Prevenire costa sempre meno che curare. Questa è convinzione diffusa, non solo fra enti ufficiali e tecnici, ma anche in Dow AgroSciences. Il 19 marzo la società americana ha infatti organizzato una giornata di approfondimento tecnico sul tema delle resistenze presso il Centro di Ricerche sul Riso di Castello d'Agogna. Tra i relatori spiccavano Maurizio Sattin, del Cnr, Cesare Cenghialta, del Centro di Ricerche sul Riso, Aldo Ferrero dell'Università di Torino e Anna Saglia, del Servizio fitosanitario della Regione Piemonte.
Il denominatore comune di tutti gli interventi è stato il concetto di prevenzione. Perseverare nella ripetizione delle medesime pratiche, sia nel tempo, sia nello spazio, è il miglior modo infatti per accelerare i processi di assuefazione da parte di ogni tipo di organismo. Quindi anche delle erbe infestanti.
Purtroppo, la registrazione di nuove sostanze attive utilizzabili in risaia sta rallentando. Quindi è sempre più necessario utilizzare al meglio i prodotti attualmente a disposizione dell'agricoltore.
Fra gli strumenti agronomici più utili spicca la rotazione: una pratica agronomica efficace che permette di cambiare anche profondamente la tipologia delle sostanze attive utilizzate nei diserbi. Le modifiche delle epoche di semina e di preparazione del terreno aiutano peraltro a modificare le popolazioni presenti in campo. Anche la semina ritardata del riso permette di gestire meglio la problematica delle resistenza, anche se questa pratica induce un calo di produttività dovuto al ritardo nella raccolta.

In risaia, ovviamente, la pratica della rotazione non trova grandi spazi di manovra, perché la realizzazione e il mantenimento delle camere è molto onerosa in termini di lavoro e denaro. La monocoltura è divenuta così nel tempo pressoché lo standard nelle zone vocate a riso.
Trovare il giusto punto di equilibrio fra buone pratiche di campagna e logiche gestionali delle aziende non è facile, anche perché le problematiche delle resistenze variano da azienda ad azienda e di zona in zona.
Il monitoraggio è il secondo strumento più efficace per amplificare il potenziale di prevenzione. Lasciare sviluppare una popolazione resistente è un errore marchiano, perché nel terreno i semi delle infestanti resistenti sopravvivono per anni, rendendo di fatto inutile sospendere per un anno o due la coltivazione del riso. Quindi le resistenze vanno impedite, piuttosto che curate.
Un terzo fronte strategico è il corretto uso dei prodotti. In primis le dosi. Queste vanno sempre e comunque utilizzate nel rispetto delle etichette registrate, senza mai operare limature dei dosaggi. Pratiche che talvolta vengono adottate per motivi che spesso hanno ben poco di tecnico e molto più del commerciale. Stesso discorso sulle epoche d'impiego: è quanto mai pericoloso utilizzare un prodotto quando le piante sono già in uno stadio di sviluppo avanzato e quindi meno sensibili ai prodotti. Infine, buona norma è utilizzare miscele composte da sostanze attive a meccanismo d'azione differente.

 

Genesi di una resistenza

 

La resistenza può generarsi seguendo modalità diverse. Talvolta, la mutazione rende resistenti le piante a una sostanza attiva in modo rapido e senza avvisaglie. Da un anno con l'altro quel erbicida semplicemente non funziona più. In altri casi, le mutazioni avvengono nel tempo, in modo progressivo. La popolazione diventa sempre meno sensibile al diserbante, fino a che, dopo alcuni anni, questo non permette più livelli di efficacia soddisfacenti.
In risaia questo processo viene amplificato dall'ambiente fortemente peculiare. L'ambiente sommerso realizza infatti condizioni dove l'evoluzione di malerbe resistenti trova le condizioni migliori per verificarsi.
Nel 1994 iniziò l'Alisma plantago, poi lo Scirpus, nel 1995, infine nel 2000 si accodò anche il Cyperus difformis. Questo, seppur giunto per ultimo, si è espanso molto velocemente.
Nello stesso anno si verificarono i primi rinvenimenti di Echinocloa crus galli resistente alle solfoniluree. Le altre specie resistenti di Echinocloa si sono agginunte fra gli anni 2003 e 2009.
Le resistenze si sono infine evolute di livello: alcuni giavoni sono divenuti resistenti a più sostanze attive contemporaneamente, rendendo molto complesso il loro contenimento.
Qualche resistenza si sarebbe ormai manifestata ormai anche verso sostanze attive appartenenti al gruppo delle cosiddette ACCasi, cioè il profoxydim e il cyhalofop butile. In continua espansione le resistenze a prodotti con meccanismi d'azione fra loro simili, come le ALS (azymsulfuron metile, imazamox e penoxulam). Questo è un tipo di mutazione cosiddetta "bianco/nero". Si modifica all'improvviso il sito d'azione e le sostanze attive non funzionano più.


Strategie in campo

 

Dove le resistenze si siano consolidate a danno dei diserbi di post-emergenza, va scelta la strada degli interventi in pre-semina e pre-emergenza, prediligendo sostanze attive efficaci sui giavoni resistenti. Fondamentale la capillare assistenza in campo e la divulgazione tecnica nei mesi invernali. Per massimizzare l'efficacia delle strategie antiresistenza, appare infatti necessario il coinvolgimento più ampio possibile degli agricoltori, i quali rappresentano un vero e proprio presidio sul territorio. Nei disciplinari di produzione integrata, infine, si è cercato di aprire la porta ad alcuni prodotti precedentemente esclusi, in modo da poterli utilizzare proprio in presenza di malerbe resistenti. Per esempio, su riso è stato reintrodotto l'mcpa.

 

Dow: soluzioni per la risaia

 

Sonia Cavanna e Natalino della Valle, di Dow AgroSciences, hanno infine portato un contributo tecnico illustrando i possibili programmi di diserbo realizzabili con i prodotti della società.
Nel catalogo Dow si trovano infatti prodotti fra loro differenti per modalità d'azione, come Viper (penoxulam 20 g/l), Garlon (triclopir 500 g/l), Clincher (cyhalofop butile 200 g/l), Gamit 36 Cs (clomazone 360 g/l).
Uno strumento integrato per modi d'azione, ottimale quindi per la gestione delle resistenze, è Viper 46 Twin Pack, il quale contiene separatamente sia penoxulam, sia mcpa.

 

Le quattro soluzioni di Dow Agroscience per la risaia