Fra le conseguenze, non per tutti infauste, delle guerre vi è la volatilità dei prezzi. Non era bastata la strana congiuntura economica mondiale e la pandemia a spingere sui costi delle materie prime che adesso arriva, inopinata, anche una guerra: tempesta perfetta.

Non che ci possiamo spiegare proprio tutto: mentre facciamo benzina a 2,2 euro al litro ci viene in mente che nel 2008, pur con costi al barile del petrolio che arrivarono a 150 euro, la benzina si pagava assai meno, ma tant'è: "sono i misteri dell'economia, baby".

Vediamo invece la situazione di mercato per le derrate agricole. Del fatto che la Russia e l'Ucraina siano super potenze agricole abbiamo già scritto la scorsa settimana - per l'export del grano nel rank mondiale la Russia è in prima posizione, l'Ucraina in quinta. Per il mais l'Ucraina è leader globale con il Brasile ma primissima nel rifornimento dell'Ue. Per la stagione in corso si prevede nell'Unione Europea un aumento della produzione di grano tenero: 138 milioni di tonnellate contro i 127 dello scorso anno (fonte: Usda) conseguente anche a un aumento delle superfici investite. Da notare che vi sono paesi come la Romania e la Bulgaria dove la produzione e l'export granario stanno aumentando vertiginosamente e che si vanno aggiungere agli altri due esportatori europei: Francia e Germania.
Per il mais siamo alla sfera di cristallo ma possiamo scommettere che i francesi assieme a due grandi produttori come la Romania e la Polonia si impegneranno molto nel cercare di sostituire l'Ucraina (intanto paesi come la Serbia hanno sospeso le esportazioni). Per l'orzo le previsioni produttive danno un certo calo (da 11 a 10,4 milioni di ha investiti) con il mercato mondiale che invece pare sempre piuttosto recettivo e condizionato fino a ieri dalle produzioni appunto di Russia e Ucraina.

In sintesi noi speriamo e preghiamo affinché la guerra cessi. In caso contrario però bisogna ipotizzare che le dinamiche di mercato si modificheranno profondamente - potrebbe allora essere interessante tornare a pensare a un aumento della produzione interna. Chissà se per colture come il mais per l'Italia non si possa tornare ai vecchi fasti?