Con il 37° Congresso Nazionale di Aapi, l'Associazione Apicoltori Professionisti Italiani, che si è concluso a gennaio a Sacrofano in provincia di Roma, l'Associazione ha rinnovato il suo consiglio direttivo.

 

Intervista al nuovo presidente Gianni Alessandri su quelli che sono e saranno i prossimi obiettivi dell'Associazione.

 

Signor Alessandri, innanzitutto le chiedo di presentarsi: ci racconta brevemente il suo percorso professionale?

"Mi sono avvicinato alle api da ragazzo, ai tempi delle superiori, dando una mano a un mio parente apicoltore ed il fascino dell'allevamento di questo animale mi ha presto conquistato. Ho mosso i primi passi per costruire una mia azienda apistica nel 1998, trovando non poche difficoltà per acquisire competenze e informazioni in un ambiente professionale caratterizzato da gelosie e chiusure.

 

L'Associazione degli Apicoltori Professionisti è stata un'opportunità unica che mi ha consentito di affacciarmi a una diversa visione d'insieme. L’Aapi è stato uno degli ambiti più importanti per il mio percorso di crescita aziendale per cercare di fronteggiare i tanti aspetti che richiedono, anzi impongono, aggiornamento continuo quali, ad esempio la gestione sanitaria degli apiari, l'innovazione tecnologica, la selezione genetica, ecc.. Una 'università dal campo e per il campo' basata non solo sulla condivisione di esperienze e conoscenze rispetto alle problematiche d'allevamento, ma anche sull'importanza della fraterna e solidale relazione umana e personale.

 

Ho dal 2008 condiviso la gestione dell'azienda con la mia compagna: insieme conduciamo oggi circa un migliaio di alveari nel grossetano per la produzione di miele, polline e api regine".

 

Cosa è oggi Aapi, quanti sono i soci e gli alveari gestiti e dove si trovano sul territorio nazionale?

"Attualmente Aapi è una realtà associativa vitale ed il rapido mutare del contesto in cui le aziende apistiche professionali operano, l'aumentare della complessità e delle problematiche ad essa connesse, richiede un vigoroso sforzo di rinnovamento; conta ad oggi 240 soci, per un totale di circa 120mila alveari allevati su tutto il territorio nazionale.

 

Va segnalato anche che, rispetto al passato, si avvicinano all'Aapi molte aziende di medie dimensioni (200-400 alveari) che vedono nel mondo professionale apistico un'occasione di crescita non solo dimensionale e produttiva ma soprattutto strategica, che permetta loro di adattarsi, nella maniera più efficace possibile, ai nuovi scenari produttivi e commerciali dettati dai rapidi cambiamenti climatico ambientali".

 

Come è composto il nuovo consiglio direttivo e che realtà del settore ci sono rappresentate?

"Analogamente a quanto sta accadendo nell'intero comparto nel nostro paese e contrariamente alla narrazione per cui l'associazionismo apistico sarebbe dominato da scarso ricambio, l'Aapi, e più in generale il mondo Unaapi, sta vivendo un non scontato ricambio generazionale; la 'vecchia leva', che tanto ha dato e costruito, si è fatta da parte e oggi ci troviamo con un gruppo dirigente giovane e dinamico. I consiglieri provengono da aziende leader in 10 diverse regioni e sono accomunati da grande competenza e professionalità, pur interpretando in modi anche molto diversi l'impresa apistica e rappresentando così l'ampio ventaglio dei prodotti dell'alveare. Ci sono, quindi, tutti i presupposti affinché al nostro tavolo si possano affrontare con cognizione di causa le questioni vitali per la sopravvivenza e la crescita dell'apicoltura professionale che già bussano insistentemente alla porta".

 

Aapi nasce nel 1983 per cercare di far fronte comune all'emergenza della varroa da poco arrivata in Italia. Quali sono le problematiche di oggi che voi ritenete centrali e qual è lo stato di salute delle aziende apistiche professionali, o almeno delle vostre associate, in questo periodo sicuramente non facile per il settore?

"Siamo uno dei comparti agricoli più colpiti e penalizzati dal cambiamento climatico. Oramai non ha quasi più senso parlare di eventi meteo estremi: siamo all'inizio di una nuova epoca, caratterizzata da ripetuti e sistematici stress di tutta la vegetazione, sia spontanea che coltivata.

 

La disponibilità di nettare e polline per le api non segue più il normale ciclo delle stagioni e della vita ed è drammaticamente in crisi la ultra millenaria sincronia tra i vegetali e gli animali che ne garantiscono l'impollinazione.

 

Pertanto, le rese di alveari ben accuditi sono drasticamente ridotte, anzi si è sovente costretti a somministrare nutrizioni di soccorso alle famiglie d'api per evitare che, pure in presenza di belle fioriture, periscano di fame. Non ci limitiamo, però, a dover subire un importante calo di rese e un incremento dei costi di allevamento, rischiamo di essere asfaltati dall'importazione in Europa di miele a prezzi stracciati e di assai dubbia se non certa adulterazione: frodi diffuse realizzate con tale maestria che è assai difficile e costoso individuarle, specie per un sistema di controlli che ha la priorità di arginare i pericoli per la salubrità degli alimenti e non di verificare l'autenticità di questi ultimi, pur stabilita dalla normativa.

 

A tali difficoltà si aggiungono le problematiche sanitarie crescenti, in particolare la maggiore diffusione e aggressività delle patologie virali e l'espansione di predatori alloctoni delle api (Vespa velutina e Vespa orientalis)".

 

E come intendete affrontarle?

"In un tale contesto non ci sono soluzioni semplicistiche e tali da garantire futuro. Compito dell'Associazione è da un lato accompagnare il processo di non semplice resistenza, resilienza, differenziazione, adeguamento e ridefinizione delle aziende per cercare di sopravvivere, dall'altro premere per ottenere politiche pubbliche che non ostacolino le possibilità produttive ma, anzi, si concretizzino in sostegni sia diretti e sia indiretti.

 

Fondamentale sarà assicurare nell'immediato futuro alle aziende apistiche professionali la libertà di scelte gestionali e produttive come, ad esempio, la piena possibilità di svolgere il nomadismo, pratica ormai indispensabile per la stessa sopravvivenza delle aziende apistiche.

 

Con l'Unaapi, cui aderiamo sempre più convintamente, conto si riesca a ottenere il rispetto e il sostegno analogo a quello cui godono giustamente altri comparti zootecnici. È auspicabile, infine, ottenere semplificazioni normative che, nel rispetto delle regole, non ingessino ed appesantiscano il lavoro di campo degli apicoltori professionali".

 

La nuova Politica Agricola sta introducendo nuove misure a sostegno del settore, dagli impegni per l'apicoltura all'ecoschema impollinatori, come le considera nell'ottica di una azienda professionale?  insufficienti, utili, migliorabili?

"Premesso che preferiremmo di gran lunga poterci sostenere, come abbiamo fatto fino a pochi anni fa, con la sola forza derivante dal nostro lavoro, con la nuova Pac si è socchiuso l'uscio di tali possibilità sia con gli impegni per l'apicoltura dello sviluppo rurale (Aca 18) che, indirettamente, con l'ecoschema impollinatori.

 

Prevedo e vedo difficoltà iniziali, e non da poco, ma ho ragione di sperare in un percorso di miglioramento. In particolare, sarebbe un gran passo avanti se si riuscissero a ottenere sostegni pubblici per coprire almeno parte dei costi per le sempre più frequenti e indispensabili nutrizioni di soccorso per evitare che gli alveari muoiano di fame, anche in piena stagione".