Grani antichi siciliani - come il Monococco, prima attestazione del passaggio dell’uomo primitivo da raccoglitore, cacciatore ad agricoltore - tornano ad essere mietuti su nove ettari nella località che gli antichi greci nel 650 Avanti Cristo chiamarono “luogo del sedano”: Selinunte, oggi sede di uno dei più importanti siti archeologici della Sicilia - a Castelvetrano (Trapani) - e dove continua a fare capolino tra la vegetazione spontanea proprio quel sedano selvatico che oltre 25 secoli fa ispirò i fondatori della città della Magna Grecia.

La scorsa settimana si è mietuto il grano all'interno del Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa con il quale si produrranno cous cous e pasta con il logo del parco, grazie ad un protocollo d’intesa con il Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore, ente strumentale della Regione Siciliana, attivo da 20 anni nella ricerca sui cereali. Un’esperienza che - grazie all’operazione di marketing - servirà nei prossimi cinque anni a far conoscere meglio i grani antichi siciliani, contribuirà alla disseminazione della cultura dei cereali tra gli agricoltori della zona e finanzierà il mantenimento del parco archeologico e della ricerca scientifica sui cereali.

“Abbiamo mietuto il Monococco, grano ritrovato all'interno della Grotta dell'Uzzo, uno dei più importanti siti preistorici della Sicilia – racconta Enrico Caruso, direttore del parco archeologico di Selinunte. Anche lenticchie e ceci avranno il logo del Parco: e saranno utilizzate per avvicendare le varietà di grano antico. “Le vendite di cous cous, pasta e legumi con il logo del Parco archeologico contribuiranno a finanziare l’area parco e le ricerche sui grani antichi dell’Isola portate avanti dal Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore" spiega Caruso.

"Ben dieci ettari del parco archeologico saranno destinati a rinvigorire una tradizione sopita da oltre 20 anni: l'agricoltura - dice ancora il direttore del Parco -. Quest'anno il ricco raccolto di dieci ettari di coltivazione da una produzione di rilievo sia ai legumi - ceci, varietà Sultano e Pascià, lenticchie, seminate per oltre un ettaro di terra - riservando invece oltre nove ettari al grano duro di origine siciliana, quali Russello, Tumminia e Perciasacchi. Infine il grano Monococco - continua - quest'ultimo ritrovato, come ha dimostrato il professor Sebastiano Tusa, all'interno della Grotta dell'Uzzo, uno dei più importanti siti preistorici della Sicilia. Si tratta, evidentemente, della più antica attestazione del paesaggio dal ruolo di cacciatori-raccoglitori degli uomini preistorici ad agricoltori" conclude Caruso.

Anima operativa dei campi sperimentali è il Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore, sede operativa a Palermo, ente strumentale dell'assessorato all'Agricoltura della Regione Siciliana: è il suo coinvolgimento in questo progetto a consentire di mettere a sistema il patrimonio di conoscenze ed informazioni acquisite ed elaborate in un ventennio di attività, partecipando a progetti di ricerca nazionali ed internazionali.

Alessia Davì, commissario straordinario del Consorzio di ricerca Ballatore spiega: “Il Consorzio è coinvolto nei lavori della commissione regionale per l'iscrizione delle varietà locali da conservazione al registro nazionale e sta supportando l'assessorato regionale all'Agricoltura nell'organizzazione del sistema regionale di certificazione del marchio Qualità Sicura, applicato alle produzioni cerealicole. Tali attività trovano sinergie con il progetto implementato a Selinunte e propongono un modello operativo di riferimento anche per altri portatori di interesse della filiera cerealicola regionale”.

“L'iniziativa messa in campo dal Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore insieme al Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa" sottolinea invece l’assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana, Edy Bandiera "è in linea con gli indirizzi che questo assessorato sta attuando in tema di valorizzazione delle produzioni cerealicole regionali. Sia perché mette al centro del percorso i grani siciliani, che come è noto sono caratterizzati da una elevata qualità sanitaria, sia perché propone un modello organizzativo di filiera che punta alla produzione di prodotti finiti di qualità rivolti a mercati di eccellenza”.

“L'impiego dei grani antichi inoltre - evidenzia l’assessore - sottolinea il nostro impegno nel consolidare l'organizzazione di una filiera tracciata in tutte le sue fasi, basti pensare alla recente iscrizione da parte del ministero delle Politiche agricole di ben 16 varietà di frumenti siciliani nel registro nazionale delle varietà da conservazione di specie agrarie e ortive, e di 56 agricoltori responsabili del mantenimento in purezza”.