Un fantasma si aggira nel mondo olivicolo e oleario italiano e meridionale in particolare: quello di una presunta imminente decisione del Consiglio oleicolo internazionale volta a cambiare le norme commerciali per definire l'olio extravergine di olive, in particolare riducendo il tasso di acidità massimo titolato in acido oleico, attualmente fissato allo 0,80% e come tale recepito dal Regolamento Ce 1513 del 2001.

Vero è che la prossima sessione del Consiglio dei membri del Coi - la 113esima - si terrà il 28 ed il 30 giugno prossimi e che ancor prima, il 22 giugno, è attesa la 56esima riunione del Comitato consultivo, ma all'ordine del giorno dell'organizzazione internazionale con sede a Madrid non vi è alcuna riduzione del tasso di acidità o di altri parametri per definire l'olio Evo. Infatti, fonti confidenziali di AgroNotizie molto vicine al Coi smentiscono categoricamente che un tale argomento possa essere trattato in questi giorni.

"Per l'olio extra vergine di oliva, il Coi non sta affatto decidendo di modificare dei parametri chimici né di abbassare l'acidità. Ne ho avuto conferma alla fonte". A confermare la smentita, pochi giorni fa è il deputato calabrese del M5S Paolo Parentela, componente della Commissione agricoltura, che però arriva troppo tardi per spegnere la polemica.

Infatti, in Italia infuria ormai da settimane un vero e proprio dibattito, a tratti infuocato, tra le organizzazioni agricole, meritevole se non altro di essere conosciuto per quel che è: una guerra tra posizioni diverse su una imminente decisione che non c'è, ma che ugualmente assume rilievo, perché l'Italia resta uno dei principali produttori di oli di oliva del mondo, con il suo cuore pulsante a Mezzogiorno. Ed è interessante capire quale sia la posizione delle organizzazioni agricole sul come sarebbe meglio stabilire la qualità dell'olio. Perché gli interessi in gioco non sono da poco e le posizioni riflettono un vero e proprio Risiko, dove ciascun giocatore cerca di valorizzare i capisaldi che ha.
 

L'antefatto, metti un incontro al Mipaaf

L'equivoco nasce all'inizio di questa primavera, quando il Mipaaf convoca le organizzazioni agricole italiane, chiedendo loro quale posizione avrebbero espresso nel caso il Coi avesse ventilato l'ipotesi di cambiare i parametri commerciali per definire l'olio extravergine, indicando un ipotetico ribasso del tasso di acidità e di altri parametri. Uno zelante tentativo di carpire una volontà e di sondare il terreno delle organizzazioni senza alcuna base di conoscenza reale, un ragionare "come se" che però - passando di bocca in bocca - si scioglie in verbi all'indicativo ed al gerundio e nella comunicazione passa la fake news: il Coi sta prendendo la decisione di abbassare il tasso di acidità massimo oltre il quale un olio può definirsi solo vergine, ma non anche extra. Il tasso passerebbe addirittura allo 0,5% o a quello 0,4 che oggi è richiesto solo per extravergini di alta qualità, con tanto olio che si troverebbe da un momento all'altro a passare da una categoria all'altra.
 

La Calabria investe la Conferenza Stato-Regioni

La voce gira vorticosa e giunge sulla scrivania dell'assessore all'Agricoltura della Regione Calabria, Gianluca Gallo, che prende una precisa posizione contraria alla supposta imminente decisione del Coi. Nel corso dei lavori della Commissione Politiche agricole della Conferenza Stato-Regioni del 10 giugno scorso l'assessore Gallo ha presentato il testo di una risoluzione, condivisa dalle altre regioni italiane, da indirizzare al ministro all'Agricoltura, Stefano Patuanelli, "per impegnare il Governo a stoppare l'iniziativa del Consiglio oleico internazionale, in queste settimane impegnato a rivedere i criteri di classificazione degli oli extravergini" è scritto a chiare lettere nel comunicato ufficiale di Regione Calabria.

