Difficile non scrivere ancora delle gravi inondazioni che hanno colpito l'Emilia Romagna, anche perché si tratta di un fenomeno che porta a galla numerosi problemi dell'ambiente, del paesaggio e quindi dell'agricoltura italiana. Se gran parte del problema è rappresentato (come sosteniamo da tempi non sospetti) dall'abbandono delle campagne (non solo nelle aree collinari e montane) e quindi dalla mancanza degli agricoltori che una volta controllavano e manutenevano capillarmente i territori, oggi ci troviamo in una situazione paradossale.

 

Nelle aree colpite ancor più agricoltori abbandoneranno le loro attività lasciando quindi i territori ulteriormente in balia dei fenomeni metereologici negativi. Gli agricoltori sono stati colpiti duramente in aree in cui soprattutto la frutticoltura nell'ultimo decennio ha avuto una forte regressione. Ho sentito molti amici frutticoltori e orticoltori: lo stato di rassegnazione è grande.

 

A quelli che hanno perso tanto, a volte tutto, è stato assicurato che riceveranno aiuti - si parla però (spero non sia vero) di tempi tecnici di 3 anni. Molti allora rinunceranno - rinunceranno a ripiantare frutteti, a ricostruire serre e strutture per l'orticoltura, a investire per una moderna agricoltura sostenibile economicamente e ambientalmente.

Forse allora si dedicheranno a colture erbacee estensive, forse lo faranno con le forme più economiche - le forme che non sempre (lo a visto bene che ha visitato i siti danneggiati) sono le più resilienti dal punto di vista del cambiamento climatico. Bisogna invece tornare a una buona agricoltura, quella degli agricoltori professionisti, che seguono la propria azienda e che conoscono perfettamente i loro territori. Senza di loro le istituzioni non potranno mai controllare i territori, semplicemente a ragione di costi immani.


Mai così importante per tutta la comunità, come in questi giorni, appare l'opera degli agricoltori. Sostenere l'agricoltura, la buona agricoltura, è molto importante. Ricordiamolo e facciamolo ricordare.