Ripartono le macchine

Boccata d’ossigeno per le macchine agricole che in settembre hanno registrato qualche segnale di ripresa.
I dati di FederUnacoma, l’associazione italiana dei costruttori di macchine agricole, indicano infatti un incremento delle immatricolazioni, in particolare nel segmento delle trattrici.
Come anticipa “Italia Oggi” del 9 novembre, le trattrici hanno segnato un vistoso più 20,7% di vendite rispetto al settembre dell’anno precedente. Se però il confronto si sposta sui primi nove mesi del 2020, il bilancio è in rosso, con quasi il 12% in meno di immatricolazioni di trattrici.
Meglio comunque di quanto realizzato nei primi sei mesi, quando la flessione si spingeva sino al 18%.
Ora si spera in un buon andamento negli ultimi tre mesi di quest’anno, che FederUnacoma ipotizza come realizzabile.
Un consolidamento del trend di crescita del settore è poi confermato dalle previsioni della associazione europea dei costruttori di macchine agricole, il Cema.
L’articolo si conclude ricordando che l’Italia è fra i paesi leader a livello mondiale in questo comparto, grazie anche alla forte componente dell’export, anch’esso in crescita.
 

Il tempo del dazio

Le recenti elezioni negli Usa non hanno fermato la disputa commerciale fra Unione europea e Stati Uniti, e in questi giorni si è dato al via all’imposizione di dazi per 4 miliardi di dollari ai prodotti agricoli e industriali provenienti da oltreoceano.
Una azione di rivalsa, autorizzata dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), nei confronti degli analoghi dazi imposti dagli Usa per le provenienze europee.
Una battaglia commerciale, ricorda “Avvenire” del 10 novembre, che va avanti dal 2004, ma che acquista una valenza particolare in questo momento, che alcuni avrebbero preferito evitare, ma che la maggioranza dei ministri del Commercio europeo ha deciso di proseguire.
Nonostante ciò, si moltiplicano gli inviti per una ripartenza del dialogo commerciale transatlantico che conduca a una “pace commerciale”.
Rispunta così il Ttip (trattato di liberalizzazione dei commerci fra Usa e Ue) con al centro il nodo agricoltura, che gli Usa vorrebbero inserire, ma che trova molte resistenze da parte di Bruxelles.
 

I miliardi dell’agricoltura

L’agricoltura europea potrà disporre di 10 miliardi di euro già a partire dal prossimo anno. E’ quanto promette il Recovery Fund e per le aziende italiane saranno disponibili 1,22 miliardi di euro.
Si tratta du un’iniezione di liquidità senza precedenti” ha dichiarato a “Il Sole 24 Ore” dell’11 novembre Paolo De Castro, che ha poi ricordato che si tratta solo di un punto di partenza, in quanto questi fondi potranno essere cofinanziati con risorse nazionali, con un effetto moltiplicatore che può arrivare a cinque volte.
La maggior parte di questi soldi dovrà essere indirizzata a giovani e piccole imprese agricole, nel solco della filosofia delineata dal Green Deal europeo.
Proprio per i giovani si è anche deciso di aumentare il massimale degli aiuti, che dagli attuali 70mila salgono a 100mila euro.
Inoltre il 37% dei fondi sarà destinato a misure che abbiano come obiettivo un beneficio per l’ambiente.
Un accordo, ha tenuto a precisare De Castro, che vuole premiare un settore capace anche nelle fasi peggiori della pandemia di garantire al cibo di giungere sulle tavole dei consumatori.
 

