Il bianco fermo è ormai diventato un punto importante dell'offerta enologica made in Italy, fondamentale per la leva dell'export. Con un valore di 1,2 miliardi di euro, è il più venduto al mondo e fa meglio di quello francese, che però ci supera con i rossi e gli spumanti. E' quanto si evince da uno studio dell'Osservatorio wine monitor di Nomisma, presentato al convegno "Bianco come il vino" organizzato dall'Istituto marchigiano di tutela vini a Jesi, in occasione dei 50 anni della Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi.

Secondo l'indagine, i vini bianchi fermi sono cresciuti negli ultimi 5 anni del 26% a valore contro il 16% dei vini rossi. A tirare la volata delle vendite di vino bianco ci sono i mercati esteri, in particolare negli Usa (+73%), che è anche il primo mercato di destinazione (36,6% del totale dell'export di bianco fermo), seguito da Germania (16,5%) e Regno Unito (14,2%). Unico neo negativo il perdurante prezzo medio più basso rispetto agli altri competitor, con un 2,80 euro al litro rispetto ai 4,93 della Nuova Zelanda e ai 4,69 del vino francese.

"Nonostante i vini rossi rappresentino ancora la tipologia più consumata al mondo con circa il 55% dei volumi totali - sottolinea Denis Pantini, responsabile di Nomisma wine monitor - negli ultimi anni i bianchi hanno registrato dinamiche di crescita più rilevanti. Questa crescita generalizzata risulta trainata da nuove tendenze e modalità di consumo contraddistinte dalla ricerca di prodotti più versatili e da consumare in particolare fuori casa".

La carta vincente, anche per il futuro, sembra essere infine quella degli autoctoni, con il 45% degli italiani che li elegge vini del futuro al pari di quelli biologici.
"I vini bianchi stanno dimostrando tutta la loro versatilità - sottolinea il direttore dell'Istituto marchigiano Alberto Mazzoni - e quelli italiani piacciono perché sono in gran parte frutto di uve autoctone molto diverse tra loro e in grado di far scoprire tutta la varietà e le diverse caratterizzazioni del nostro vigneto".

Fra gli esempi più importanti c'è il Verdicchio dei Castelli di Jesi, che in dieci anni ha visto triplicare la superficie media di ettari vitati per azienda e un rinnovamento del 25% dell'intero totale dei vigneti.
"A questo - continua Mazzoni - in questo ultimo decennio le aziende aderenti ai nostri progetti di promozione sono cresciute del 165% e l'export è aumentato del 50%. Queste scelte lungimiranti stanno pagando sul piano dell'affermazione qualitativa del prodotto, ma non si è ancora chiuso il cerchio. Ora serve lavorare di più sul valore, quindi sull'aspetto commerciale e di marketing, sia in Italia che all'estero".