Accordo storico fra Coldiretti e Conad per il prezzo etico del latte. L’annuncio dell’alleanza è stato fatto ieri sera in Comune a Verona, alla presenza del vicepresidente di Coldiretti Ettore Prandini, del presidente di Coldiretti Verona Claudio Valente e dei vertici regionali.
Per Conad era presente, protagonista di un’appassionante tavola rotonda alla quale ha preso parte, fra gli altri, Gianni Dal Moro, componente della Commissione agricoltura alla Camera, Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, la più grande cooperativa di imprenditori indipendenti.

I dettagli non sono moltissimi, dal momento che l’annuncio ufficiale verrà dato dopo Pasqua, ma si parla di una cifra indicativa di 38 centesimi per litro di latte, che in questa fase ribassista dei prezzi e con la crisi mondiale in corso (in Oceania la riduzione della produzione di latte non pare sorreggere i prezzi, secondo quando affermato dal sito), è manna dal cielo.

Il latte sarà lavorato da una centrale già individuata, ma non ancora rivelata, per la produzione made in Italy garantita da Coldiretti e sulle linee del fresco, del microfiltrato e dell’uht, quest’ultimo prodotto normalmente di provenienza estera.
Coldiretti dunque riprova a "italianizzare" l’uht, dopo che in passato ci aveva provato l’Associazione italiana allevatori al debutto del marchio Italialleva.

Parlando con una prospettiva molto ampia sull’agroalimentare, la vera sfida secondo l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese è quella di “favorire un processo di industrializzazione della filiera, almeno su alcuni prodotti”.
Non è più il tempo della frammentazione, delle divisioni, dell’ordine sparso. Bisogna allearsi e operare ragionamenti innovativi sui prodotti di qualità. “Il Governo ha messo in piedi un’operazione per promuovere Dop e Igp - ha ricordato Pugliese - ma non è abbastanza. Dobbiamo valorizzare le imprese agricole che operano in montagna, perché se chiudono quelle aziende e quelle stalle, che presidiano il territorio, corriamo gravi rischi. Quanto alle Dop, e penso in particolare al lattiero caseario, dovremmo sfruttare di più il grande patrimonio che abbiamo, visto che possiamo contare su una quantità di Dop che forse è cinque volte quella su cui può contare la Francia”.

Sulle denominazioni e sulla qualità, Conad ha scommesso con decisione. “Grazie ai prodotti a nostro marchio - ha specificato l’ad Pugliese - facciamo 1,5 miliardi di fatturato, grazie a fornitori che per il 90% sono rappresentati dalle aziende italiane”.
La strada è quella di industrializzare l’agricoltura, partendo dalla competitività. “Oggi la competizione è su scala globale - ha detto Pugliese - e diventa necessario migliorare l’efficienza e ridurre i costi produttivi il più possibile, senza indietreggiare sulla qualità e la distintività dei prodotti. Certo non possiamo nascondere un altro tema, che è quello della capacità di produrre, che l’Italia a volte non ha e lo dimostrano due numeri: l’export agroalimentare a 35 miliardi di euro e il valore dell’Italian sounding, che è di 80 miliardi.

La qualità garantita, come ha precisato Davide Cecchinato, segretario generale di Adiconsum Verona, “è un driver importante e che spinge in alcuni casi i consumatori a spendere di più per avere la garanzia di un’etichettatura e una trasparenza che racconta il prodotto e il suo percorso all’interno della filiera, fino allo scaffale”.

Sull’etichettatura non manca una bordata di Pugliese al Governo. "Il Governo un anno fa ha preso l’impegno di modificare una propria legge, più permissiva di quella comunitaria e che ha previsto di togliere l’indicazione dello stabilimento di produzione" ha detto Pugliese.
"Come Conad abbiamo detto no e abbiamo raccolto oltre 200mila firme di consumatori, con la campagna Etichettiamoci. Coldiretti è stata l’unica realtà che ci è stata vicina, Federalimentare non era al nostro fianco".

Soddisfatto dal confronto il vicepresidente di Coldiretti, Ettore Prandini. “Oggi creaiamo le condizioni per un dialogo con la Gdo - ha esordito - a condizione che non sia frutto solo di un momento di emergenza, ma che sia un dialogo costruttivo. Vogliamo distinguere tra la grande distribuzione che vende il vero made in Italy e rispetta gli agricoltori e chi invece si serve dei marchi italiani per vendere prodotti che nulla hanno a che vedere col made in Italy”.