Addio ai “titoli”

Si parla della nuova Pac anche il 12 novembre, questa volta su “Italia Oggi”, per puntualizzare alcune novità che riguardano i “titoli”.
La disciplina dei titoli, si legge nell’articolo, potrà essere superata mediante il regime di pagamento annuale uniforme per ettaro ammissibile.
E’ quanto approvato nella recente seduta plenaria del Parlamento europeo e ora la parola passa al Consiglio europeo che dovrà dare l’assetto finale alla Pac, a partire dal 2023.
Si parla poi del tema della “convergenza”, con la quale si vuole dare uniformità all’entità dei sostegni comunitari.
Fra le richieste del Parlamento europeo quella di destinare almeno il 10% dei terreni a interventi paesaggistici a sostegno della biodiversità.
Si evidenziano inoltre le diversità in tema di misure ambientali fra quanto proposto dalla Commissione e quanto deliberato dal Parlamento.
 

I soldi non spesi

E’ una forte critica quella che “Il Tempo” del 13 novembre muove nei confronti dell’amministrazione pubblica, incapace di gestire le risorse che l’Europa mette a disposizione dell’Italia.
A metterlo in evidenza è la relazione annuale della Corte dei Conti dell’Unione europea, dalla quale si evince che nel 2019 la capacità di assorbimento dei fondi europei è stata appena del 30,7%, a fronte di una media europea del 39,6%.
L’Italia si colloca così al penultimo posto nella graduatoria dei paesi che utilizzano al meglio le risorse messe loro a disposizione dalla politica europea.
Al primo posto dei paesi più virtuosi c’è invece l’Irlanda, con il suo 60,6%. Il danno per l’Italia è notevole e per il solo settore agricolo è stato valutato in 682 milioni di euro.
Le Regioni ove si ha il maggior rischio di disimpegno, con la conseguente restituzione a Bruxelles dei soldi non utilizzati, sono la Puglia con 256,6 milioni di euro non spesi, seguita dalla Sicilia (140,4 milioni), dalla Campania (72,6 milioni) e dalla Basilicata (45,8 milioni).
 

L’origine dei salumi

E’ diventato obbligatorio per salumi e insaccati indicare in etichetta l’origine della carne. Sono infatti passati 60 giorni dalla promulgazione del decreto con il quale si è sancita questa nuova regola, che ripercorre quanto già in vigore da tempo per il latte e i prodotti trasformati.
Come ricorda il “Messaggero Veneto” del 14 novembre, la norma è al momento a “titolo sperimentale” e resterà in vigore sino al dicembre del prossimo anno.
Le nuove indicazioni prevedono che sia indicato il paese di nascita, di allevamento e di macellazione degli animali e la dicitura 100% italiano è utilizzabile solo quanto tutte queste fasi avvengono sul territorio nazionale.
Ad essere escluse solo le Dop, per le quali la provenienza è già garantita dai disciplinari di produzione.
Al plauso degli allevatori per questa norma all’insegna della trasparenza, si aggiungono alcune riserve da parte dei trasformatori per gli ulteriori adempimenti burocratici.
In più, aggiungono questi ultimi, la qualità della carne è importante, ma non meno delle lavorazioni che su di essa vengono fatte per giungere al prodotto finale.
 

Quel semaforo non piace

La disfida delle etichette, quelle a semaforo inglesi e francesi e quella italiana “a batteria”, è approdata sulle pagine dei giornali e fra questi “Libero” del 15 novembre.
Al modello che abbina i colori dal rosso al verde per classificare i cibi, sono rivolte molte critiche per la sua incapacità di distinguere cosa nuoce davvero alla salute.
Uno degli esempi più evidenti si rifà all’olio di oliva extravergine, che in quanto ad alto contenuto in grassi, viene etichettato con un bollino rosso o arancione. Mentre bevande gassate prive di zucchero e addizionate con edulcoranti sintetici vantano etichette verdi.
Analogamente la pasta, per il suo apporto in energia, è giudicata con severità.
C’è chi vede in queste proposte di etichette a semaforo un attacco alla dieta mediterranea, “colpevole”, secondo quanto riporta l’articolo, di essere cresciuta troppo nelle preferenze dei consumatori.
Il modello a “semaforo”, si legge ancora, “premia gli alimenti industriali e boccia quelli legati alla nostra tradizione alimentare”.
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
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