Confai interviene sulla questione aflatossine contestando il comunicato stampa di Coldiretti Rovigo (data: 1 dicembre 2012) che sollecita la Regione Veneto ad “obbligare ad attrezzarsi chi fa attività di essiccazione, pena la chiusura dell’impianto”.

"Bisognerebbe mantenere, soprattutto in questi momenti complessi - afferma Confai in una nota -, la lucidità per non giungere a conclusioni affrettate. Porre l’attenzione a valle (essiccazione e stoccaggio) è inutile. Le analisi devono essere effettuate prima e non oltre la fase di raccolta e comunque prima di giungere al centro di essiccazione per evitare che il mais, in cui la presenza di aflatossine risulta essere nei valori ammessi, non vada a mescolarsi al prodotto con una presenza di aflatossine extra soglia".
 

La nota continua sottolineando che tale analisi sulla presenza di aflatossine compete al proprietario del prodotto e pertanto Confai respinge la proposta di far ricoprire la veste di controllore ai centri di essiccazione in conto terzi. Tutto ciò porterebbe ad un’assunzione di responsabilità che non compete affatto alle imprese di essiccazione, relativamente alla corretta gestione del mais da granella che oltrepassi i limiti di inquinamento da aflatossine.
 

"Se si dovesse arrivare a questa imposizione, ben sappiano i coltivatori che tale incombenza porterà ad un sensibile aumento dei costi di essiccazione e stoccaggio - continua la Confederazione -, senza contare che potrebbe essere quasi impossibile sul piano organizzativo che i centri di essiccazione e stoccaggio possano contare su una doppia linea per gestire il prodotto. L’organizzazione di una doppia filiera agromeccanica di essiccazione e stoccaggio può voler dire maggiori investimenti, che possono raggiungere i 2,5 / 3 milioni di euro.
Il problema aflatossine non nasce mai nei centri di prima raccolta, di essiccazione o di deposito, poiché le aflatossine sono correlate a particolari condizioni meteorologiche che ne favoriscono la formazione in campo".
 

Confai sottolinea: "Sarebbe bene che i coltivatori applicassero una corretta gestione della coltura prima della fase della raccolta. Le aflatossine non compaiono, quasi per miracolo, all’improvviso nel momento in cui vengono conferite ad un centro di stoccaggio. Per questi motivi respingiamo al mittente quelle analisi che grossolanamente tentino di attribuire la comparsa delle aflatossine nelle fasi mediane della filiera, invitando piuttosto quanti desiderino un comparto agroalimentare che garantisca sicurezza al consumatore, a sostenere la ricerca e a insistere affinché la presenza di aflatossine nel mais venga rilevata prima della raccolta".