Son tempi apocalittici: non bastasse il covid-19, aleggia in Europa anche la sars e fa di nuovo capolino la peste suina africana.

Per quest'ultima è stata proclamata l'emergenza in Piemonte e Liguria, dove sono state ritrovate otto carcasse di cinghiale infette. Le misure di emergenza sono fin da subito draconiane. In 114 comuni sono state limitate le attività all'aperto (agricoltura, caccia, pesca, trekking e bici, raccolta funghi); una vera e propria zona rossa per impedire lo spillover - il passaggio dai cinghiali ai maiali - sensibilissimi a questo virus che ha una letalità prossima al 90%.

Si vuole a tutti i costi evitare che il virus arrivi in Emilia Romagna e Lombardia, dove risiede buona parte degli oltre 8 milioni di maiali italiani, un patrimonio che vale prodotti per 8 miliardi di euro di cui 1,7 di export.
Piccolo ripasso epidemiologico: il virus della peste suina africana è endemico (e contenuto) in Sardegna, più recentemente ha colpito alcuni Paesi dell'Europa nordorientale - dalla Polonia si è poi portato in Belgio (forse a causa di un panino buttato da militari Nato dopo un'esercitazione in Polonia) e in Germania. Da qui il salto in Piemonte e Liguria - un bel salto - come ha riportato il sempre ottimo Carlo Ottaviano su Il Messaggero: "Non è che i cinghiali volano…".
In effetti subito Cina, Svizzera, Giappone e Kuwait hanno interrotto le importazioni di prodotti suinicoli dall'Italia.

La Cina è stata recentemente colpita duramente dalla peste suina con una perdita di oltre 300 milioni di capi - attualmente è di gran lunga il maggiore consumatore e importatore mondiale. In Cina gli italiani iniziavano a farsi un poco di spazio fra la forte concorrenza degli altri player europei, fra cui adesso primeggiano Paesi come la Danimarca, la Spagna e la Francia.

Non meravigliatevi allora se leggerete di stormi di porci con le ali che solcano i cieli della Francia con direzione Sud. Non sarà l'apocalisse.