Non c'è verso. La soluzione perfetta non esiste. Come per ogni altra cosa al mondo anche per la minima lavorazione e la semina su sodo vi è un lato negativo della medaglia. Già in passato erano stati effettuati studi di campo dai quali emergeva la correlazione fra tecniche di agricoltura conservativa e aumento di alcune patologie fungine dei cereali. Un aumento che come conseguenza obbligava ad aumentare anche i trattamenti anticrittogamici utili a controllarle. Oggi Stefano Benvenuti, del Dipartimento di Biologia delle Piante della Facoltà di Agraria di Pisa, non ha dubbi: le minime lavorazioni causano anche un aumento consistente delle malerbe. In occasione della tappa di Selci Lama del Tour italiano organizzato dal Gruppo Nardi, il professore dell'università pisana ha potuto esporre sinteticamente i risultati delle proprie esperienze di campo. La ricerca è stata condotta in collaborazione con Syngenta Crop Protection, una società che evidentemente non ama le vendite di agrofarmaci causate da errate gestioni agronomiche delle colture. Un aumento di patologie e malerbe può infatti spingere verso l'alto il fatturato nel breve periodo, ma alla lunga danneggia la salute di interi comparti produttivi e, di conseguenza, anche il business delle aziende ad essi correlate. Proprio quindi in un'ottica di agricoltura sostenibile, ricerche come quella condotta in cooperazione con l'università di Pisa sono utili a comprendere come solo una visione integrale e integrata dei problemi permette di guardare lontano con la sufficiente serenità.

 

L'influenza delle lavorazioni meccaniche

 

La specializzazione colturale ha nel tempo esasperato le difficoltà nel controllo delle erbe infestanti, le quali si sono anch'esse specializzate e hanno sviluppato nei casi peggiori anche una resistenza di tipo genetico a diverse famiglie di diserbanti. La presenza di semi nel suolo, se non si prendono gli opportuni accorgimenti, tende per giunta ad aumentare nel tempo. Questo non solo per l'aumento numerico della popolazione delle infestanti, ma anche grazie alla dormienza dei semi di molte malerbe che rendono più scalare e dilazionata la germinazione e la conseguente infestazione. I semi di Papavero, Rumex, Abutilon e Cuscuta, per esempio, possono arrivare a sopravvivere nel terreno anche più di dieci anni. Prima dell'avvento dei prodotti chimici le lavorazioni meccaniche del suolo erano gli unici strumenti di contenimento delle infestazioni: la rincalzatura e la sarchiatura, infatti, estirpano le malerbe già nate, dando così un vantaggio competitivo alla coltura, la quale può poi parzialmente soffocare le infestanti nate in seguito. Anche l'aratura però contribuisce ad esercitare una certa pressione sulle popolazioni d'infestanti. Seppellendo in profondità una gran parte dei semi dormienti, lasciati in superficie dalle piante dell'anno, ne ostacola infatti le fasi di germinazione e successiva emergenza. In via sperimentale si è addirittura osservato come una doppia aratura sia in grado di aumentare l'effetto di "seppellimento" dei semi, riducendone ulteriormente la percentuale di germinabilità. Quando si adottino pratiche di minima lavorazione o di semina su sodo, ovviamente, il 100% dei semi resta in superficie, pronto a germinare e crescere senza ostacoli fisici da superare. Durante gli studi in campo, per esempio, gramigna e sorghetta si sono dimostrati favoriti dall'assenza di lavorazioni meccaniche del terreno.

 

Il "Seed databank" e lo studio di campo

 

Per realizzare un "Seed data bank" si devono prelevare "carote" di terreno che poi vengono lavate per allontanare la terra dai semi. Dopo di che i semi vengono identificati e contati. Ciò fornisce un quadro esauriente della composizione delle infestanti di quello specifico appezzamento e della loro abbondanza. E' in sostanza un monitoraggio che integra le osservazioni visive effettuate sulle piante in campo durante la fase vegetativa delle infestanti stesse. Lo studio condotto da Stefano Benvenuti è stato effettuato focalizzando soprattutto su Lolium, per valutare le influenze su di esso dell'aratura anche in chiave di maggiore o minore successo delle pratiche di diserbo. Diverse tesi sono state quindi messe a confronto in appezzamenti sottoposti ad aratura oppure a minimum tillage. Nel primo anno nelle parcelle non trattate si sono potute contare 125 piante/m2 nell'arato e oltre 600 nel minimum tillage. Già al secondo anno nei non trattati le piante di Lolium erano salite a 3.560 piante/m2 e a ben 15.105 nella minima lavorazione. In queste condizioni, nelle tesi trattate con Dicuran e Axial se ne sono contate meno di 10 piante/m2 nell'arato, mentre ve ne erano 623 nelle tesi a minimum Tillage. Simili trend sono stati visti anche con Sinapis arvense, la quale funge anche da tracciante visivo, data la spiccata colorazione gialla dei fiori. Questo perché anche il più efficace erbicida del mondo può essere messo in difficoltà quando la popolazione da controllare sia superiore a certi livelli "patologici". Dagli studi condotti emerge quindi, e come al solito, la necessità di valutare in modo più ampio sia i vantaggi sia gli svantaggi di ogni singola pratica agronomica. Nel caso specifico, la lotta sostenibile alle malerbe nel lungo periodo deve quindi contare su una visione integrata, che contempli sì le corrette tempistiche di raccolta e di semina, come pure l'adozione delle più efficaci linee erbicide, ma anche le opportune lavorazioni del terreno, le quali concorrono non poco a limitare la diffusione delle infestanti nel tempo.