Gli ultimi 25 anni di crescita industriale senza controlli hanno devastato l’ecosistema cinese contribuendo ad un peggioramento radicale della qualità dell’aria e costringendo lo stesso Governo ad ammettere che oltre il 70% dei laghi e dei fiumi del paese è inquinato. L’emergenza ambientale ormai non riguarda più solo il territorio cinese, ma l’intero pianeta, se si considera che il Regno del dragone è il secondo Paese maggiormente responsabile dell’effetto serra: nessuno si aspettava che l’impatto ambientale sul resto del pianeta sarebbe stato così immediato e così devastante.
Senza dimenticare che il Rapporto World Energy Outlook 2006 realizzato dall’Aie (Agenzia internazionale dell’energia), evidenzia che entro il 2010 la Cina strapperà agli Usa il poco edificante primato nelle emissioni di gas carbonici responsabili dell’effetto serra e del riscaldamento globale del pianeta. Di questo si è parlato nella sessione conclusiva del V Forum Internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura “Capitalizzare l’ambiente”, organizzato da Greenaccord a Monte Porzio Catone.
Il clima cinese sta cambiando rapidamente: la scarsità di piogge ha favorito la concentrazione di polveri sottili nell’aria (secondo la Banca Mondiale ben 16 delle 20 città più inquinate del mondo sono cinesi) ed ha accentuato in molte zone del paese il problema della siccità.

“L’inquinamento e la scarsità d’acqua – ha sottolineato il professor Walden Bello (in foto/Greenaccord) Alternative Nobel Prize nel 2003, direttore esecutivo del Focus on the Global South e Professore di sociologia e amministrazione pubblica presso l’Università delle Filippine – la desertificazione, il riscaldamento globale e l’innalzamento del livello del mare sono le conseguenze dell’industrializzazione ad alta velocità e rappresentano un rischio enorme per la popolazione cinese, ma anche per gran parte del Sud-Est Asiatico”.
In base alle ultime valutazioni gli scarichi tossici delle industrie stanno distruggendo l’ecosistema di mari e fiumi, mettendo in crisi l’industria della pesca. Si stima che sulle rive dei fiumi e del mare vi siano oltre 20.000 impianti chimici. Per rendere un’idea della drammaticità della situazione, basti pensare che nel 2005 il Fiume Giallo ha ricevuto 4,35 miliardi di tonnellate di rifiuti tossici. Il Governo ora si sta impegnando per cercare di limitare l’inquinamento, ma i costi sono immensi e saranno in gran parte inutili se non si interverrà con leggi più severe e con un intervento di ammodernamento degli impianti più inquinanti.

“La grave situazione ambientale della Cina - spiega ancora Bello - è causata in gran parte dallo sviluppo indiscriminato delle industrie cinesi, ma un ruolo importante è stato giocato anche da molte aziende straniere, che sfruttando leggi molto permissive in materia di tutela dell’ambiente hanno trasferito in Cina i propri stabilimenti più inquinanti”. “Tutto ciò - prosegue - ha comportato un grave peggioramento della qualità dell’aria, l’inquinamento di mari, laghi e fiumi ed un notevole mutamento climatico che ha provocato gravi problemi di siccità. La Cina, infatti, è uno dei paesi del Sud-Est Asiatico che potrebbe maggiormente risentire del riscaldamento globale e del conseguente innalzamento del livello del mare, visto che oltre 144 milioni di Cinesi vivono in zone costiere a rischio. Senza considerare i problemi relativi alla salute pubblica e alla sicurezza dei cibi, come testimoniano i recenti casi legati all’influenza aviaria e alla Sars”.

La maggior parte della popolazione cinese, così come quella indiana e di gran parte del Sud-Est Asiatico, considera la grave situazione ambientale una minaccia molto seria e per questo motivo le rivolte e le manifestazioni collegate a tale problematica sono aumentate in maniera notevole negli ultimi anni, diventando una vera e propria fonte di instabilità per questi paesi.

“I movimenti ambientalisti - sottolinea Walden Bello - in Cina così come in altri paesi del Sud-Est Asiatico, hanno ottenuto importanti successi e spesso, unendo tra loro tematiche ambientali e politiche, hanno contribuito a destabilizzare i Governi e ad agire in questo senso. Il peso dei movimenti ambientalisti in Cina non è da sopravvalutare, poiché i fallimenti sono spesso più numerosi dei successi, ma il loro ruolo nella lotta al riscaldamento globale non sarà irrilevante. Una coalizione “rosso-verde” che unisca tematiche politiche ed ambientali rimane una forza potenziale che si deve ancora sviluppare pienamente, ma di cui istituzioni, grandi imprese e Governo devono tenere conto ”.

Nel corso del XVII Congresso del Partito Comunista Cinese, tenutosi a metà ottobre, c’è stata un’evidente presa di coscienza delle problematiche ambientali e sono stati presi degli impegni importanti per cercare di risolverle.

Serrato il confronto tra i giornalisti presenti e Walden Bello. Ad una domanda particolare sull’eventualità di un boicottaggio da parte di alcuni Paesi occidentali delle Olimpiadi del 2008 che si terranno in Cina, il Premio Nobel Alternativo ha sostenuto che a suo parere non sarebbe una buona idea, in quanto l’orgoglio nazionale in questo momento in Cina è molto alto e un’iniziativa del genere rischierebbe di rallentare quel processo di democratizzazione che, sia pure lentamente, pare affacciarsi all’orizzonte futuro di una nazione ormai protagonista del mercato mondiale e con cui tutto il mondo deve fare i conti.
L’intervento di Bello sul ruolo dei movimenti ambientalisti nella lotta al riscaldamento globale ha concluso il V Forum Internazionale per la Salvaguardia della Natura “Capitalizzare l’ambiente” nel quale sono intervenuti numerosi personaggi di rilievo di carattere internazionale, tra cui Robert Costanza, Professore all’Università del Vermont, e Friedrich Hinterberger, Presidente del Seri (Suistanable Europe Research Institute).

Tutti gli altri interventi effettuati nel corso dei 4 giorni del Forum da economisti, imprenditori, professori ed esperti del settore, hanno messo in evidenza come il connubio tra economia ed ambiente non possa essere rimandato oltre, se si vuole sperare in uno sviluppo sostenibile. Oggi il sistema non può valutare la sua crescita solo in termini di Pil, ma deve inevitabilmente “valorizzare” anche gli aspetti legati alla qualità della vita e dell’ambiente in cui l’uomo vive e produce la sua ricchezza. Alcuni giornalisti provenienti dai cinque continenti hanno presentato delle esperienze dirette per far conoscere la situazione e per far capire cosa significa fare informazione ambientale nei propri Paesi.