Il troppo storpia, sempre. Soprattutto quando si parli di azoto e vite da vino. Questa coltura non necessita infatti di forzature vegetoproduttive, dal momento che i disciplinari di produzione plafonano i raccolti su ben precisi limiti in quintali. Quindi, azoto sì, ma senza esagerare. Altrimenti, gli eccessi di rigoglio vegetativo si ripercuoteranno sicuramente sui programmi di difesa fitosanitaria, creando condizioni favorevoli ai patogeni, peronospora in primis.


Quanto ai momenti di massimo assorbimento, si deve ricordare come la vite presenti due picchi distinti di attività radicale. Momenti nei quali è bene quindi concentrare la distribuzione dei fertilizzanti azotati. Il primo giunge dopo la vendemmia, quindi verso i mesi di settembre-ottobre. Il secondo cade invece in primavera, dalla ripresa vegetativa alla fioritura. Cioè verso aprile-maggio.

 

È infatti dalla fase di germogliamento sino a quella di fioritura che la vite utilizza la maggior parte dell'azoto per sostenere le esigenze della coltura in termini di biosintesi proteica, a sua volta basata sulla disponibilità amminoacidica.

 

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Azoto: impossibile la dose univoca

Indicativamente, per produzioni fra gli 80 e i 120 quintali per ettaro le applicazioni standard possono oscillare intorno ai 50 chili di azoto. Solo per vigneti con forme di allevamento particolarmente vigorose ed espanse tale dose può salire significativamente, fino a 80-90 chilogrammi. Ciò soprattutto quando vi sia penuria di sostanza organica nel terreno, difetto da correggere il prima possibile, oppure si possa salire oltre i 120 quintali per ettaro. Infine, un apporto superiore di azoto può essere giustificato da fenomeni di lisciviazione dovute a piogge particolarmente intense. 


Se, al contrario, sono previste produzioni inferiori agli 80 quintali per ettaro, oppure siano stati apportati ammendanti o ancora vi sia elevata disponibilità di sostanza organica, la dose teorica di 50 chili di azoto può scendere indicativamente di una ventina di chilogrammi per ettaro. Ciò crea una forbice estremamente ampia di dosaggi, partendo da una trentina di chili circa, fino a punte pari al triplo di questa soglia minima. 


Ogni viticoltore dovrà quindi tarare gli apporti di azoto in funzione delle specifiche condizioni dei propri vigneti. Sempre consigliabili, ovviamente, i fertilizzanti azotati granulari a lenta cessione, da distribuirsi esclusivamente lungo i sottofila. In tal modo si migliorerà al contempo l'efficienza complessiva della concimazione e si ridurranno i rischi di diffusione dell'azoto verso le acque, superficiali e profonde.


Non solo azoto

Le esigenze di altri elementi nutritivi, meso e micro, qualora se ne riscontri l'esigenza, può essere soddisfatta per via fogliare. In tal modo si possono mirare e somministrare al meglio i supporti in termini di calcio, magnesio, fosforo e potassio, cui si aggiungono microelementi come boro, manganese, ferro e zinco. Il tutto, verificando preliminarmente la reale disponibilità di tali elementi per la coltura.


Apporti di rame e zolfo, aventi anch'essi ruoli nutrizionali, risultano pressoché inutili su vite, dal momento che entrambi vengono somministrati in abbondanza alla coltura in veste di agrofarmaci