Pasticceria e snack: queste sono le due grandi destinazioni che vedono come protagonista il pistacchio (Pistacia vera), un'arborea che viene annoverata fra la frutta secca assieme al mandorlo, il castagno, il nocciolo e il noce.

 

"Oggi quando parliamo di pistacchio ci riferiamo alle zone di coltivazione siciliane vicino all'Etna. Dei 4mila ettari totali presenti in Sicilia 3.400-3.500 ettari circa si trovano nell'areale di Bronte (Ct)" spiega Francesco Paolo Marra, professore ordinario del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell'Università di Palermo.

 

Sebbene sia una coltura di nicchia con le giuste scelte agronomiche il pistacchio può rivelarsi molto remunerativo per il produttore.

 

AgroNotizie® in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana fa una panoramica sulle varietà più richieste dal mercato, le esigenze colturali e le future prospettive per questo settore.

 

La Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana si adopera per sviluppare la cooperazione scientifica e tecnica tra il mondo della ricerca, gli imprenditori ed i professionisti del settore ortoflorofrutticolo interessando con le sue azioni ed attività un ampio settore dell'agricoltura che include le colture arboree da frutto e da legno, le piante ortive, le colture floricole, le piante ornamentali, il vivaismo, i tappeti erbosi e la gestione del paesaggio e la tutela degli spazi a verde, con il fine ultimo di favorirne il progresso e la diffusione.

 

Esigenze pedoclimatiche

In termini climatici il pistacchio predilige areali con estati calde e secche e inverni che permettano di soddisfare il fabbisogno in freddo pari a 900-1000 ore.

 

Il fabbisogno in freddo è fondamentale per bloccare la dormienza invernale delle gemme, permettendo così la loro apertura in primavera, e sviluppare nuove foglie e fiori per l'entrata in produzione.

 

La crisi climatica però sta causando l'aumento e soprattutto il prolungamento delle alte temperature mettendo a rischio questo fabbisogno, come spiega Marra: "A causa dei cambiamenti climatici cominciamo a vedere dei problemi legati al soddisfacimento in ore di freddo, soprattutto nell'entroterra siciliano e nei nuovi impianti".

 

La scelta dell'ambiente vocato caldo-arido inoltre consente al produttore di evitare lo sviluppo di patogeni fungini, come la septoriosi, che risulta invece più pressante negli ambienti caldo-umidi.

 

Dal punto di vista pedologico è una pianta rustica capace di adattarsi a diversi tipi di suoli, fra cui quelli sassosi e più marginali. Di contro però fa fatica a fruttificare in terreni pesanti e poco permeabili e in terreni sabbiosi perché non trattengono abbastanza elementi nutritivi.

 

La scelta del portinnesto, di cui parleremo più avanti, però può aiutare il produttore a rendere la pianta più tollerante a certe caratteristiche del suolo.

 

Essendo adattabile ai terreni più marginali è molto resistente allo stress idrico; infatti, in Sicilia viene condotto quasi esclusivamente in asciutta: è una pianta perciò arido resistente.

Leggi anche: Aridocoltura: dare il massimo anche senza acqua

Tecniche colturali principali

Anche se è una coltura rustica la conduzione del pistacchieto con pratiche colturali razionali, che prevedono un piano di irrigazione e concimazione, può avvantaggiare il produttore in termini di resa produttiva per ettaro e per chili di seme raccolto.

 

Per l'irrigazione si consigliano dai 1.000 ai 1.500 metri cubi di acqua per ettaro. Mentre per la concimazione, essendo Pistacia una coltura molto esigente in potassio, si consiglia in media 100-120 unità di azoto, 40 unità di fosforo e 80 unità di potassio.

 

"A Caltanisetta e Agrigento seguo degli impianti condotti con tecniche agronomiche razionali in cui abbiamo aumentato la produttività, arrivando a 1,4-1,5 tonnellate per ettaro di frutti in guscio, ciò significa 700-800 chili di seme" continua Marra.

 

Pistacchieto condotto con tecniche colturali razionali in provincia di Caltanisetta

Pistacchieto condotto con tecniche colturali razionali in provincia di Caltanisetta

(Fonte: Francesco Paolo Marra)

 

Le lavorazioni del terreno devono essere perlopiù superficiali per evitare la formazione della crosta superficiale ed evitare l'asfissia radicale, questo perché le radici non si sviluppano in profondità. Inoltre, sarebbe bene evitare l'inerbimento sotto l'impianto in quegli areali dove l'acqua è scarsa.

 

In Italia la potatura per questa specie è ancora manuale, difatti è uno dei costi principali delle aziende. In altri paesi produttori come gli Stati Uniti invece si stanno svolgendo diverse prove per rendere questa operazione completamente meccanizzata.

 

Infine, per la raccolta il produttore può utilizzare delle macchine raccoglitrici scuoti tronco.

 

Cultivar disponibili

Il panorama varietale è costituito da Kerman, Ohadi, Kalehgochi, Bianca, Red Aleppo, Joley, Aegina, Larnaka e Mateur. Queste varietà si distinguono fra loro per diverse aree di coltivazione e per la percentuale di frutti deiscenti e indeiscenti che ne caratterizzano poi l'utilizzo finale nell'industria di trasformazione.

