Clonazione e Ogm non servono: il patrimonio di biodiversità animale e vegetale nel mondo è così vasto e completo che va solo opportunamente preservato e selezionato. E i consumatori dicono no in maniera inequivocabile ai 'cibi artificiali', un'industria che spende miliardi in ricerche e sperimentazioni senza alcun vantaggio concreto per la collettività. In Italia poi, questo tema diventa quasi inutile quando si leggono i dati sul made in Italy agroalimentare, fatto di prodotti tipici e di qualità: da una parte c'è un settore che vale 245 miliardi di euro (di cui 30 all'estero), dall'altra nessuna bistecca clonata o verdura transgenica arrivata sullo scaffale né consumatori disposti a comprarli. 

Questa l'analisi che emerge dalla conferenza indetta da Cia - Confederazione italiana agricoltori e Vas - Verdi ambiente e società per lanciare l'iniziativa 'Mangiasano 2012', che il 19 maggio 2012 proporrà manifestazioni, degustazioni, laboratori e mercatini in tutta Italia.

I promotori spiegano che Mangiasano "nasce non soltanto per far conoscere le eccellenze ai cittadini, valorizzando le produzioni naturali della nostra agricoltura, ma vuole essere una giornata di dibattito e discussione sui temi legati all'alimentazione, all'agricoltura e all'ambiente di oggi e del futuro".

In Italia la domanda alimentare è chiara e netta: cibo naturale, tipico, salubre, controllato, certificato e chiaramente etichettato, possibilmente a prezzi contenuti. "Chiedere ai consumatori italiani di mangiare cibo hi-tech - commentano Cia e Vas - è come proporre a un calciatore di giocare con un pallone quadrato".

"I mercati stranieri chiedono vini, oli, formaggi, salumi e trasformati tipici dei nostri territori, con i loro sapori caratteristici - spiegano Cia e Vas - Il valore aggiunto delle produzioni agricole e alimentari italiane sta proprio nella diversità, nell'inimitabilità del loro sapore. Omologare le produzioni agricole e, quindi, i gusti, si tradurrebbe nella perdita secca del valore, azzerando la competitività, su scala mondiale, della nostra agricoltura." Senza dimenticare l'impatto negativo che alcune sperimentazioni hanno sull'ambiente naturale e sui suoi delicatissimi equilibri. 

"D'altra parte - osservano Cia e Vas - la biotecnologia applicata a fini alimentari finora è costata moltissimo, sia in termini economici che in tentativi falliti. Oggi i risultati della 'fotocopiatura' di animali non sono coerenti con le previsioni ottimistiche e fiduciose, perché alla prova dei fatti la clonazione animale mostra risultati molto bassi, per quanto riguarda l'aspettativa di vita e l'effettivo stato di salute dei cloni, avvalorati da costi mille volte superiori a quelli di produzione degli animali convenzionali. Ma continua a 'tentare' l'aspetto del business: solo per fare un esempio, l'azienda che finanziò l'esperimento per portare alla luce la prima pecora clonata, Dolly, fece un salto in Borsa del 16 per cento in un solo giorno solo con l'annuncio".

Cia e Vas sottolineano di non essere contrari alla ricerca e alla sperimentazione, ma "piuttosto preferiremmo che fosse promossa e incentivata nei settori in cui vi è una reale necessità". In particolare, propongono un grande progetto teso al censimento di tutte le specie vegetali e animali presenti in Italia, e il recupero e la rimessa in produzione di quelle biodiversità in via di estinzione.