L'assessore, nello spiegare la sua contrarietà a tale eventualità, cita un incontro avuto in Calabria con le organizzazioni agricole, in particolare con Confagricoltura, da cui mutua sostanzialmente la posizione. La preoccupazione maggiore - sottaciuta dall'assessore Gallo, ma ben presente a Confagricoltura Calabria - è che il 40% degli oli di oliva calabresi superano lo 0,4% di acidità e se la soglia massima ammissibile scendesse a quel livello, un ingentissimo quantitativo di olio finirebbe in categoria vergine, svalutandosi del 43% stando agli attuali prezzi del mercato all'origine rilevati da Ismea in Calabria.
 

Coldiretti, abbassare i parametri è bene

Ma il 16 giugno scorso prende posizione Coldiretti Calabria che in comunicato stampa congiunto con Assoproli Calabria afferma con una certa durezza: "Abbassare i parametri di classificazione dell'olio extravergine d'oliva, dall'acidità agli etil esteri, significa difendere la qualità della produzione olivicola calabrese e tutelare la dignità del lavoro quotidiano dei nostri produttori calabresi. È solo attraverso una migliore distintività qualitativa che possiamo creare un futuro per le nostre produzioni, come già avvenuto per altre produzioni agricole".

Per Coldiretti Assoproli "E' sicuramente un danno, per le produzioni calabresi, difendere posizioni finalizzate a fermare iniziative come quella di una revisione dei parametri chimici in base ai quali vengono classificati gli oli, specie se tali revisioni mirano alla tutela della migliore qualità e salubrità del prodotto".

"Riteniamo utile per la nostra olivicoltura - sostengono ancora - che la Calabria deve essere regione capofila, come spesso accade, nel difendere tali processi di cambiamento e invitiamo l'assessore Gallo ad un confronto per individuare quelle azioni politiche per agevolare i nostri produttori ad affrontare radicali cambiamenti rivolti verso produzioni di qualità, di salubrità e di sostenibilità".

"Il grande lavoro e lo sforzo profuso quotidianamente da molte aziende calabresi pur tra mille difficoltà per produrre oli sempre migliori - spiega Franco Aceto, presidente di Coldiretti Calabria - devono essere gli esempi da difendere e tutelare, basti pensare che già adesso i parametri di certificazione dell'Igp Olio di Calabria, il prodotto che più di tutti identifica la nostra regione, sono ben più restrittivi di quelli dell'extravergine standard".

Per l'Igp Calabria il tasso di acidità massimo ammesso, titolato in acido oleico è dello 0,5%. La posizione della Coldiretti inoltre sottolinea come "Il restringimento, però, non deve riguardare solo l'acidità, ma anche e coerentemente gli altri parametri che definiscono l'effettiva qualità del prodotto e la sua capacità di mantenere intatte le proprie caratteristiche nel tempo". Inoltre Coldiretti non è spaventata dall'eventuale ampliarsi dei quantitativi di oli vergini, per i quali vagheggia possibili ed inediti scenari di futura valorizzazione.
 

Confagricoltura Calabria, qualità non sempre è sinonimo di bassa acidità

Passano poche ore e il 17 giugno prende posizione con molta asprezza Confagricoltura Calabria: "Occorre bloccare sul nascere qualsiasi modifica che possa inficiare la qualità delle produzioni di olio extravergine d'oliva italiano e calabrese, sulla quale tanti imprenditori hanno investito risorse e competenze per generare un prodotto che è, e deve restare, d'eccellenza". È la richiesta che formulano Alberto Statti, Pierluigi Taccone e Walter Placida, in una nota, rispettivamente presidente di Confagricoltura Calabria, presidente regionale e nazionale della sezione Olivicola di Confagricoltura sul tema delle modifiche ai parametri dell'olio extravergine di oliva supposti al centro dei lavori del Coi.

