Il latte in polvere costituisce una minaccia per il comparto lattiero caseario italiano: 487 formaggi tipici made in Italy sono sotto scacco, le esportazioni di formaggi (cresciute del 9% nel primo trimestre 2015) sono a rischio di brusca frenata, le stalle minacciate di essere soppiantate perché la possibilità di produrre formaggi in Italia partendo dalla polvere di latte consentirebbe un risparmio notevole.

Coldiretti è scesa in piazza a Montecitorio ieri mattina per manifestare contro l’Unione europea che vorrebbe abolire la legge italiana 138/1974, che proibisce l’uso di latte in polvere per produrre formaggi e per chiedere un “referendum” contro il “formaggio senza latte”.

Secondo i calcoli dell'organizzazione agricola, da un chilogrammo di polvere di latte che costa 2 euro si ottengono 10 litri di latte, 15 mozzarelle da 125 grammi, 64 vasetti di yogurt da 125 grammi.
Tutto questo mette a rischio un settore che - sottolinea la Coldiretti - rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180mila occupati nell’intera filiera. Non solo. Il comparto svolge anche un ruolo insostituibile di presidio del territorio, nel quale la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali al pascolo.

Tuttavia, se la produzione rimane più o meno stabile rispetto agli anni scorsi (110 milioni di quintali di latte nel 2014), le stalle italiane hanno subito in maniera drammatica gli effetti della crisi, scendendo a 35mila stalle, mentre al contrario le importazioni di latte equivalente sono circa 86 milioni di quintali.

Focus Lombardia
Spaventano i numeri della Lombardia, prima regione per produzione di latte (42% dei volumi nazionali).
Con il via libera alle polveri – spiega la Coldiretti Lombardia – sarebbero quindi a rischio anche i formaggi tipici tradizionali lombardi presenti in ogni provincia e a volte su più territori: 29 a Brescia, 24 a Bergamo, 14 a Como, 15 a Lecco, 8 a Lodi, 7 a Cremona, 5 a Monza, 5 a Milano, 5 Mantova, 8 a Pavia, 18 a Sondrio, 13 a Varese. Non vengono considerati in questo elenco i formaggi Dop, che hanno rigidi disciplinari in forza dei quali è imposto l’utilizzo di vero latte italiano.
Intanto – spiega Coldiretti Brescia – il sistema produttivo provinciale ha perso 831 allevamenti da latte in dieci anni, visto che si è passati da 2.489 stalle del 2003/2004 a 1.658 del 2014/2015.
A livello regionale il record negativo spetta a Sondrio che ha sfiorato un taglio del 49%, mentre la provincia che sembra aver resistito meglio è Como, con una diminuzione del 16,8 per cento.
Nelle zone di pianura, ossia in quelle dove si concentra la maggiore produzione di latte – infatti - il calo delle aziende si mantiene sotto la media regionale, ad eccezione di Mantova che perdendo 566 stalle fa registrate un meno 36,1 per cento nell’ultimo decennio.

Filiera a rischio
Il via libera alla polvere di latte – ammonisce Coldiretti - significherebbe aumentare la dipendenza dall’estero con la chiusura delle stalle, la perdita di posti di lavoro e l’abbandono delle montagne, dove il formaggio si fa con il latte vero. Per ogni centomila quintali di latte in polvere importato in più scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati solo in agricoltura, secondo una analisi della Coldiretti.
Per non parlare del costo ambientale, perché il processo di trasformazione del latte in polvere in quello fresco comporta, per la re-idratazione, un elevato il consumo di acqua. Con un chilo di latte in polvere si ottengono dieci litri di latte al prezzo di circa 20 centesimi al chilo che - sostiene la Coldiretti - è pari quasi alla metà di quanto costa agli allevatori produrre il latte fresco dall’allevamento con le mucche.
"Quelli che chiedono all’Unione Europea di produrre il “formaggio con la polvere” sono gli stessi che sottopagano il latte agli allevatori italiani con prezzi che non coprono neanche i costi dell’alimentazione del bestiame" afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
"Una manovra che - spiega Moncalvo - fa comodo a chi vuol continuare ad importare prodotti dall’estero da spacciare come made in Italy per la mancanza di un adeguato sistema di etichettatura sull’origine dei prodotti lattiero caseari. Il risultato è che dall’inizio della crisi hanno chiuso in Italia oltre diecimila stalle da latte con la perdita di posti di lavoro e di reddito, ma anche di un ruolo insostituibile di presidio del territorio".

I ministri Martina e Galletti
Alla grande manifestazione in piazza Montecitorio di ieri hanno preso parte anche i ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
Per il ministro Martina l’Italia “è pronta a motivare all’Unione europea in maniera compiuta le ragioni della propria unicità e delle scelte fatte negli ultimi anni a favore della distintività del modello agroalimentare italiano”.
Solo perché il mondo gira da una certa parte non significa che bisogni uniformarsi”, afferma Martina, dichiarandosi fermamente contrario alla “omologazione del modello agricolo italiano”.
Il tema del latte in polvere colpisce l’attenzione anche del ministero dell’Ambiente. “Agricoltura di qualità – evidenzia Galletti - significa presidio e salvaguardia del territorio, perché più la vostra attività è di qualità e più si salvaguarda ambiente”.

Battaglia da Alleanza delle Cooperative
Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari, suona la carica.
Nessuna mediazione con Bruxelles - dice - Il nostro governo si schieri compatto senza alcun indietreggiamento a difesa della normativa nazionale che finora ha sempre vietato in Italia l’utilizzo di latte in polvere per la produzione di formaggi e derivati. È una battaglia che ci aspettiamo venga combattuta fianco a fianco dai ministri dell’Agricoltura e dell’Industria, oltre che da tutto il governo italiano che non può non scendere in campo per la difesa del made in Italy”.
La difesa della qualità è una missione irrinunciabile per il made in Italy. “La cooperazione lattiero casearia italiana da sempre valorizza il latte dei propri associati, una buona metà del quale viene utilizzata per la produzione delle grandi Dop – osserva -. Per tali produzioni a denominazione si continuerà ovviamente, come previsto dai rigorosi disciplinari, ad utilizzare esclusivamente latte italiano. Ma per tutte le altre produzioni casearie, l’Europa vorrebbe ora che l’Italia rinunciasse alla sua legge nel nome di non si sa bene quale principio di libera circolazione delle merci”.
Non va bene. Anzi. “Dobbiamo esigere da Bruxelles precise garanzie sulla tutela della qualità dei prodotti e sulla corretta informazione ai consumatori – chiosa Mercuri - attraverso l’obbligo di indicazioni in etichetta sulla presenza di latte in polvere nei prodotti caseari. Tale indicazione dovrà essere resa obbligatoria anche per quei prodotti a base di latte in polvere che vengono fatti all’estero e venduti nel nostro mercato e che non contengono alcuna informazione in merito”.