In Calabria ancora una volta si contano i danni all'agricoltura a seguito dell'esondazione del fiume Crati, dopo le forti piogge che si sono verificate nel territorio comunale di Corigliano-Rossano, nella notte fra il 24 ed il 25 gennaio scorsi. Nell'area urbana di Corigliano - riferisce Coldiretti Calabria - l'argine del fiume Crati ha ceduto comportando l'allagamento di oltre cento ettari di agrumeti e oltre 40 di seminativi. "Dopo l'alluvione del 2013 che provocò l'allagamento del Parco archeologico di Sibari, questa - continua Coldiretti - è la terza alluvione dal 2018. Evidentemente, nonostante le continue segnalazioni di pericolo, sempre opportunamente documentate, non sono stati messi in campo adeguati interventi risolutori, ma si è solo tamponato". Sul banco degli imputati c'è Regione Calabria, che nel corso di questi anni non avrebbe provveduto a rafforzare adeguatamente gli argini. Anche se è pur vero che in un contesto come quello delle piane calabresi, le zone coltivabili contendono lo spazio alle aree golenali in un contesto ambientale, per altro, da sempre caratterizzato da copiose piene vernine.

"Gli agricoltori - dichiara Franco Aceto presidente regionale dell'organizzazione - ancora una volta pagano un conto immediato con rilevanti danni alle produzioni tardive di agrumi, ma anche in prospettiva poiché si rischia l'asfissia radicale delle piante e quindi la moria".
Le precipitazioni copiose hanno provocato allagamenti in contrada Foggia a Corigliano che hanno interessato le aziende agrumicole e zootecniche ubicate nelle vicinanze del corso d'acqua, causando disagi e danneggiando le coltivazioni.

Negli ultimi 18 anni nella stessa zona - la piana di Sibari, nella quale scorre il tratto terminale di fiume Crati - si sono verificati ben sei episodi di alluvionamento, sempre con danni alle aziende agricole.

Nel 2003 e nel 2008 è toccato alla zona Lattughelle (comune di Cassano allo Jonio), nel 2010 per l'evento di Terranova da Sibari è stata interessata la contrada di Scuse, nel 2011 la furia del Crati si è accanita sulla frazione Thurio del comune di Corigliano-Rossano, mentre nel 2013 si allagano gli Scavi di Sibari, nel comune di Cassano allo Jonio. E ancora, più di recente, gli straripamenti mandano a tappeto le colture in contrada Piano di Scafo a Cassano allo Jonio e nel 2018 ancora vanno sott'acqua le frazioni Thurio e Ministalla sempre a Corigliano-Rossano.

Il danneggiamento degli agrumeti coriglianesi con l'ultima alluvione di una settimana fa, come se non bastasse, va a dare la spallata definitiva al comparto per il quale Regione Calabria ha già dichiarato lo stato di crisi: "Una situazione che si ripete ciclicamente, causata dai cambiamenti climatici in atto, che va ad aggiungersi alla già dichiarata crisi della commercializzazione delle clementine, di cui la Calabria è primo produttore nazionale, dovuta ad una combinazione di fattori che hanno compromesso qualità e durata dell'agrume" sottolinea in una nota Paola Granata, presidente di Confagricoltura Cosenza.

"Se ci sono fenomeni climatici ed ambientali che non si possono prevedere, è però possibile scongiurare il verificarsi di disastri dovuti all'incuria - aggiunge la presidente di Confagricoltura Cosenza -. Così il fenomeno dell'esondazione e dei conseguenti allagamenti delle coltivazioni, potrebbe essere prevenuto attraverso una messa in sicurezza del territorio".

Confagricoltura Cosenza ha sollecitato, a più riprese, istituzioni e amministrazioni a prendersi carico della manutenzione degli argini e della pulizia degli alvei dei corsi d'acqua.

"E' una situazione giunta al limite dell'insostenibilità - afferma la presidente Granata -. Mettere in sicurezza i cittadini, le aziende agricole, il territorio deve diventare una priorità non più procrastinabile. In particolare gli imprenditori agricoli, alle prese con un già fragilissimo sistema economico, non possono più fare fronte a queste negligenze".