordine di 2000-2500 m3/ha.

La difesa fitosanitaria deve prestare attenzione nel caso di un oliveto superintensivo all'instaurarsi di condizioni microclimatiche che potrebbero favorire quelle patologie legate ad elevata umidità dovuta soprattutto all'irrigazione ed al maggior ombreggiamento. In Spagna i principali problemi fitosanitari riscontrati sono la rogna, dovuta alle rotture operate dalla macchina scavallatrice, ed i marciumi radicali. In media in Spagna su sistemi superintensivi si arriva a circa 6-7 trattamenti all'anno a base di rame e dimetoato. In Italia, altri patogeni fungini potrebbero alterare gli equilibri vegeto-produttivi delle piante: occhio di pavone, lebbra e verticilliosi. Questa eventualità potrebbe determinare l'aumento del numero di interventi, da effettuare senza perdere di vista la gestione sostenibile del sistema oliveto.

La potatura, la cui incidenza sui costi è significativa, può essere ridotta al minimo e consistere unicamente in un passaggio con barre falcianti, tanto sulla cima (l'altezza massima della pianta deve essere di 2,5 metri) quanto sui rami bassi, per poi eseguire tagli manuali selettivi sui rami con diametro superiore ai 3 centimetri che si espandono trasversalmente: potrebbero infatti dare luogo a difficoltà nell'operatività della macchina per la raccolta. A questo tipo di gestione si affianca la possibilità di un ciclo triennale in cui: al primo anno si effettua il taglio meccanico sui due lati opposti della chioma lungo il filare, al secondo anno non si fa alcun intervento, ad eccezione del taglio basale della chioma, mentre al terzo anno si effettuano tagli manuali di aggiustamento. I cicli triennali di potatura meccanica integrata si susseguono per tre volte, mentre al decimo anno è prevista una potatura di riforma per riprendere successivamente, al secondo anno dall'intervento straordinario, la potatura meccanica che precede serie successive di cicli triennali. Una gestione di questo tipo è adatta sia a modelli di olivicoltura a media che ad alta densità. In alcuni casi in assenza di importanti interventi di potatura, che possono avere un'alta incidenza sui costi di produzione complessivi, si assiste, come evidenziato da una ricerca spagnola (Pastor ed al, 2006) a una drastica diminuzione della produttività, dovuta essenzialmente all'elevato grado di ombreggiamento tra le piante.

Il suolo viene generalmente lasciato inerbito tra le file mentre è necessario eseguire dei diserbi a cadenza regolare, di solito a base di glifosate, sulla fila. 

Altra significativa differenza riguarda la durata degli impianti: se per un impianto intensivo tradizionale si stima una durata produttiva minima di 50 anni, per un impianto superintensivo la durata scende ad un massimo di 15-30 anni. La durata degli impianti superintensivi è ancora tuttora in valutazione visto che i primi impianti risalgono agli inizi degli anni novanta e ci sono dati discordanti.

Infine va ricordato l'importante investimento economico iniziale richiesto da un impianto superintensivo che arriva intorno ai 10.000-12.000 euro/ha. E' necessario inoltre valutare l'investimento per l'acquisto della macchina scavallatrice (o almeno la sua disponibilità in zona), le dimensioni e l'orografia delle superfici da impiantare, gli sbocchi commerciale per l'olio prodotto.

 

Si veda un confronto sintetico tra i due sistemi di coltivazione nella tabella realizzata da Nino Iannotta del Cra, Centro di ricerca per l'olivicoltura e l'industria olearia (Rende, CS).

 

Fonti:

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A cura del Dr. Agr. Carlo Schettini

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