 

Per frutto deiscente si intende quando l'endocarpo, cioè la parte legnosa del frutto, a maturazione si apre facendo fuoriuscire il seme.

 

Per frutto indeiscente invece si intende quando l'endocarpo a maturità rimane chiuso.

 

"La deiscenza è legata alla genetica della varietà e in parte anche dalle condizioni ambientali. La cultivar Kerman, per esempio, che è quella più diffusa negli Stati Uniti ed utilizzata per la produzione di snack, ha una deiscenza che oscilla tra l'85% e il 95%".

 

Il panorama varietale del pistacchio è costituito da diverse cultivar che si differenziano per area di coltivazione e percentuale di deiscenza dei frutti

Il panorama varietale del pistacchio è costituito da diverse cultivar che si differenziano per area di coltivazione e percentuale di deiscenza dei frutti

(Fonte: Francesco Paolo Marra)

 

Nel panorama varietale nazionale la cultivar preponderante è Bianca conosciuta anche con il nome di "napoletana" e selezionata in Italia. Le sue caratteristiche peculiari sono i frutti prevalentemente indeiscenti, di dimensione medio-piccoli e qualità organolettiche elevate che la rendono idonea per il settore della pasticceria e degli snack.

 

Le altre cultivar invece sono prevalentemente a seme deiscente e risultano idonee principalmente per il settore degli snack perché sono state selezionate per produrre un seme di grandi dimensioni con un peso che oscilla fra 1 grammo e mezzo e 2 grammi.

 

Negli ultimi anni in Sicilia si stanno testando in campo altre varietà come Larnaka e Mateur perché molto simili a Bianca per valutarne le performance agronomiche.

 

Portinnesti

"Tra i portinnesti disponibili sicuramente bisogna citare il Terebinto, molto rustico e resistente alla siccità. Però sembrerebbe suscettibile alla salinità, anche se al momento non ci sono molti dati per confermarlo" spiega Marra.

 

Il Terebinto (Pistacia terebinthus) è un'arbustiva spontanea delle zone mediterranee e usato come portinnesto ha permesso l'espansione di questo comparto in Italia creando un agroforestry naturale nell'areale di Bronte.

 

Per il pistacchio però sono disponibili altri due portinnesti: Pistacia atlantica e Pistacia integerrima. Dall'incrocio controllato di queste due specie i breeder hanno ottenuto un quarto portinnesto, denominato Ucb1 (Università della California - Berkeley).

 

Pistacia vera innestato su Terebinto nell'areale di Bronte, in provincia di Catania

Pistacia vera innestato su Terebinto nell'areale di Bronte, in provincia di Catania

(Fonte: Francesco Paolo Marra)

 

Che differenze ci sono fra questo nuovo ibrido e il classico Terebinto?

 

Pistacia terebinthus come scritto in precedenza ha come aspetto positivo la rusticità; quindi, adatto per impianti in terreno marginali. Di contro però è poco vigoroso e suscettibile al genere Verticillium, motivo per cui non può essere coltivato in suoli argillosi con bassa permeabilità.

 

Ucb1 (P. atlantica x P. integerrima) invece è un portinnesto molto vigoroso, mediamente resistente al freddo, resistente all'Armillaria e al Verticillium. Queste caratteristiche potrebbero renderlo idoneo ad essere coltivato anche in areali meno vocati ma devono essere fatte delle prove per testarne le effettive potenzialità.

 

Futuri obiettivi varietali, colturali e genetici

Come abbiamo visto il panorama varietale è composto da cultivar qualitativamente interessanti per il mercato, come Larnaka, Mateur o Aegina, che potrebbero essere coltivate in Italia ampliando così la produzione e l'offerta.

 

Ma non solo, utilizzare queste varietà anticiperebbe di qualche anno l'entrata in produzione dei nuovi impianti: "La varietà Bianca ha un lungo periodo improduttivo, dai 9 ai 10 anni, e questo è uno dei motivi per cui i produttori sono scoraggiati nel coltivarla".

 

Un altro obiettivo è quello di condurre i nuovi impianti in modo razionale utilizzando l'irrigazione, un piano di concimazione ad hoc, i nuovi portinnesti e meccanizzando le operazioni colturali (modificando quindi anche il sesto d'impianto) in un'ottica di aumento delle rese e competitività sul mercato.

 

Infine, si stanno svolgendo degli studi per sequenziare l'intero genoma di questa specie. Avere a disposizione un genoma di riferimento aiuterebbe la ricerca a valutare il miglioramento di alcune caratteristiche fisiologiche come l'entrata in produzione e l'alternanza di produzione tipiche del pistacchio.

 

"Stiamo collaborando con l'Università della California per il sequenziamento del genoma del pistacchio. Essendo però una coltura marginale e con scarsi finanziamenti rispetto ad altre come, per esempio, la vite ci vorrà del tempo per svolgere le dovute ricerche genetiche" conclude Marra.

 

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