Sicuramente quando sono nati, nel 1919, lo scenario era ampiamente diverso. Gli Stati Uniti uscivano dalla Prima guerra mondiale, che aveva provocato milioni di morti, anche se il terreno di battaglia era lontano più di 6mila chilometri. L’'gricoltura rappresentava una voce ancora percentualmente significativa dell'economia a stelle e strisce, anche se il processo di industrializzazione correva e la crisi del '29 sarebbe arrivata dieci anni più tardi.

Oggi, a un secolo di distanza, l'American farm bureau federation, il sindacato agricolo degli agricoltori e degli allevatori, festeggia i primi cento anni di vita alle prese con altre sfide, rimanendo fedele alla propria missione, sintetizzata dal californiano Jim Costa nel video celebrativo per il traguardo raggiunto: "Quello che fa ogni giorno il Farm bureau è lavorare duramente per portare il cibo sulle tavole degli americani". L'obiettivo, comunque, va ben oltre la mission strettamente agricola. "Siamo quotidianamente impegnati per far crescere le comunità", è il messaggio del dodicesimo presidente della Afbf, Zippy Duvall.

"The voice of agriculture" è lo slogan del sindacato, nato appunto nel 1919 formando un nuovo livello associativo, partendo dalle esigenze del movimento degli agricoltori e degli allevatori: far sentire la propria voce.

Il peso dell'agricoltura, come in tutti i paesi occidentali ed evoluti, è diminuito in termini di addetti ai lavori, restando tuttavia cruciale sul fronte della sicurezza alimentare e del cibo. Negli anni '50, gli agricoltori costituivano oltre il 12% della forza lavoro, mentre oggi la rappresentanza è scesa ad appena l'1,3% del mercato del lavoro statunitense.
Restano ancora da vincere molte sfide, magari spingendo sull'innovazione e il ricorso alle nuove tecnologie che possono consentire alle imprese di produrre di più e meglio, con un minore impatto ambientale e una redditività maggiore. Temi che possono sembrare lontani dall'agricoltura a stelle e strisce, ma non è così.

Recentemente, infatti, ha chiuso il colosso del settore dairy, Dean foods, il numero uno del comparto negli Usa, travolto da un indebitamento superiore al miliardo di dollari. Colpa del crollo dei consumi di latte - scesi dai 130 litri annui pro capite del 1975 agli attuali 66 litri - alimento soppiantato dal cosiddetto "fake-milk", le bevande vegetali a base di soia, cocco, mandorle e dintorni.
Tutto ciò impone nuove strategie commerciali per la filiera lattiero casearia (da qui anche il blocco daziario imposto ai formaggi italiani) e politiche di rilancio delle stalle, in grave sofferenza.
Il nodo del ricambio generazionale è irrisolto anche negli Stati Uniti e, senza adeguate prospettive di redditività, è impossibile che i giovani si affaccino al mondo dell'agricoltura.

Fra le altre sfide che il sindacato deve affrontare in questi secondi cento anni si inseriscono i cambiamenti climatici. Proprio nelle scorse settimane una valutazione del Drought monitor ha rilevato che la siccità che già colpisce più di 30 milioni di persone negli Stati Uniti Sud-Orientali sta peggiorando, con intere fasce messe alle strette da situazioni climatiche dure. Ad essere coinvolte sono aree che spaziano dall'Alabama alla Virginia, con 75 milioni di persone messe a repentaglio dalla siccità.

La questione ambientale è uno dei grandi temi da affrontare. Anche negli Usa non è efficacemente compreso il ruolo degli agricoltori e degli allevatori nella protezione dell'ambiente.
"Oggi - spiega la Afbf - solo il 9% delle emissioni totali di gas serra degli Stati Uniti proviene dall'agricoltura. Secondo le National academies of science, l'adozione ancora più ampia di tecnologie che aiutano a immagazzinare CO2 nei suoli e nelle piante potrebbe dimezzare quel numero. Le innovazioni all'orizzonte potrebbero ridurlo ulteriormente. In effetti, quando pratiche come la diversa rotazione delle colture, la copertura delle colture, la riduzione della lavorazione del terreno, la precisione nella gestione dell'azoto e il miglioramento dei sistemi di pascolo saranno pienamente adottati, gli agricoltori e gli allevatori potrebbero ottenere emissioni nette negative di gas a effetto serra".

Proprio un'analisi della American farm bureau federation dei dati del dipartimento dell'Agricoltura mostra che "negli Stati Uniti gli agricoltori e gli allevatori producono più colture, bestiame, frutta e verdura, carburante e fibre come mai prima d'ora, usando meno acqua, proteggendo dall'erosione e conservando più suolo, evitando la perdita di nutrienti, aumentando l'habitat della fauna selvatica e migliorando la biodiversità usando meno terreni coltivati".

Una delle strategie che il mondo agricolo deve necessariamente adottare - secondo l'American farm bureau federation - è legata alla comunicazione. "Oggi i consumatori sono curiosi di sapere da dove viene il loro cibo - spiega la Afbf - e gli agricoltori hanno un'enorme opportunità per raggiungere coloro che sono veramente a migliaia di miglia da un campo di grano".
In che modo? Attraverso i social, of course. "Con 230 milioni di utenti attivi solo negli Stati Uniti, i social media consentono agli agricoltori di creare connessioni come mai prima d'ora. E YouTube, usato dal 73% degli adulti Usa, è la piattaforma di condivisione video più popolare per quelli dell'America rurale".

Appuntamento, ora, fra cento anni.