"Evidenziamo con forza che un'eventuale riduzione dei requisiti per ottenere quelle certificazioni minerebbero alle basi quel lungo lavoro svolto da chi quotidianamente si sacrifica per far crescere la filiera con conseguenze devastanti su qualsiasi ipotesi di sviluppo e di occupazione". "In questo senso bene ha fatto - dicono - l'assessore regionale Gianluca Gallo a rendersi promotore di un'iniziativa politica con i suoi colleghi assessori delle altre regioni a tutela degli imprenditori olivicoli italiani e seguendo la nostra proposta".

Secondo Statti, Taccone e Placida, "l'introduzione di nuovi requisiti che prevedano la diminuzione di parametri di acidità come anche di altre caratteristiche chimiche finirebbero per svilire quelli che sono, semmai, i nostri punti di forza e che rendono unico l'olio extravergine d'oliva calabrese e italiano".

"Le caratteristiche degli oli Evo italiani - sostengono a questo proposito - estremamente eterogenei ed incomparabili nei loro gusti e profumi provengono da un patrimonio olivicolo unico per biodiversità e formato da decine e decine di varietà diverse, come è diverso il nostro territorio. Essi subiscono nel corso degli anni, pur conservando le ottime qualità sensoriali, differenze di acidità dovute ad andamenti climatici non stabili". Secondo i tre esponenti di Confagricoltura, "il rischio di disperdere questo patrimonio di biodiversità è un dato ineluttabile se parte di queste produzioni verranno svalutate".

"Le caratteristiche organolettiche di un olio extravergine di oliva fino alle acidità di 0,8, ma anche di 1 grado - spiegano in particolare Statti,Taccone e Placida - non cambiano in funzione dell'acidità. Circa vent'anni fa si è applicata una riduzione da 1 grado a 0,8, ma gli extravergini non ne hanno tratto alcun vantaggio".

"Se si volesse valorizzarne la qualità - specificano ancora - bisognerebbe prendere in considerazione altri parametri, come l'acido oleico, che distingue concretamente gli oli di oliva dalla maggior parte degli oli di semi e non l'acidità, sulla quale con metodi diversi si potrebbe addirittura intervenire con procedimenti non molto ortodossi, ma soprattutto prendendo in seria considerazione la pratica del panel test, vero elemento identificativo di un olio Evo di alta qualità". Insomma, per Confagricoltura, giunti a così già bassi livelli di acidità accettati, la questione della qualità ruota intorno ai polifenoli ed altri dettagli, non certo intorno al titolo di acidità.

"La nostra climatologia - affermano ancora - è di tipo mediterraneo, con inverni miti ed umidi, estati calde o temperate, ma comunque umide. Tali condizioni favoriscono le numerose patologie fungine, tipiche dell'olivo, la loro presenza, per quanto contrastata, comporta qualche decimale di acidità in più, senza alterare le caratteristiche qualitative dei nostri oli".

"Al contrario paesi come la Spagna, in particolare l'Andalusia - sottolineano Statti, Taccone e Placida - appartengono climaticamente ad un'area continentale, con inverni secchi e freddi ed estati torride, in cui la presenza di crittogame e di parassiti è molto limitata. Questo favorisce le basse acidità, ma non le caratteristiche organolettiche degli oli ottenuti".

"Perseguire questa ipotesi di riduzione dei parametri, sia fisici che chimici
- sostengono conseguentemente i tre esponenti di Confagricoltura - significa radiare dal mercato una fetta consistente della produzione italiana di extravergine, oggi abbastanza valorizzata, introducendola nella fascia degli oli vergini, il cui valore è di poco superiore agli oli lampanti".

"Si corre il rischio di escludere dalla gamma degli extravergini, oli con caratteristiche organolettiche ottime e continuare ad ammettere oli sensorialmente discutibili. Per la Calabria, secondo una stima approssimata
- evidenziano - gli oli Evo di acidità superiore allo 0,4 sarebbero circa il 40% dell'intera produzione. Non si vede inoltre la necessità - affermano ancora Statti, Taccone e Placida - di creare categorie aggiuntive a quelle esistenti. Vi sono le Dop e Igp che già occupano degli spazi di alta qualità".

Insomma, il dibattito sul che cosa debba essere un olio extravergine di olive è aperto, con buona pace del Coi che non c'entra niente.